Dopo “Il diario del camaleonte”, Lou Nime (al secolo Lorenzo Meloni) propone al suo pubblico un altro lavoro difficilmente etichettabile. Anche in questo caso si tratta di un’opera dove chitarra e voce si equivalgono e si fondono, che conduce a un viaggio a metà fra ambient e post rock.
Registrato categoricamente live, questo nuovo capitolo dell’epopea del camaleonte prende ciò che di buono c’era nell’EP (tutto!) e lo contamina con nuove influenze, blues e elettroniche, e concede più spazi alle parole, con la voce che sorprende per la sua versatilità e capacità espressiva.
L’album si apre con “L’inizio”, ipnotica introduzione che stabilisce il mood di “Fantasmagonia”, che, è superfluo precisarlo, parla di fantasmi, demoni interiori che aspettano nelle profondità della nostra psiche, preparandosi a riemergere − attesa resa perfettamente dai cinque minuti del brano.
Anche questa volta Lou Nime ci ha regalato un viaggio catartico e sentimentale, lasciando tempi e spazi all’ascoltatore per interpretarlo in maniera personale.
“‘fju_me” ci presenta la parte lo-fi di questo lavoro, che brilla nei loop di batteria e nelle ripetizioni melodiche, rafforzando concetti e atmosfera. “Hypno Blues” spezza l’incantesimo, dandoci una visione inedita di Lou Nime: cantautore ma anche vocalist potente dalle note struggenti.
Lasciandoci alle spalle il momento più classico del disco (ma non per questo meno valido), torniamo alle sperimentazioni con “Fantasmagonia pt. 1”. Sono dieci minuti di esperienze elettroniche e libertà stilistiche, non sempre riuscite, che comunque non annoiano mai.
“Fantasmagonia pt. 2” invece ci riporta a suoni minimali, con una chitarra martellante introdotta da voci provenienti da un’altra dimensione. La claustrofobia che permea questo brano diventa più grave dopo ogni secondo, e tuttavia è una sensazione negativa che fa piacere vivere.
Pensando a Lou Nime mi veniva in mente solo una chitarra perfettamente suonata. Da oggi penserò anche ottime performance canore.
La visione ci regala un altro bel momento cantautorale a bassa definizione. Ancora la voce di Lou Nime si fa sentire ed emoziona. Pensando a questo artista mi veniva in mente solo una chitarra perfettamente suonata. Da oggi nella mia testa ci saranno anche ottime performance canore.
Sono di parte. “Memorie dal sottosuolo” è anche il titolo di quello che considero il miglior libro di Fëdor Dostoevskij. Lungi dal rappresentare il cinismo e l’apatia del protagonista dell’opera russa, questo pezzo racconta con sensibilità e talento una storia di malinconia, umanità e rimpianti.
Vorrei scrivere molto di più su questo brano, ma penso non esistano parole che possano descrivere meglio ciò che riesce a comunicare la musica. Vi voglio mettere la pulce nell’orecchio piuttosto: “Fantasmagonia” non finisce con questo progetto musicale, e presto prenderà altre forme.
“Fantasmagonia” non finisce con questo progetto musicale, e presto prenderà altre forme.
A chiudere questa ottima prova arriva “Sol levante”, che in quasi dieci minuti passa dall’angoscia alla speranza, lasciandoci però con un senso di incompletezza, quasi a dirci che gli spiriti ci hanno lasciato solo temporaneamente, ma potrebbero tornare. E tornerà Lou Nime con altri lavori.
Anche questa volta Lorenzo Meloni ci ha regalato un viaggio catartico e sentimentale, lasciando tempi e spazi all’ascoltatore per interpretarlo in maniera personale. Capite da voi che ogni recensione è superflua. Posso solo consigliarvi caldamente un ascolto attento di questo album. Non ve ne pentirete.