MEGAPHON: "Vivere grazie alla musica è un'utopia" • MUSIC.IT
Il gruppo rock Megaphon.
Il gruppo rock Megaphon.

MEGAPHON: “Vivere grazie alla musica è un’utopia”

Grazie per essere con noi ragazzi. Megaphon, anche se dovrebbe avere una “e” finale, oltre a suggerire megafono dovrebbe voler dire anche “portavoce”. Corretto o mi rimandate a settembre?

Purtroppo dobbiamo rimandarti a settembre, fondamentalmente per colpa nostra. Il nome venne fuori casualmente, durante una delle nostre prime prove nello studio che si trova nel garage del nostro bassista-leader. Mentre stavamo suonando andò via la corrente, e poco dopo scoprimmo che il blackout fu causato da un phon ad alto wattaggio… un mega-phon!

Sulle pagine di Music.it collezioniamo eventi inusuali. Voglio chiedervi di fare finta di essere di fronte al vostro diario segreto e raccontarci un evento, legato alla musica, che nessuno conosce. Impressionateci!

Una volta facemmo una sorta di fioretto: se mai fossimo saliti su un palco per noi molto importante, avremmo dovuto suonare senza mutande. Ovviamente per la fortuna di molti con i jeans indosso! Fino ad ora l’avevamo custodito come un segreto, anche perché non penso la cosa fosse molto interessante.

Il revival del garage rock negli States si avvale di importanti nomi quali The Fuzztones e The Chesterfield Kings, ma ascoltandovi mi vengono in mente anche gli scozzesi Franz Ferdinand. Fanno parte delle vostre influenze? Da dove partono le radici che hanno permesso di affermare oggi il vostro sound?

Le nostre radici partono precisamente da “I wanna be your dog” dei The Stooges, che è stata la prima canzone suonata insieme quando ancora l’idea di formare una band non era ancora arrivata. Quella canzone rimane quindi la nostra pietra angolare. Poi chiaramente le influenze sono state – e continuano a essere – molteplici. Dal garage sixties al garage revival, passando dal punk e dal post-punk e con un occhio di riguardo verso l’alternative anni ’90. E sì, in fondo potremmo arrivare anche ai Franz Ferdinand, anche se, tra i gruppi post-duemila, i The Strokes, specie quelli di “Is this it”, sono quelli che ci hanno influenzato di più.

Ho avuto il piacere di ascoltare “Wild Chestnut”, vostro ultimo album, e devo ammettere che è ricco di tracce che mi hanno messo parecchia allegria. Puntate molto sul trasmettere divertimento musicalmente? E perché, se l’inglese non mi inganna ancora, “Castagne Selvatiche”?

Il fatto che l’ascolto del nostro disco ti abbia trasmesso allegria ci fa sicuramente piacere, anche perché per noi fare musica è principalmente questo: divertimento puro e passione. Per quanto riguarda il nome, la storia ruota tutta intorno al nostro batterista Luca Scrocca, che dopo aver inciso, prima di tutti, le parti della batteria si è dato letteralmente alla macchia, andando a raccogliere le castagne.

Nel brano “Hit and run away”, oltre alla voce di Andrea e i cori di Federico, vi è un terzo elemento, femminile, al microfono. Come mai questa scelta stilistica? Mi sono perso un membro del gruppo?

“Hit and run away” è forse il pezzo più sessista dei Megaphon e narra le vicende di un tipo che gira per la città in cerca di avventure da una botta e via in grado di occupargli parte del suo tempo – “a simple prop to occupy my time”, come cantava Michael Stipe su “The one I love” senza alcun coinvolgimento sentimentale. Una volta sviluppata la canzone, abbiamo pensato che nel finale, quando “Hit and run away” viene ripetuto più volte di seguito, ci sarebbe stata bene una voce femminile per i cori. Andrea, il nostro cantante, ha pensato di contattare Giulia Menculini, una sua amica musicista che ha accettato subito molto volentieri di collaborare – gratuitamente, s’intende– e che ha esteso il suo contributo anche a “You don’t care” e “Right or wrong”. Ora con Giulia siamo amici e, quando riesce a districarsi dagli impegni di lavoro e dalle altre incombenze musicali, ci fa compagnia in studio e sul palco.

Dopo questo primo album vi siete presi una piccola pausa o state continuando a creare musica?

Dopo vari live stiamo per rientrare in studio per buttare giù qualche idea che in questo periodo ci è passata per la testa. Speriamo ne venga fuori qualcosa di buono!

Giusto per mettere in difficoltà la positività dei vostri brani, parliamo di attualità. Cosa pensate della scena underground, che molte volte rimane tale senza mai emergere? Cosa fareste per assicurare un futuro musicale a voi e i vostri colleghi?

L’underground già di per sé fa molta fatica ad emergere, e infatti servono particolari congiunzioni astrali per far sì che una band sconosciuta, pur avendone le qualità, riesca a venir fuori dall’anonimato. Nonostante ciò conosciamo diversi gruppi che un loro piccolo spazio se lo sono ritagliato, anche se ovviamente pensare di vivere grazie alla musica, soprattutto per un genere come il nostro, è un’utopia. Noi, come tanti nostri amici, siamo i primi ad esserne consapevoli, e perciò ci teniamo stretti i nostri lavori, specie di questi tempi. La musica è un hobby, e da un certo punto di vista forse è meglio che sia così.

Bene, abbiamo finito. Avete ancora qualche riga per imbracciare un bel megafono e urlare ai lettori ciò che volete!

A questo punto piuttosto dovremmo imbracciare un bel phon!