LOWINSKY: "La creazione presuppone uno stato d’animo minimamente sereno"
I Lowinsky in uno scatto promozionale.
I Lowinsky in uno scatto promozionale.

LOWINSKY: “La creazione presuppone uno stato d’animo minimamente sereno”

Lowinsky, benvenuti su Music.it! Non ci piace iniziare in maniera convenzionale, quindi vi chiedo di raccontarmi un aneddoto imbarazzante, meglio se inedito, che vi è capitato legato alla vostra carriera musicale!

Tasso: Era molti anni fa, ci chiamavamo Daisy Chains, ed in un locale di cui non facciamo il nome, se no ci linciano, cominciamo a suonare. Andrea alla batteria, suo cugino al basso, io alla seconda chitarra e Carlo chitarra e voce. Io come al solito ho la mia collezione di 5 birre medie sull’amplificatore da bere durante il concerto, cominciando sobrio e finendo un po’ meno. Carlo fa cadere una delle birre appena prima di cominciare e subito puliamo alla meglio con uno straccio.

Non finirà bene, vero?

Cominciamo a suonare. Il locale è molto affollato di persone, anche perché oltre a quelle interessate al concerto c’era chi era lì solo per un aperitivo e chi per una pizza e stava cenando tranquillamente nella sala accanto. Dopo tre o quattro pezzi viene completamente a mancare la corrente, dal palco fino alla pizzeria, l’intero locale era al buio. Comincia subito un enorme agitazione soprattutto per via della pizzeria e del bar che senza corrente non riescono più a lavorare. Dopo un tempo abbastanza lungo in cui i dipendenti del locale stavano smontando la pizzeria, ogni apparecchiatura elettronica del bar, staccando frigoriferi, lampade, il tutto con una enorme agitazione, anche noi cominciamo a staccare amplificatori, pedali, etc. ma la corrente non voleva tornare, il salvavita continuava a saltare.

Ormai siete dei ricercati.

Tutti erano disperati quando ad un certo punto, con ormai tutto staccato, prendendo in mano una ciabatta sul palco vediamo colarne fuori della birra…stacchiamo la ciabatta e per miracolo la corrente tornò subito in tutto il locale. Ovviamente imbarazzatissimi abbiamo nascosto la ciabatta e fatto finta di niente altrimenti ci avrebbero tirato le pizze sul palco e abbiamo ricominciato a suonare come nulla fosse. Poi io in realtà avrei anche molti altri racconti più imbarazzanti, ma che forse è meglio tenere privati. Passate al prossimo concerto che ve li racconto a microfoni spenti…

I lettori vogliono conoscervi un po’ meglio, quindi lasciatemi indagare un po’. Come vi siete incontrati e da dove viene l’esigenza di formare una band?

Andrea: “A story has no beginning or end” (Graham Greene, “The end of the affair”). Che anno era? Il 2009, no forse ancora prima, il 2008. Ne parlavo giusto qualche sera fa con Corrado (Angelini, The Nostalgics) di come sia, a volte, bizzarra la vita. Io, Carlo e Tasso (Davide) abbiamo iniziato ad incrociare i nostri “destini musicali” ben dodici anni fa, abbiamo percorso un pezzo di strada insieme, poi la vita ci ha portato a percorrerne altre, da soli, e poi inaspettatamente eccoci di nuovo qui, tutti e tre, di nuovo insieme.

Così doveva essere.

Non so se il sostantivo esigenza sia calzante su di me, nel senso che non ho mai visto la band come una necessità; di sicuro lo è la musica in generale, è una sorta di “dipendenza buona”, nel senso che faccio fatica a concepire la mia quotidianità senza musica. La band, per come è il mio carattere, è una naturale conseguenza di avere sempre la musica attorno a me.

È da poco uscito il vostro “Oggetti Smarriti”. L’album contiene sonorità scure, soffocanti, che si miscelano a sensazioni malinconiche e opprimenti, fino a scuotere le viscere. Qual è il filo conduttore di questi brani?

Carlo: il filo conduttore è il mood, lo stato mentale del periodo in cui sono state composte, che effettivamente non è stato dei migliori. Sono tutti stati d’animo, sensazioni, racconti di come ci si pone di fronte alla vita quando le cose non girano come dovrebbero, o potrebbero. Senza giudizi, senza spiegazioni e forse nemmeno speranza. La speranza è implicita, risiede nel semplice fatto che esista questo disco.

Immagino non sia stato facile parlare di tematiche così delicate e caotiche. Qual è stato il momento più difficile in fase di scrittura?

