Ciao Le Mondane, e benvenuti su Music.it! Le Mondane ha dentro sia il Mondo che la Luna, se stiamo alla radice sassone. Perché vi siete battezzati così?
Luca: Beh purtroppo, per una ragione molto meno ricercata! All’inizio ci chiamavamo Le Mondine, perché la prima data che abbiamo fatto insieme era in occasione della festa della donna, e il gestore del locale ha voluto farci vestire tutti da mondine. Per circa un anno siamo andati avanti così, poi un caso di omonimia ci ha portato a dover cambiare, e per assonanza abbiamo scelto Le Mondane.
Quale intento poetico dà l’ossatura di senso a “I giorni della marmotta”?
L.: Ho scoperto che mi piace raccontare storie. Prima, nei progetti passati, ero molto più intimista. Non è che ora non parli mai di me, ma a volte faccio solo da filtro a storie che non mi riguardano, e che spesso sono molto più interessanti!
Chi ascolta “I giorni della marmotta” non può non interrogarsi su quale sia il vostro retroterra biografico. Quanto i luoghi di crescita de Le Mondane hanno permesso di scrivere davvero per tutti?
L.: I nostri luoghi di crescita sono la provincia. Siamo cresciuti entrambi in due piccoli paesi dell’alto novarese. Non saprei quanto questo abbia influito sul nostro modo di scrivere, ma di certo lo ha fatto. C’è del dialetto in “Sabba”, brano che chiude il disco. All’inizio del brano “I giorni della marmotta” ci sono le campane di Maggiora, talmente stonate da portare la melodia in minore. Questi e altri elementi danno al disco un’aria, un carattere.
“I giorni della marmotta” è un album che sprigiona cura da tutti i punti di vista. Che tipi di ricerche sonore, o storiche, avete fatto per raggiungere il sound che avete sentito come vostro?
L.: Il nostro sound è un piccolo mix di estrazioni non troppo distanti, ma nemmeno troppo vicine. Io provengo dal cantautorato, e da un certo filone di rock indipendente, mentre Daniele arriva dal jazz e dal folk. Sono colori che si sentono, e ci danno un’identità. Non facciamo nulla di nuovo, ma questo disco lo sentiamo molto nostro.
Sono intervenuti diversi collaboratori a incidere con voi “I giorni della marmotta”. Ci raccontate un episodio inedito direttamente dagli studi di registrazione?
L.: Io sono stato ribattezzato Spadellone per le lunghissime sessioni di chitarre ritmiche. Un giorno ho totalizzato 7 ore di fila! Sì, le collaborazioni sono state tante, tutti ottimi musicisti e cari amici. Sergio Quagliarella alle percussioni, Lorenzo Prealoni e Simone Stefan ai fiati, Fabiano Sacco al contrabbasso, Gianluca Visalli al violino, le Riciclette, meravigliosa band tutta al femminile ai cori. E soprattutto Luigi Grechi (fratello di Francesco De Gregori, ndR) che ci ha regalato la voce in una strofa della sua “Dublino”. Ringraziamo tutti di cuore!
Uno sguardo dall’alto sul panorama musicale. Questi sono decisamente gli anni dei revival di qualsiasi genere. Secondo voi cosa distingue un artista da un fabbricante di musica?
L.: È un confine molto elastico. Crediamo che comunque un artista non sia obbligato da nessuno ad entrare nel mercato discografico. Quindi, se lo fa, è anche per poter vendere un prodotto, senza ipocrisia. A fare la differenza è il punto di partenza. Se quando scrivi parti da ciò che presumi possa piacere ad altri, allora fabbrichi. Se scrivi quello che tu vorresti sentire, forse crei qualcosa di migliore.
Il concerto che Le Mondane non possono assolutamente perdersi.
Tom Waits.
Progetti sul medio e lungo periodo? Non ci lascerete solo con “I giorni della marmotta”. Vogliamo il resto!
L.: Anche noi vogliamo il resto! (Ride). Il progetto è far crescere Le Mondane con un percorso. Non crediamo alle soluzioni veloci. Abbiamo in cantiere nuovo materiale, ma prima vediamo di portare un po’ a spasso questo disco.
La nostra chiacchierata è terminata. Le ultime righe sono per Le mondane. Ciao!
Grazie Emanuela. Aspettiamo te e tutti quelli che stanno leggendo ai prossimi live! Un abbraccio da Luca e Daniele!