Solitamente chiediamo quali siano le esperienze musicali significative o i ricordi legati alla band. Cosa vi ha lasciato l’esperienza londinese?
Premesso che ogni singolo live per noi è stata un’esperienza magnifica, l’esperienza londinese ha lasciato, oltre che un gran ricordo, anche una maggiore consapevolezza. Lì abbiamo suonato in formazione super ridotta – anzi se possibile ringrazieremmo Roberto Serini che ha sostituito Luk lì a Londra – e per la prima volta ci siamo confrontati con un pubblico e con delle organizzazioni che effettivamente sono abituati ad altissimi livelli.
Dunque abbiamo capito che forse qualcosa di buono la stavamo facendo e che valeva la pena insistere.
Rimanendo in tema, quali sono le differenze che avete notato tra la scena underground italiana e quella internazionale? Dove preferireste far crescere la vostra musica?
Come accennato prima, la qualità in Inghilterra è molto alta. Nonostante il nostro chiaro amore per l’american grunge, l’Inghilterra da sempre è stata un luogo che ha dato i natali ad artisti tra i più grandi della storia in vari generi. Detto questo, dipende anche molto dal tipo di musica e dal tipo di ascoltatore. Qui se vogliamo stiamo vivendo la primavera dell’indie pop con i vari Thegiornalisti, Calcutta, e così via, mentre sul rock stiamo rimanendo pericolosamente indietro. C’è da dire che la responsabilità, e non diciamo colpa perché la musica va sempre rispettata, è anche di chi ascolta: non sono in molti ad andare in giro per locali di musica originale se non suona un amico o, addirittura, un parente. Ecco, forse questa è la differenza più grande tra l’Italia e ciò che conosciamo dell’underground musicale estero. Dove far crescere la musica nell’era digitale è molto difficile da “scegliere”. In Italia vivendoci si hanno più possibilità di avere contatti diretti ma il nostro obiettivo è sicuramente riuscire ad organizzare un tour fuori dai confini nazionali.
Come si evince dalla biografia, l’approccio alla musica è stato decisamente complesso e ricco di cambiamenti. Quali sono gli artisti che vi hanno influenzato particolarmente?
Sulle influenze potremmo scrivere pagine, quello che cerchiamo di trasmettere con la nostra musica, però, è di far emergere tutte le influenze senza legarci ad un artista o addirittura genere in particolare. Più che i nomi potremmo tracciare i confini di ciò che ascoltiamo che va da Jeff Buckley ai Sepultura. Ci sono naturalmente degli artisti che amiamo maggiormente, e come già scritto prima il grunge dei Nirvana, Alice in chains, Soundgarden, Stone Temple Pilots, Pearl Jam e Foo Fighters forse ci hanno segnato un pochino di più.
Parlateci del vostro ultimo lavoro. Quale è il messaggio che lancia agli ascoltatori e per quale motivo avete deciso di adottarlo per le composizioni di “Out of Space”?
“Out of Space” è un album che chiude un ciclo e ne apre un altro. È il primo album in elettrico della band e racchiude canzoni scritte molti anni fa e altre invece più recenti. Il disco è simbolicamente diviso in due parti e sulla copia fisica si vede e si legge questa divisione. Una parte è chiamata “In Space”, l’altra “Out of Space”. Il messaggio è che ci sono parti più reali e altre più oniriche, e il titolo stesso, come la title track, indicano che c’è sempre qualcosa oltre lo spazio e il tempo. È un disco dove ci sono le nostre paure, le nostre rabbie e i nostri amori, e vorremmo trasmettere queste emozioni a chi ascolta. Se ci riusciamo anche solo in parte saremo le persone più felici del mondo. E oltre!
Per quale motivo, come singolo da lanciare in vista dell’uscita imminente dell’album, avete scelto Go Away?
“Go Away” è la canzone che abbiamo scelto perché è tra quelle più rappresentative della band. Questa e “Fallen Angel”, sono quelle che rappresentano questo primo ciclo vitale dei Lost Dogs Laughter. Non parliamo di bellezza o di gusto ma proprio perché racchiudono un po’ i vari generi di cui parlavamo prima, gli arpeggi, le melodie ma anche i riff decisi, e abbiamo optato per questa. Questo non vuol dire per forza che la consideriamo la canzone di punta dell’album ma ci sembrava giusto cominciare da qui.
La recente e prematura scomparsa di un mito come Chris Cornell ha lasciato l’ennesimo vuoto nella musica. Come vedete il futuro? Pensate che determinati generi stiano man mano scomparendo o nasceranno nuovi grandi della musica?
Che dire, noi con Chris Cornell ci siamo cresciuti, è stata una guida e sicuramente ha influenzato le nostre vite oltre che la nostra musica, e sarà un vuoto enorme. Dire se nasceranno altri Chris Cornell altri Layne Staley altri Scott Weiland o addirittura altri Kurt Cobain e via dicendo non possiamo saperlo, possiamo solo augurarcelo. La musica non morirà mai ma sicuramente cambierà. Guardando la storia possiamo dire che i più grandi movimenti musicali sono sempre andati di pari passo a grandi cambiamenti sociali, quindi viste le crisi di oggi, che non sembrano volersi placare, forse nei prossimi anni potremmo riavere di nuovo un movimento musicale importante.
Parlando di futuro, potete dirci quale sarà il vostro? Avete già in mente dei nuovi progetti da realizzare?
Siamo arrivati al primo album da vecchi: siamo tutti sopra i trenta, quindi cerchiamo di utilizzare lo svantaggio della non proprio verde età a nostro vantaggio, ovvero cercando di rimanere il più realisti e concentrati possibile. Dicevamo che “Out of Space” chiude un ciclo ma ne apre un altro. Ecco, noi siamo in piena evoluzione e fortunatamente non si sentono gli scricchiolii che molte volte a fine album si sentono in una band. Siamo impegnati a preparare i prossimi live a partire dal release party che faremo dopo l’uscita dell’album, a breve registreremo il video del primo singolo da lanciare anche sulle piattaforme online, stiamo cercando di prendere accordi con alcune case di distribuzione/ufficio stampa e continuiamo con la stesura di nuovi brani: tra vecchi e nuovi ne abbiamo già almeno una quindicina da arrangiare.
Ora, tre righe per farvi conoscere meglio. A voi la parola!
Non siamo così bravi con l’autopromozione. Cerchiamo principalmente di comunicare il più possibile con la nostra musica. Però se vi divertirete, rifletterete o proverete la metà delle emozioni che abbiamo provato noi nel fare questo primo lavoro, avremo raggiunto il nostro obiettivo. Non vediamo l’ora di esibirci live, che è il primo motivo per cui si comincia con questa passione che porta poche soddisfazioni e molti sacrifici, ma quell’ora passata su un palco poi ripaga di tutto. Infine un augurio che ci facciamo è che questo sia solo il primo di una lunga serie di lavori! Keep rocking, keep laughing! Ah, si pronuncia lafter, non lougter!