NIC GYALSON: “Emozioni simili in momenti diversi danno risultati artistici diversi”
L'artista elvetico Nic Gyalson.
L'artista elvetico Nic Gyalson.

NIC GYALSON: “Emozioni simili in momenti diversi danno risultati artistici diversi”

Diamo il benvenuto sulle nostre pagine a Nic Gyalson. Pronto a farti torturare un pochino da me? Cominciamo dalle basi. Esistono aspetti per cui Nic differisce dalla carta identità col tuo nome anagrafico che porti in giro per le strade?

Il mio nome anagrafico è Nicolò Mariani. Posso affermare che non c’è una vera differenza tra il me naturale e il me di scena. Forse ci sono occasioni in cui Nic Gyalson è più esuberante ed assume sembianze particolari, come l’alter ego femminile e malaticcio nel video di “Underneath My Feet”. Difficilmente nella vita quotidiana andrei in giro per le strade a piedi nudi e con indosso il vestito da donna nero. Però non lo so, la linea tra il me quotidiano e Nic Gyalson è davvero sottile ed evanescente.

Sei cresciuto tra le montagne come Heidi. In che modo il luogo da cui provieni influenza il tuo modo di fare musica?

Le montagne e i boschi sono stati il terreno di gioco nella mia infanzia. Sono anche stati il primo palcoscenico delle mie recitazioni solitarie, dei deliri con cui ho sviluppato la mia immaginazione. Inevitabile quindi che mi abbiano influenzato anche per le mie creazioni musicali e video. Ancora oggi mi trovo a camminare da solo in quei luoghi quando cerco ispirazione. Se il luogo in cui vivo, inteso come civiltà e vita comunitaria, mi sta spesso stretto, la natura priva di altri umani mi dà invece un grande senso di libertà. È forse l’unica situazione in cui sentirmi pressoché insignificante mi dà gioia e non mi opprime.

A 13 anni ti sei innamorato dell’organo. Quanto tempo prima la musica aveva iniziato a corteggiarti? In che modo? Con quali artisti?

La musica fa parte della mia vita da quando sono nato. Ho sempre amato cantare e ascoltare musica di ogni tipo. Le prime emozioni musicali forti sono arrivate negli anni dell’asilo con Johann Sebastian Bach, che ascoltavo prima di dormire. E con i The Beatles, che mi hanno fatto innamorare della psichedelia e della lingua inglese.

Da tecnico del suono quale sei, ti hanno mai chiesto di collaborare a produzioni anche solo a livello amatoriale? È un aspetto del lavoro artistico che ti piacerebbe approfondire?

Come tecnico del suono ho lavorato principalmente al missaggio di documentari. Il primo lavoro di fonico per musica è stata l’auto-produzione delle mie colonne sonore e in seguito di questo nuovo album in corso di realizzazione. È sicuramente un aspetto del lavoro artistico che mi appassiona molto e che ho intenzione di approfondire già nei prossimi mesi.

Qual è per te il punto di tangenza tra le arti visive, in cui sguazzi da quando sei neonato, e la musica?

Musica e cinema sono arti pressoché inscindibili. Trovo che si combinino in modo fantastico. Quando scrivo canzoni, nella maggior parte dei casi mi figuro già delle immagini per potenziali videoclip. Il punto di tangenza è la storia, il contenuto espressivo e narrativo. Mi piace esprimere un’emozione o un concetto sia con i suoni sia con le immagini. La cosa curiosa è che spesso i risultati di questi due processi sono molto diversi ma funzionano perfettamente una volta combinati.

Che differenze di composizione ci sono tra una colonna sonora e quello che potrebbe diventare un album?

Sono due lavori completamente diversi. Quando scrivo canzoni per un album non mi pongo alcun limite di tempo o contenuto, ma mi creo comunque un filo stilistico da seguire, per mantenere una sorta di coerenza narrativa e formale tra i brani. Con una colonna sonora, invece, i punti chiave sono la storia e l’ambientazione del film, dunque la scrittura è finalizzata a funzionare con immagini e suoni già presenti. Può sembrare un limite rispetto allo scrivere per sé stessi, ma al contrario è un processo molto libero e appassionante. Ma al tempo stesso complesso e delicato, visto che una colonna sonora può esaltare un film ma può anche rovinarlo.

A proposito di colonna sonora, e di arti visive: per quale film avresti voluto scrivere la soundtrack?

Domanda difficile e molto interessante. Non saprei proprio cosa dire e probabilmente cambierei idea da un giorno all’altro. Oggi rispondo “2001: Odissea nello spazio”, “Memento”, e la serie “Twin Peaks”.

Quanti anni avevi quando hai scritto la tua prima canzone? Dove eri fisicamente quando ispirazione ti ha colto?

