Le riflessioni notturne di VASCO ROSSI: "Rimango un emarginato"
Vasco Rossi (67 anni) durante una data del suo "No Stop Live 2019" allo stadio di San Siro – Milano, 12 giugno 2019.
Vasco Rossi (67 anni) durante una data del suo "No Stop Live 2019" allo stadio di San Siro – Milano, 12 giugno 2019.

Le riflessioni notturne di VASCO ROSSI: “Rimango un emarginato”

Succede a tutti di star svegli, spesso fino all’alba, a fissare il soffitto e rimuginare sul passato, su se stessi, o del perché tutto attaccato si scriva staccato e staccato invece tutto attaccato. Vasco Rossi non sembra essere da meno. Non sappiamo se l’abbia fatto sul letto, sul divano o in doccia, ma alle 3:34 del 2 marzo ha pubblicato un lungo post sui suoi canali social ufficiali. Il testo è un estratto del libro “Qui non arrivano gli angeli – Conversazione con Vasco Rossi” di Massimo Cotto, di ben quindici anni fa.

Il nostalgico post di Vasco Rossi

«È così. Rimango un emarginato, lo ripeto sempre. Emarginato di lusso, ma sempre emarginato. All’inizio essere famosi era molto divertente, perché la vivevo come una conferma che esistevo. I primi successi mi diedero l’illusione di aver risolto tutti i problemi»

Se queste parole vengono ribadite a distanza di circa quindici anni, evidentemente il Blasco le sente ancor più veritiere e attuali. Molti spettatori e semplici “comuni mortali” possono solo sognare di toccare certe vette di popolarità. Ma allora, qual è il problema? Nel post la voce di “Sally” evidenzia che “non è tutto oro ciò che luccica”.

«Poi sono arrivati i prezzi da pagare. Ma come potrei lamentarmi? Sarei un pazzo, anche perché la popolarità è la conferma del valore delle cose che hai fatto. Mi spiace solo non poter camminare per strada, entrare nei negozi, entrare in un locale tranquillamente. Tutti mi conoscono ma io non conosco nessuno, perché ogni rapporto è comunque falsato, capisci? Mi pesa. Mi pesa da morire. Ogni tanto parto e vado all’estero, dove non mi conosce nessuno. E li mi mescolo alla gente e sto bene»

Un argomento che fa pensare allo sketch comico di Enrico Brignano: “Afaafoto”. La faccenda potrebbe essere presa sottogamba, racchiusa nella bolla del classico “e che ti costa fare una foto”. Effettivamente in pochi, spesso, pensano a come debba essere stare dall’altra parte. Andare a prendere un caffè, prendere una birra con un amico, col “terrore” di venir assaliti per una foto, un autografo, o anche solo un saluto. Per carità, è ovvio che faccia “parte del gioco” della popolarità, ma è vero anche che a volte possa diventare frustrante.

«Mi chiedo come possano sentirsi Bono, Dylan o Mick Jagger. Io ho bisogno della gente, il palco da solo non basta, il rock forse ti salva la vita all’inizio ma non per sempre, perché quando si spengono le luci, il concerto finisce, il disco esce e la gente smette di acclamarti, tu torni a essere quello che sei. Il successo tende a forzarti la mano, a far crescere dentro te la sensazione che tu esista nel mondo in cui ti vede la gente. Ma è sbagliato, perché se credi a queste cose, allora devi accettarne anche le conseguenze: che tu esisti solo se c’è qualcuno che ti vede. E quando non ti vede nessuno? Ti ammazzi? Per fortuna, questi ragionamenti, queste aberrazioni – vogliamo chiamarle cosi? – non influenzano la composizione»

Sono riflessioni abbastanza importanti, domande che probabilmente gran parte degli artisti spesso si pongono. Personalità controverse, eccentriche, ma pur sempre essere umani e bisognosi di calore e rassicurazioni quanto noi “comuni mortali”. E Vasco Rossi, come molti altri, stenterete a crederlo, è fatto di carne e ossa.

«Quando scrivo, ho una sola certezza: quello che hai fatto prima non conta nulla, perché nel rock non esiste la riconoscenza. Non esistono meriti pregressi che ti facciano star comodo. Se tu smetti di fare grande musica, non è che la gente continua a seguirti solo perché una volta la facevi!!»

E qui, forse, spunta fuori la paura del finire “dalle stelle alle stalle”. Viviamo in un’epoca onshot, dove si va avanti a singoli e minimalismo; dove sempre meno sono le persone che si ritagliano del tempo per ascoltare e riflettere su della buona musica. La paura del venir dimenticati, accantonati e abbandonati perché la moda e le tendenze corrono, e non aspettano nessuno.

Ma nell’ultimo paragrafo ci sarebbe tanto da analizzare. Sicuramente l’adagiarsi sugli allori non è la scelta migliore da fare. C’è chi avrà i 15 minuti di celebrità di Andy Warhol, specialmente nell’era dei social; ma c’è chi è destinato a dare di più. Tutti gli artisti che hanno lasciato, e lasciano tutt’ora, un segno, non spariranno dalla memoria tanto facilmente. E molti fan di Vasco Rossi e non (ndr, io non sono suo fan) saranno pronti a sottolinearlo e ribadirlo. Per ben più di 15 minuti.