Ninaì in una foto promozionale.
Ninaì in una foto promozionale.

NINAÌ: “C’è un linguaggio oltre gli schemi che ci rende più vicini di quanto crediamo”

Ciao Ninaì, benvenuta su Music.it (fa quasi rima)… Ci racconteresti un episodio imbarazzante legato al tuo percorso, per rompere un po’ il ghiaccio?

Ciao, simpatico inizio ci sto… Solo che non mi viene in mente niente, onestamente non so se sia un bene o un male, eppure non riesco a ricordare un momento imbarazzante legato al mio cammino artistico… Forse proprio questa tua domanda direi si può considerare tale, è la prima volta che in un intervista non so come rispondere.

Chi si nasconde dietro questo pseudonimo?

Ninaì è una cantante pianista e compositrice, che esprime con la musica e i testi le proprie emozioni. Riflessioni sul mondo che ci circonda e sulle infinite sfaccettature che ha l’essere umano. Sono sempre in bilico tra realtà metropolitana e natura incontaminata, mi piace vivere in entrambi gli spazi, ricchi di stimoli per nuovi brani: la città con i suoni del traffico, persone provenienti da diverse nazioni che si incontrano in un crocevia di sguardi e di sogni da realizzare o semplice quotidianità, tante energie che si muovono con idee sempre nuove che viaggiano nell’aria. Tutto questo è un grande esempio di forza insita in ognuno di noi che crea il presente, non soffoca ma esalta l’unicità e l’originalità di una persona.

Nel momento storico che stiamo vivendo è importante essere una voce femminile che si fa sentire. Si collega in qualche modo questo ruolo con il messaggio delle tue canzoni?

All’interno del mio ruolo di artista è molto importante l’essere una donna. Penso che nella musica, però, nel momento in cui si compone non esiste differenza di genere. Eppure a volte succede che il modo di sentire o di esprimere quella particolare sensazione cambia tutta la visuale. Io sono cresciuta ascoltando molte artiste donne, che si facevano portatrici di messaggi importanti, vorrei riuscire ad arrivare anche io al pubblico femminile. Non riguarda la fascia di età o lo sfondo culturale ma semplicemente  l’appartenere alla stessa “famiglia”, quella musicale, prettamente maschile.

Mi sembra di capire che ti piace non avere confini di genere riguardo la tua musica, di non catalogarla in un settore unico. Come ti definisci a tal proposito?

Si hai perfettamente colto nel segno, mi definisco prima di tutto curiosa e felice di sapere che ogni giorno posso scoprire nuovi linguaggi musicali e artisti, la musica è una fonte inesauribile di novità. Ci sono dei momenti in cui credo, come canto nel ritornello di un mio brano, che si possa viaggiare con la musica in testa. Anche se sono una sostenitrice del “Less is More”, in questo caso credo che, come in cucina, avere più ingredienti ti aiuti ad avere fantasia nei piatti. Ogni genere musicale nasce da un background di storia, politica e cultura che ogni popolo si porta dentro: puoi imparare con rispetto per le origini a decifrarne i codici armonici e melodici e poi se ti piace farli tuoi generandone una tua rinascita musicale.

Potrei dire la stessa cosa anche riguardo il linguaggio. Lingue che si intrecciano abbattono muri di altri confini, quelli della comprensione e un po’ anche geografici. Come giochi con questo fattore nei tuoi testi? Considerando l’italiano di base, è quello il tuo punto di partenza?

Sì, il mio punto di partenza è sempre l’italiano, è la lingua con cui principalmente sono cresciuta, quella che mi circonda, il suono che sento camminando tra la gente o dalla finestra di casa.
Per molti anni ho cantato quasi solo in inglese e portoghese e nelle orecchie ho costantemente diverse lingue in circolo, con l’ascolto di musica senza confini, ecco perché mi piace prendere le parole o formulare frasi anche non in italiano. C’è un linguaggio che può andare oltre gli schemi e ci rende più vicini di quanto crediamo.