Carlo: In realtà la scrittura per me non è mai difficile, se scrivo significa che sto bene, che ho voglia di creare. Chi racconta che la sofferenza (quella vera) aiuta la creazione non sta raccontando tutta la verità. La sofferenza può darti certamente degli spunti, degli argomenti, senz’altro delle emozioni, ma poi se non ne esci non puoi trasformarle in opera d’arte. La creazione presuppone uno stato d’animo minimamente sereno.

I singoli che hanno anticipato “Oggetti Smarriti” sono stati “Bandiera” e “Seppuku”. Se doveste descriverli con un aggettivo a testa, quale sarebbe? E perché?

Carlo: “Bandiera” è certamente “rassegnata” perché racconta le fine di una storia, esemplificata nell’immagine di una bandiera, appunto, che rimane issata su una nave che però sta colando a picco. “Seppuku” è invece “distaccata” perché si immedesima nei pensieri di una persona, interpretandoli, ma senza dare giudizi di sorta. Cita e osserva.

Cosa non deve mai mancare in un vostro brano per sentirlo come un vero e proprio pezzo dei Lowinsky?

Andrea: Noi, banale, ma estremamente vero. Non passiamo ore in sala prove a “jammare” per trovare la giusta sequenza di accordi, il giro di basso efficace, il fill di batteria che lascia tutti a bocca aperta. Carlo si presenta con un’idea già ben definita della canzone, una sequenza di accordi, una melodia vocale, un testo, una struttura.

E poi?

Questo è il punto di partenza, poi io ci metto la parte ritmica, evitando appunto fill che lasciano tutti a bocca aperta, e Tasso fa da trait d’union tra parte ritmica e parte melodica. Per creare le mie parti però ho la necessità di far diventare la canzone “mia”, di entrare in rapporto con quello che Carlo scrive. Ecco perché dico che in ogni canzone dei Lowinsky ci dobbiamo essere NOI, Carlo si racconta con gli accordi e le melodie, io con cassa e rullante, è solo un modo diverso di esprimersi, ma ci stiamo raccontando entrambi.

Come vi inserite nel panorama musicale odierno? C’è qualcosa in particolare che cambiereste?

Andrea: «L’arte è la creazione di una magia suggestiva che accoglie insieme l’oggetto e il soggetto, il mondo esterno all’artista e l’artista nella sua soggettività» (Charles Baudelaire). Questa magia tra la musica moderna e me non si concretizza. Per età, che non significa pigrizia o mancanza di curiosità, per esperienza e per gusti non riesco ad entrare in rapporto emozionale con la musica moderna. Sia chiaro che non si tratta di un giudizio di valore, semplicemente non riesco a instaurare un rapporto con la musica moderna. Cambierei qualcosa? Assolutamente no, anzi forse sì, ma è più un desiderio che voglia di cambiare qualcosa: vorrei che tutti ricominciassero ad ascoltare dischi, dischi e non canzoni, che dedichino mezz’ora del loro cazzo di tempo per fermarsi ad ascoltare 10 fottute canzoni e cerchino di entrare in rapporto con esse.

E parlando di emergenti e colleghi, pensate ci siano band, o cantautori, artisti in generale insomma, che meriterebbero un seguito maggiore? Oltre voi, ovviamente!

Andrea: Ci sono tantissimi artisti validi in giro. Sempre con Corrado, sempre qualche sera fa, in dieci minuti saranno usciti 50 nomi di band, alcune emergenti alcune più avanti con l’età, che ascoltiamo, che ci trasmettono qualcosa e per le quali riteniamo che debba esserci maggior seguito. Noi Lowinsky, quando possiamo, cerchiamo di condividere il palco con band che ci piacciono e non con band che “attirano pubblico”, poi se le cose vanno di pari passo tanto meglio. Farti una lista di nomi, per me, non ha più valore della lista della spesa per questo l’unico suggerimento che posso dare l’ho già espresso prima: è quello di tornare a essere curiosi, uscire di casa e andare a sentire la band che suona nel locale più vicino.

Ora che “Oggetti Smarriti” è uscito, cosa faranno i Lowinsky? Un tour, un nuovo singolo in uscita, o magari siete già all’opera per la scrittura di nuovo materiale? Se fosse una tripletta di sì, tanto meglio!

Andrea: Abbiamo una certa età e conosciamo i nostri limiti. Quindi una cosa alla volta: ovvero andiamo in “tour”, fare un disco è un’esperienza esaltante, ma suonare in giro è tutt’altro, quello è il nostro habitat naturale. Ci stiamo concentrando totalmente su quello.

Lowinsky, vi ringrazio per aver condiviso del tempo con me. Le ultime righe sono per voi, potete chiudere l’intervista come preferite.

Andrea: Ascoltate musica, se poi è la nostra tanto meglio, uscite e andate a sentire i gruppi suonare, vi assicuro che è tempo speso bene.

Carlo: Leggete qualche libro, ogni tanto, raga!