Il personaggio di fantasia Marlon Brasko si rivela l’alterego punk di un ragazzo con la voglia di dire cose. Non che possiamo venire a conoscenza delle sue origini, nonostante “Nato Male” sia il titolo che porta il suo primo lavoro. Ma fondamentalmente non importa così tanto. Perché Marlon Brasko è in realtà un’esplosione di sentimenti che racconta un passaggio dall’adolescenza a un’età adulta inadatta. Si sente il bisogno di Marlon Brasko di far uscire immagini nate in qualche modo nel corso della sua vita, senza per forza volerle condividere. Non cerca né comprensione, né empatia, quasi come se il pubblico non fosse in realtà un elemento importante di quell’equazione magica che è la Musica.
“Nato Male” è un diario personale e privato che ha trovato il modo di aprire il cassetto del comodino in cui era riposto, e uscire allo scoperto urlando a squarciagola. In pieno stile punk racconta la scala delle esperienze e dei sentimenti, senza cedere né completamente alla rabbia, né tantomento alla compassione. Nei tredici brani che compongono “Nato Male”, Marlon Brasko mette in chitarre e ritmi velocissimi tutto un compendio di una vita ancora in corsa. Non è davvero sua intenzione dare il minimo insegnamento, ma semplicemente raccontare la sua vita con la sfacciataggine che si può perdonare solo al punk. Il filo conduttore di tutto “Nato Male” non è una tematica comoda e in voga, ma lo stesso Marlon Brasko, come personalità vera e senza filtri, eccezion fatta per il nome d’arte.
Le canzoni di “Nato Male” sono tanti tasselli che, messi uno vicino all’altro, raccontano la biografia di Marlon Brasko senza essere didascalici, piuttosto invece genuinamente prepotenti. “Ta-Tu?” forse è l’unica che si distacca nei toni: una storia d’amore abbastanza canonica in cui però è da apprezzare una scrittura tanto semplice quanto suggestiva. “Goodbye Boy (La Tenerezza)” è il nostalgico addio di un padre che non ha paura, alla fine della sua vita, di non avere rimorsi né errori da cui imparare. “Tu, Me, il Tempo” è l’invito fatto a una generazione paurosa a buttarsi, a rischiare senza troppe storie. Si arriva poi a “Fiori”, un titolo che è semmai uno specchietto per allodole. Qui la canzone d’amore cede il passo a una storia di puro sesso, che non sente il bisogno di passare per il romanticismo.
Con “Galera” Marlon Brasko tira fuori un’altra parte del suo lato ruvido. Una canzone punk con tendenze heavy metal, che, benché non raggiunga davvero gli stessi livelli, dichiara una passione per Lemmy Kilmister e i suoi Motörhead. La verità è che Marlon Brasko sa benissimo di non essere intonato né di rientrare nei canoni classici della discografia italiana. Meno ancora quelli dettati dall’indie pop dilagante, o da un tipo di rock ammorbidito che va per la maggiore in radio. D’altronde il punk, ormai lo sappiamo, è un attitudine più che un genere. “Nato Male” racconta in maniera del tutto personale, ma condivisibile, il sentimento comune di non essere adatti. E se ne frega.
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MARLON BRASKO
NATO MALE
23 dicembre 2018
Autoprodotto
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