Voglio iniziare questa recensione con una frase contenuta in “Lassame Ccà”: «come te che sei davanti a me, respiro e mi innamoro della mia terra…». L’idea di aprire con questa citazione contenuta in una canzone dello stesso artista, presente in questo album, è facilmente spiegabile, e lo capirete ben presto. Dopo il primo disco del 2016, “Alien Passengers”, ecco finalmente il nuovo lavoro da studio di Libero, il musicista e polistrumentista siciliano, dal titolo “9Terre”. In questo album è fortissimo il richiamo alla sua Sicilia, dimostrato anche dalla miscelazione di lingua italiana e dialetto siculo, nelle nove canzoni del disco. Ogni brano è una bella favola, un inno alla splendida isola del sud Italia, con le sue storie, i suoi profumi e la sua gente. Storie di casa, di adolescenza e di vita, che Libero riesce a farci sentire vicine, nostre, e così in quelle storie ci siamo anche noi.
Storie di casa, di adolescenza e di vita, che LIBERO riesce a farci sentire vicine
La traccia d’apertura è “Binnajaah”, che in arabo equivale a “buona fortuna”, ed è un messaggio di speranza per una convivenza serena tra culture diverse. Anche in questo, come in quasi tutti gli altri brani del disco, si fonde dialetto siciliano e lingua italiana, a creare una musicalità apprezzabile . A seguire troviamo la già citata “Lassame Ccà”, dedicata al sud e a coloro che, tra mille difficoltà, scelgono di non abbandonare la propria terra. Il testo di questa canzone è emozionante, perché riesce a farci immaginare il dolore che si potrebbe provare se fossimo strappati dalla nostra terra natia. Ne cito un altro stralcio: «(…) nessuna parola, è solo che… lassame ccà, dove la terra tocca o’ mare / lassame ccà dove la terra sa sperare / lassame ccà…». Il titolo della terza traccia, “He Yama Ho”, nell’antica lingua degli indiani d’America significa “sono qui adesso” e ribadisce con forza il concetto di appartenenza.
In 9TERRE il dialetto siciliano si fonde con la lingua italiana, a creare una musicalità apprezzabile
“Au Maghreb”, oltre che musicalmente, ci colpisce per la capacità con cui Libero passa dal cantato in italiano al francese, per poi rituffarsi nel dialetto. È la storia di una ragazza e dei suoi viaggi, fisici e dell’anima, che alla fine riesce a dirigersi verso la conoscenza di se stessa. Di questo brano è uscito un videoclip, che ha anticipato il disco in cui, metaforicamente, la protagonista porta impresse le sue rotte sulla propria pelle. “Quando Saremo Giovani” è l’esaltazione delle idee, il riconoscimento di quanto queste possano essere fondamentali per permetterci di vivere, dandoci linfa vitale, conservando la giovinezza. Come detto in precedenza, “9Terre” è ispirato e dedicato alla terra d’origine di Libero, che vive a Santo Stefano Quisquina (AG), attraverso la sua musica. Espressione migliore non potremmo trovarla se non in “Timpa”, dove la sua casa è assoluta protagonista e custode delle emozioni e del legame con l’artista.
LIBERO ci colpisce per la sua capacità di descrivere e raccontare dolcemente la sua terra con parole semplici
“Petricore” inizia con chitarra e voce per poi esplodere in un coinvolgente ritmo di pizzica, raccontando il dolce profumo della terra bagnata dopo la pioggia. Non poteva mancare una canzone che parla d’amore, ma questa volta non per la propria terra, ma per una donna, con dolci e tenere parole. Si parla di “Angela”, che viene descritta da Libero in un modo così semplice che quasi commuove: «canzone per chi sa calmare i miei respiri». Arriviamo, così, alla conclusiva “Involuzioni”, che dietro la sua apparente dolcezza nasconde un forte grido d’allarme contro il consumismo, e invita ad una profonda riflessione. Questo un passaggio significativo: «(…) hanno inventato cinquantadue stagioni per confezionare la tua voglia di diversità / e ti dicono che sia tutto quello di cui hai bisogno. E i tuoi sogni? Solo merce dietro le vetrine / (…) e sarà il limite nascosto all’anima / e sarai la più grande involuzione che farai / … Involuzionerai», chiarendo perfettamente il concetto.