Avevo 17 anni e tornavo a casa una notte, diversamente sobrio. L’ho scritta dopo aver scoperto in modo brutale che i miei sentimenti per una ragazza non erano corrisposti. Quando l’ispirazione mi ha colto (o quando l’ho presa al volo perché era l’unica cosa a cui aggrapparmi in quel momento), stavo camminando lungo una strada tra boschi e paesi addormentati.

Oscar Wilde scrisse una cosa molto impopolare: “Solo gli incapaci scrivono trilogie”. A me piace pensare che non l’avrebbe mai scritto se avesse avuto modo di leggere J.R.R. Tolkien. Perché hai scelto di distribuire nel tempo l’uscita di “You could almost”?

Tra l’altro, pur non essendo un assiduo lettore, ho amato sia l’uno che l’altro. La prima ragione per cui ho scelto di pubblicare “You Could Almost” in capitoli è che così facendo posso dedicare molto più tempo e cura alla realizzazione di ogni canzone e video. La seconda è molto pratica: al giorno d’oggi molte persone non si prendono il tempo per ascoltare un album fino in fondo. Questo vale sia per il pubblico che per i media. La pubblicazione in capitoli, quindi, permette da un lato all’ascoltatore di godersi l’opera poco per volta, dall’altro di avere sempre qualcosa di fresco da presentare alle radio e agli altri professionisti del settore. Mi è sembrata una buona scelta per l’epoca in cui viviamo, l’Era delle Serie Netflix. In ogni caso gli appassionati di album non devono temere: alla fine tutti i brani, e forse anche qualcuno in più, saranno raccolti insieme sul vinile.

“Alluvision” è tanto, ma tanto diverso dal primo capitolo di “You could almost”. Cosa è successo? Cosa è cambiato?

Quando ho registrato “Alluvision” non avevo mai suonato dal vivo, non nel modo in cui mi sono esibito da allora. Inoltre avevo fatto tutto da solo ad eccezione della batteria, e non avevo alcun tipo di esperienza in studio, per cui il modus operandi era molto diverso. Per il resto, che dire, sono cresciuto e ho anche cambiato gusti e abitudini nel frattempo.

Le tre tracce di “You could almost – Chapter I” hanno spleen completamente diversi. Tuttavia, “Qualcosa si trova” in qualche modo strizza l’occhio a “Spinnin’ Around In The Shade”…

I temi che tratto in queste prime 3 canzoni sono abbastanza coesi. Emozioni simili vissute in momenti diversi danno risultati artistici diversi, o almeno a me capita così. È quindi abbastanza naturale, per come sono fatto, che siano tutte diverse tra loro, nonostante il fil rouge che le lega. “Qualcosa si trova” e “Spinnin’ Around In The Shade” sono all’opposto: la prima è freschissima, composta quest’estate, la seconda invece risale a 3 anni fa. Ma entrambe hanno a che fare con la speranza, con un desiderio di crescita e miglioramento della propria situazione. In “Spinnin’ Around In The Shade” sentimentale, in “Qualcosa si trova” sociale, economica e psicologica.

Il video di “Underneath my feet” accompagna senza sbavature la traccia. C’è il tuo zampino? A cosa dobbiamo l’amore per le atmosfere noir? E per la vena di queerismo?

C’è lo zampino, la gamba, l’anca e anche il resto del corpo. Ho scritto, prodotto, diretto e montato il video personalmente, curandone anche fotografia e scenografia. L’atmosfera noir mi è sempre piaciuta fin da ragazzo, sono un appassionato di registi come Stanley Kubrick, David Lynch, Alfred Hitchcock, i Fratelli Coen e altri. La vena queer arriva per ispirazione artistica sicuramente da David Bowie, al quale ho fatto qualche omaggio nascosto qui e là nel video. E poi in modo personale da Serena – la tastierista e corista che mi accompagna sul palco e nei dischi – che è legata e affascinata dal mondo LGBT.

Oltre a terminare di farci sentire “You could almost”, cosa prevede il tuo futuro prossimo? Live in vista?

A gennaio partirò per la Patagonia a lavorare per due mesi come fonico e cameraman al nuovo documentario di mio padre, per il quale comporrò nel 2019 anche la colonna sonora. I concerti riprenderanno quindi idealmente la prossima primavera.

Noi qui ci salutiamo. È stato davvero un piacere averti ascoltato. Spero arrivi al più presto il secondo capitolo di “You could almost”.

Piacere mio, mi vengono poste raramente domande stimolanti come queste.
Grazie e a presto!

Nic Gyalson – Underneath My Feet (Official Music Video)

The first single from “You Could Almost (Chapter 1)” Out on October 5 2018 Preorder now: https://nicgyalson.bandcamp.com/album/you-could-almost-chapter-1 Directed, Written, Produced, Photographed and Edited by Nic Gyalson Studio: ICEBERG-Film (Savosa, Switzerland) Starring: Nic Gyalson Camera operators: Serena Maggini, Nic Gyalson, Fulvio Mariani Costumes & Makeup: Nic Gyalson, Serena Maggini Thanks: Jacopo