Benvenuti Portobello sulle nostre pagine. Iniziate col raccontarci qualcosa di voi che non troveremmo nelle biografie ufficiali.
Sicuramente siamo un’anomalia per la musica: Un progetto solista che diventa band sinceramente non l’abbiamo sentita mai come storia. Poi c’è la nostra diversità. Ognuno di noi ascolta musica diversa: alcuni rock anni ’70, altri jazz, hip hop, insomma di tutto, e questo ha creato un sound particolare.
“Un attimo e basta” è il singolo che anticipa il vostro album, in uscita a marzo 2019 e che riassume bene i diversi background che vi appartengono. Quali sono gli artisti che hanno contribuito alla vostra formazione?
Sicuramente veniamo da background completamente diversi, ma ci sono degli artisti che ci accomunano nei gusti. Per esempio Niccolò Fabi, Daniele Silvestri e Max Gazzè. Artisti tra l’altro anche molto collaborativi fra loro che hanno caratterizzato la scena musicale romana degli anni ’90. Ma anche i primi Coldplay, sono una band che ci piace molto.
Ci sono invece delle band o autori emergenti che vi influenzano oggi o che semplicemente vi piace seguire?
Sì, sicuramente nella scena attuale ce ne sono diversi. Siamo sempre attenti alle nuove uscite, fra quelli che sono oggi i nuovi big sicuramente facciamo tre nomi, ovvero Calcutta, Willie Peyote e Motta. Questi sono i nomi che piacciono a tutta la band. Poi naturalmente ognuno ascolta altri artisti sempre italiani, sempre attuali, ma abbiamo fatto una cernita che ci accomuna.
Portobello è una realtà discografica fortemente legata alle vostre origini. Venite tutti da Civitavecchia, città portuale, vera e propria provincia romana. Ecco, questa, la provincia, sembra essere un tema ricorrente nei vostri lavori. È così?
Sì, ma come tutte le città di porto, è anche una città che vede tanta gente partire, tornare e transitare. C’è movimento quindi, e anche noi siamo aperti a muoverci e portare fuori questa nostra cultura di provincia e di porto. Siamo vicini a Roma, davanti abbiamo la Sardegna e poco a nord la Toscana, quindi ci sentiamo aperti al viaggio e a partire per poi tornare.
Non vi definite infatti una band, ma un collettivo. Cosa significa per voi? È una definizione sentimentale o un nuovo modo di considerare la discografia?
È un modo di diffondere arte anche verso elementi che sono fuori dalla musica. Cerchiamo di coinvolgere in qualche modo artisti locali come grafici, videomaker. Una cosa che abbiamo mutuato dall’hip hop.
Cosa dobbiamo aspettarci dal resto dell’album?
Contenuti diversi da quello che c’è in giro. Affrontiamo molto l’amore come argomento, ma nei nostri testi ci mettiamo anche qualcosa di attuale. Per esempio le difficoltà di vivere la quotidianità in un paese in crisi economica, o il tema dell’identità. Abbiamo comunque cercato di farlo in maniera leggera e disincantata, perché sostanzialmente non facciamo politica. Al massimo subiamo le sue conseguenze. Però qualche sassolino dalla scarpa ce lo volevamo togliere. Diciamo che il disco che verrà parlerà molto di amore perché il momento in cui Damiano ha scritto le canzoni, stava attraversando un periodo particolare in quell’ambito.
Cosa vi aspettate voi invece? Magari un tour?
Sì, e anche bello lungo! Quello è il nostro obiettivo e il nostro piacere assoluto, suonare dal vivo.
Portobello grazie per essere stati con noi. Lasciamo quest’ultimo spazio a voi. Riempitelo con quello che volete!
Buona fortuna a tutti quelli che leggeranno questa intervista. Speriamo di abbracciarci presto dal vivo durante questo nuovo anno!