MIKE ORANGE: C’è voglia di tornare a suonare e di andare a vedere i concerti".
Il cantautore lombardo Mike Orange nel nuovo video di "Segrate", out il 23 9 Gennaio 2021.
Il cantautore lombardo Mike Orange nel nuovo video di "Segrate", out il 23 9 Gennaio 2021.

MIKE ORANGE: “C’è voglia di tornare a suonare e di andare a vedere i concerti”

Diamo il benvenuto sulle pagine di Music.it a Mike Orange. Ormai siamo diventati famosi per la nostra domanda di rito rompighiaccio: raccontaci un ricordo o un aneddoto imbarazzante, meglio se inedito, sulla tua carriera musicale.

Vi ringrazio per l’ospitalità, è una domanda che ancora non mi avevano fatto. Ce ne sono molte da raccontare, c’è sempre stata una sorta di goliardia nell’andare in giro a suonare. Ricordo una volta in montagna in provincia di Bergamo durante una serata pazza in un pub di paese alla fine della serata stavamo cercando di caricare nell’auto la macchinetta delle palline. Hai presente quegli affari che metti 50 centesimi, giri la manovella ed esce la pallina con dentro un regalino? In quel caso tra l’altro credo che i regalini fossero dei perizomi. Comunque non ci siamo riusciti, e l’abbiamo rimessa al suo posto.

Le tue radici affondano nel punk-rock. Quali sono gli artisti che ti hanno influenzato nel tuo lavoro e quali, invece, quelli che ascolti di più in cuffia?

È vero quello che dici a proposito del punk rock, però sono anche uno che ha ascolti molto vari. E in generale poi cerco di prendere spunto da quello che ascolto per creare qualcosa di nuovo. Ultimamente ascolto Mac De Marco, Boy Pablo, mi piace molto Jesse the Faccio, italiano.

Negli anni hai calcato diversi palchi come quello di Sanremo Rock e quello del Festival di San Nolo, cosa si prova a stare su un palco come quello del Teatro Ariston?

È stato intenso. È durato anche molto poco, eravamo alle finali nazionali a Sanremo con più di duecento progetti proposti. Un quarto d’ora in cui siamo stati seguiti in tutti i dettagli tecnici, l’unica cosa che dovevamo fare era andare sul palco con lo strumento e suonare. Ce la siamo goduta, è stato divertente. Diciamo che di solito quando calchi palchi così grossi anche se senti il peso della responsabilità, cerchi di godere di quei momenti il più possibile perché in fondo è il motivo per cui lo fanno tutti i musicisti.

Hai mai pensato di partecipare ad un talent? Cosa ne pensi di questo tipo di competizioni?

Devo dire che non mi incuriosiscono quel tipo di competizioni e non credo che per me, per il mio progetto, siano un giusto trampolino di lancio. Non so dare un giudizio né su chi li fa né su chi produce un certo tipo di format televisivo. In passato è stato sicuramente più efficace nel lanciare talenti anche validi, molto meno ora. Però va trattato per quello che è, un format televisivo.

Il 29 Gennaio è uscito il tuo singolo “Segrate”, tratto dal tuo nuovo EP “Arancio”. Com’è stato lavorare in questo periodo?

È stato lungo, il disco esce in questi giorni dopo circa un anno dall’inizio delle registrazioni. Abbiamo registrato la pre produzione definitiva prima del disco a febbraio dello scorso anno e siamo entrati in studio alla fine del mese. Ci siamo dovuti interrompere da marzo a maggio, e poi abbiamo concluso tutto a settembre. Da lì sembrava che il disco dovesse uscire per novembre, ma abbiamo deciso di ritardare nuovamente l’uscita. È stato anche un periodo in cui ho realizzato molte cose: ho fatto uscire un singolo alla fine del 2020, un disco di cover con altri amici artisti che si può ascoltare su Soundcloud uscito a Natale scorso, nuove idee, nuovi brani.

Segrate è uno spaccato sulla vita di provincia: cosa ti lega a questi temi?

Vivo e sono nato in provincia, per cui il legame prima di tutto è biografico. E devo dire che anche se per molti versi ci sono degli aspetti che non sono proprio il massimo nella vita di provincia, mi ci ritrovo sempre e per certi versi è una sicurezza. E’ sempre una bella cosa. C’è una dimensione più umana che ti accoglie quando sei in provincia rispetto alla città, e non è una sensazione legata alle persone e ai rapporti ma ai luoghi.

Hai uno stile che richiama anche il cantautorato. Quali sono i tuoi riferimenti?

Lucio Battisti mi è sempre piaciuto moltissimo, anche da bambino. Però devo dire che i cantautori in generale non mi hanno cresciuto. Li ho riscoperti con l’età, ma non sono dei veri e propri riferimenti. Se ti devo dare un riferimento sono i Tre Allegri Ragazzi Morti, una band che ho sempre amato e che seguo da tantissimo tempo.

Cosa ti aspetti da “Arancio”? Quali sono i tuoi progetti per questo 2021?

Non nutro mai aspettative nei confronti di qualcosa che faccio, perché di solito le tradisco. Detta così sembra scontata, ma quello che mi auguro è che lo ascoltino tante persone. Il progetto principale per il 2021 è quello di andare a suonare in giro questo disco quando si potrà e magari fare anche qualcosa di nuovo.

Cosa pensi del mercato musicale attuale e cosa pensi succederà in futuro?

C’è molta musica e molta di qualità. Però, come tutte le cose da quando c’è internet, bisogna cercarle. Quello che propongono i media mainstream è molto diverso da quello che c’è in realtà. Anche se negli ultimi anni c’è da dire che i media mainstream hanno rincorso il mondo indie, che ha avuto delle intuizioni artistiche pazzesche. Gente come Calcutta, per esempio. L’altra considerazione è sul futuro, e riguarda la pandemia. C’è voglia sia di tornare a suonare che di andare a vedere i concerti, credo che chi come me vive questa passione in prima persona sarà ancora più motivato a sostenere la scena locale.

Avrei ancora altre mille domande per te, ma è giunta l’ora di andare. Lo spazio che rimane è tutto tuo, saluta pure tutti i tuoi fan.

Un grande saluto a tutti quelli di Music.it, ci vediamo presto sotto il palco!