Lucio Leoni in uno scatto promozionale.
Lucio Leoni in uno scatto promozionale.

LUCIO LEONI: “Scartavetro i primi strati di vernice dal muro per vedere cosa si nasconde sotto”

Lucio Leoni, è un piacere averti con noi su Music.it. Prima di arrivare al sodo, devi superare la prova del fuoco. Racconta ai lettori un aneddoto imbarazzante, meglio se inedito, che ti è accaduto durante la tua carriera musicale. Giù i veli!

Avrò avuto vent’anni. Non riesco neanche a ricordare dove. Un palco molto grande e tanta gente pronta a ballare. Con la band in cui militavo allora dovevo aprire il concerto (credo) dei Meganoidi. A quei tempi facevamo del grandissimo SKA-PUNK: primo brano, prime note – saluto il pubblico con energia smodata- strappo il microfono dall’asta, mi giro, salto sulla pedana del batterista…ma non la prendo e vado giù, culo a terra. Non credo di essermi mai più ripreso in vita mia.

I tuoi brani non offrono soluzioni ai dubbi, ma ne creano di nuovi. È come venir investiti da un fiume in piena, un flusso di coscienza inarrestabile. Ma come avviene la creazione di un tuo brano? Hai dei rituali particolari, o magari l’ispirazione viene così, in un lampo? Guardando il frigo, magari.

Ogni canzone è diversa in questo senso. Alcune arrivano guardando il frigo, altre sono semplicemente due parole che mi porto dietro da molto e che con il tempo diventano una frase, poi un’altra e alla fine una canzone. Non ho metodi fissi, lascio che accadano.

“Dove sei, pt. 1” è un disco visionario. Brani che si snodano tra rap, canzone d’autore, narrazione di tematiche delicate e vari stili musicali. Qual è il filo conduttore, se c’è, che unisce le tracce? Quale necessità ti spinge a sviscerare con tanta minuzia i tuoi pensieri e farne canzone?

Grazie per il “visionario”, mi sembra un bel complimento (pure se magari non lo è). Il filo conduttore che ha innescato un po’ di riflessioni è il grande “rito di passaggio” all’età adulta; da li poi le canzoni hanno seguito direzioni diverse non per forza legate a questo senso in maniera didascalica. Per quanto riguarda le necessità… non saprei dire: forse è solo paura di non essere stato chiaro fino in fondo dunque divento analitico fino al midollo, oppure è semplicemente lo specchio di quanti impicci ho in testa quando provo a formalizzare un pensiero.

“Mi dai dei soldi”, primo singolo estratto, è ispirato allo spettacolo “Kotekino Riff” di Andrea Cosentino. La questione trattata, potrebbe definirsi attuale più che mai riferita a ciò che stiamo vivendo, e al difficoltoso periodo che sta subendo l’arte in generale?

Questa è una delle cose più interessanti di questo periodo, almeno per chi come me si occupa di scrittura. Ci ritroviamo con materiali che abbiamo elaborato prima della pandemia che stanno cambiando completamente senso e segno. E’ affascinante scoprire di aver scritto cose che ancora trovano spazio nell’attualità e altre che invece non valgono più nulla. Mi dai dei soldi è sicuramente un testo “assoluto” (lo posso dire perché non è mio) e che valeva prima come adesso. In fondo per quanto riguarda il rapporto di questo paese con l’arte e la cultura i problemi non nascono con il virus, semplicemente sono più evidenti adesso.

“Il fraintendimento di John Cage” bombardi l’ascoltatore con una serie di riflessioni e instillando il seme del dubbio, riducendogli in poltiglia la materia grigia. In realtà lo fai da diverso tempo e con diversi brani, non è un comportamento molto corretto. È un modo per aiutare anche te stesso a riorganizzare le idee a arrivare a delle risposte? O è puro e semplice sadismo?

AHAHAHAHAHAHHAHAH. Ti voglio bene. Ci sta che sia un modo per riorganizzare le idee. Come ti dicevo prima probabilmente è solo ansia di non essere stato chiaro, ansia che però mi porta ad essere ancora più ingarbugliato probabilmente.