Dentro ti porti dietro anche tracce dal Perù, è la derivazione dell’esotismo che emerge nel tuo progetto?

Si può essere una delle cause, avere in circolo sangue sud americano e in piccola parte anche orientale oltre che italiano è la prima realizzazione, sulla mia pelle, che tutto può convivere in armonia. In realtà, come ti dicevo prima, di base questa propensione nasce dalla voglia di confronto e dalla curiosità provare tanti incastri fino a disegnare la tua impronta. Quando scopro musicisti che si esprimono in diverse forme o mischiano stili e linguaggi, torno indietro ripercorrendo sin dal loro inizi e ascolto tutto il percorso: è una bellissima avventura.

Sono i luoghi come mezzi di trasporto o centri di aggregazione culturale che attirano la tua attenzione per trarre le tue riflessioni e poi comporre, ci racconti una scena che ricordi particolarmente e ti ha colpito durante un tragitto in metro?

Guarda ricordo un tardo pomeriggio d’agosto a Milano, linea gialla semi-deserta, mi spostavo per  un concerto. Nel vagone in cui viaggiavo, mi resi conto che eravamo solo donne e tutte di etnie diverse, compresa me. Mi soffermai sui dettagli di ognuna : colori dei vestiti, gioielli indossati, cappelli o foulard e veli, trucco e scarpe. In particolare mi soffermai sugli sguardi e sul modo di muoversi. In  quel momento, ho capito che tutti/e siamo insieme verso un unico scopo: essere felici, e pur quanto diversi in apparenza, viaggiamo all’unisono. Un caleidoscopio di possibilità della natura femminile concentrato in due fermate di metro.

Che immaginario racchiude l’espressione “incontrarsi”? Ovvero come la disegneresti?

Bello quello che mi chiedi! Per l’espressione “incontrarsi”, sceglierei dei colori ad acqua sui toni dall’azzurro-acquamarina fino al rosa antico, che si intrecciano con della polvere oro brillante sparsa come con un leggero soffio di vento. La vedo senza forme o figure, un immagine astratta che permetta libertà di interpretazione ; mi piace l’idea che le gradazioni di colore siano morbide come in  un abbraccio e leggere come una bella novità in arrivo, l’oro infine perché ogni incontro lavorativo, d’amore o artistico che sia, crea scintille.

Il 26 marzo è uscito il lyric video di “Feel it”, ultimo brano contenuto nell’EP “Musica in testa”, uscito invece a febbraio. I suoni (come il battito cardiaco o il rumore di un treno) rimandano a emozioni e sensazioni. Lo scopo è quello di racchiuderli in un nuovo linguaggio sonoro o comunicare un messaggio preciso?

Opterei per la seconda, il messaggio predominante di “Feel it” è diretto e semplice, vuole enfatizzare la necessità di sentirsi nel profondo tra esseri umani, parlo di una comunicazione che va al di là di parole o frasi fatte. Sai quella sensazione che provi, quando ti succede qualcosa e non vedi l’ora di chiamare quella persona per raccontarglielo? Oppure quando con uno sguardo o un gesto ti capisci al volo? Le sonorità del brano sono tra loro opposte, la dolcezza dell’arrangiamento degli archi e del pianoforte contrapposti all’incessante e tagliente elettronica, un tappeto dove la voce può essere più eterea e dritta al cuore della persona a cui parla per poi finire come in una telefonata a tarda notte dove entrambi avvertono l’estrema necessità di “sentirsi”.

Puoi concludere l’intervista come preferisci tu! Ti lascio l’ultima battuta e ti ringrazio, adios!

Grazie a te per l’intervista! Concludo con una immagine del mio presente: ho risposto alle tue domande seduta davanti al mio pianoforte con una luce incredibile che illumina la stanza e ascoltando il disco  “Sempre più vicino” dei Casino Royale.

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