«C’è un legame stretto tra lentezza e memoria, tra velocità e oblio», scriveva Milan Kundera. Matteo Muntoni sembra voler cogliere questa sottile sfumatura nel suo nuovo album “Radio Luxembourg”. Bassista, compositore, sound artist, ma anche pianista e chitarrista, Matteo Muntoni riporta in questo album la sua storia, i suoi ascolti, le sue esperienze. Il disco “Radio Luxembourg” ha origine nella storia. L’emittente Radio Luxembourg, infatti, era il principale modello di riferimento per tutti gli aspiranti dj e musicisti europei prima dell’avvento del rock’n’roll. Da radio, dunque, ad un album che vede composizioni estremamente eterogenee, senza vincoli di genere.
Ascoltare “Radio Luxembourg” è come ritrovarsi in un caleidoscopico ed infinito universo. Il disco si apre con “On the Moon” dove volubili arpeggi si muovono su una base minimalista: in crescendo, lentamente, ogni suono viene creato con gusto e attenzione. Matteo Muntoni sembra voler prendere per mano l’ascoltatore e accompagnarlo in questo viaggio sulla luna, ci si sente più leggeri. È come perdersi in un sogno, ma svegliarsi subito dopo quando, con un’imprevedibile risata, apre la psichedelica “The jellyfish dance”; si tratta di un brano progressive rock che continua quel viaggio interspaziale. Nell’acquisire sempre più consapevolezza, come in un gioco, Matteo Muntoni si è divertito a dettare le regole.
Matteo Muntoni con “Radio Luxembourg” fa vivere, in prima persona, un viaggio in uno spazio temporale indefinito, forse eterno.
Infatti alla musica contemporanea della titletrack – vagiti delle chitarre accennano ma non svelano qualcosa che potrebbe essere o sta per accadere – è il basso ad essere il vero protagonista, incisivo e solidario. Segue, poi, un minuto di “Silence”, una provocazione a “4’33’’” di John Cage. Il brano “The man and the journey” presenta un variegato tessuto sonoro, ma ad una prima parte più intima risponde una seconda decisamente rock dove le chitarre distorte prendono la parola squarciando quel cielo di carta e, dalla pacata e delicata atmosfera, si passa alla rabbia. Dopo l’intro jazz fusion, si finisce in un duello di chitarre.
Spigolosa e decisa “Dust and Guitars”, mantenendo quell’atmosfera sempre sospesa e misteriosa. “Radio Luxembourg” conclude con il labirintico, a tratti oscuro e continuamente mutevole “Werewolf Cricket”. Matteo Muntoni con “Radio Luxembourg” fa vivere, in prima persona, una storia, un viaggio, in uno spazio temporale indefinito, forse eterno e lo fa con una cura quasi maniacale di sonorità ed effetti. La maglia sonora di questo disco si rivela un variegato di generi che sanno parlarsi con equilibrio. Sorprendente: le divagazioni, le spigolosità e i flussi senza tempo di ogni brano sono il risultato di contaminazioni eterogenee; un vero e proprio terreno fertile di sperimentazione.