L’ultimo singolo estratto è “Il Sorpasso”. Qui snoccioli un argomento abbastanza delicato, ossia la differenza e la distanza culturale. Molti affermano che le nuove generazioni non combineranno nulla, tu invece che sono un bel passo avanti, al contrario di noi fossili. Cosa possiamo imparare da loro? Parlami della genesi di questo brano.

Il brano nasce da quello che mi sembra di vedere nelle nuove generazioni: un interesse finalmente nuovo, attivo, partecipato alla cosa pubblica. Al netto delle posizioni politiche di ognuno è sempre bello sapere che i ragazzi abbiano interesse a partecipare e immaginare il mondo che verrà. Parte da questo, quello che mi sembra un sorpasso anche evolutivo di pensiero: Ci sono tutta una serie di grandi temi al centro della discussione politica (migranti, questioni di genere etc.) che ancora vengono percepite come “questioni da risolvere” quando invece per i giovani sono ormai semplicemente e giustamente il tessuto su cui il mondo si plasmerà.

Parlando di te, mi viene da citare Caparezza in “Ti Sorrido Mentre Affogo”: «Non mi interessa essere capito. Mi interessa essere, capito? Essere, capito?». Viviamo in un’era in cui la musica che domina le classifiche è spesso minimale e con liriche banali, da ascolto one-shot sui vari streaming senza troppo impegno, quindi ringrazio artisti del tuo calibro. Ovviamente anche l’ascolto leggero merita il suo spazio, ma qual è il tuo parere in merito? Pensi che i tuoi lavori impegnati possano risentirne e venire penalizzati?

Direi che è evidente che i lavori più complessi faticano a trovare spazio. Ma credo anche che la complessità sia un valore che tornerà di moda. Sicuramente lo spero. L’ascolto leggero è fondamentale e vitale, basta che non diventi ridicolo va tutto bene per come la vedo io. Purtroppo è pieno di roba ridicola, non leggera.

Cosa non deve mancare in un tuo brano per fartelo sentire davvero tuo?

Attenzione alle parole.

E se dovessi associare “Dove sei, pt. 1” a un odore, quale sarebbe? Quale aroma pensi possa descrivere fedelmente il tuo ultimo album? Va bene anche se fosse de frattaglie e interiora.

Odore di salsedine. Esiste l’odore di salsedine? se si, quello.

In quest’album hai collaborato con diversi artisti come C.U.B.A. Cabbal, Francesco di Bella e Andrea Cosentino. La musica è anche condivisione? Avremo altre collaborazioni nel prossimo capitolo?

È possibile, ma non è una cosa che stabilisco a tavolino, è una sorta di richiesta che la canzone mi fa ad un certo punto. Se la canzone chiede io rispondo.

Cosa dobbiamo aspettarci dal prossimo “Dove sei, pt. 2” che uscirà in autunno? Hai intenzioni di fonderci il cervello ancor di più?

È una possibilità che non mi sento di escludere. Posso dirti questo: nella parte 1 ho cominciato con il teatro (“Mi dai dei soldi”) nella parte 2 aprirò con il cinema.

Il lockdown ha messo in difficoltà parecchie persone; molte sono state costrette a trovare nuove abitudini. Altri, invece, hanno amato questo momento, anche per sperimentare, reinventarsi e stare un po’ con se stessi. Tu, come l’hai vissuto? Ti ha aiutato, o avere più tempo per pensare ha fatto solo danni?

Ha fatto solo danni. Non sono stato bene per niente. Prima che iniziasse il lockdown ero appena rientrato da un viaggio di due mesi in India dunque sono praticamente 6 mesi che non entro in contatto con il mondo reale, mi è mancato tutto.

E tu, Lucio Leoni, «dove sei in mezzo a tutto questo»?

In uno spazio non troppo chiaro né troppo scuro. Scartavetro i primi strati di vernice dal muro per vedere cosa si nasconde sotto.

Lucio Leoni, ti ringrazio per il tempo concesso, ma purtroppo dobbiamo chiudere. C’è ancora, tuttavia, qualche riga disponibile per te, puoi chiudere come preferisci. Fai del tuo peggio. A presto!

Peggio di così è decisamente difficile. Posso dire Viva I Camillas, Viva i fratelli?!

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