Il suono dei Marlo Tilt ha origine in una buia cantina della periferia milanese, ma non lo diresti mai. Spinge in avanti solare, distorto e ritmato, mixando a dovere psichedelia, rock punkettoso e orecchiabilità, come dei piccoli Beatles del millennio successivo. Nati nel 2016 dalla “rottamazione” di una band precedente, i ragazzi delle Cantine Sbuccia (ritrovo di band dell’hinterland milanese) hanno ingrossato le loro fila, passando da duo a quartetto e incidendo un E.P. nel frattempo. Oggi ci si presentano con “Show a Stony Heart and Sink Them with It” album che, a dispetto del titolo degno di un harmony per attempate signore (è, in realtà, una citazione del dramma “Il Crogiuolo” di Arthur Miller), è un full lenght che scorre ballabile, festaiolo e divertente, perfetto per accompagnare un party a base di tequila sale e limone o, come la band stessa raccomanda, una cantata a squarciagola sotto la doccia.
I Marlo Tilt mixano con sapienza indie rock, psichedelic e punk, in una commistione consapevole e matura
I Marlo Tilt aprono il lavoro in pompa magna con “The Less I Know”, che subito imposta il mood. Ritmata, danzereccia e scanzonata. Solo la voce distorta, e il contenuto del cantato, lasciano trapelare un allegro fatalismo da apocalisse urbana, degno della scena finale di “Fight Club”. Così anche “Shirley Temple is alive and well (and she’s behind you)” e “Hello!” continuano a battere su questi tasti, restando orecchiabili ed efficaci, seppur non particolarmente memorabili. Discorso diverso per “Morse”, che arricchisce lo spettro espressivo dei Marlo Tilt di un alone stoner graffiante e stiloso. “Little Fingers” rallenta il ritmo in un in una ballad psichedelica, che trasporta l’ascoltatore in una bolla malinconica e rassicurante. È il ponte ideale tra “Morse” e “Sa(ha)ra”, riuscitissimo excursus esotico stile “Misirlou” o “Paint it Black”, ma più lento e riflettuto di entrambi i modelli.
Un album che scorre ballabile e divertente, rallentando solo in pochi attimi di riuscita psichedelia
Dopo questo pezzo, l’album si chiude con la vivace tripletta di “Ritalin and old Laces”, “Looney Tune” e “The White”. Forse è “Looney Tune” la migliore, se non altro per l’ottima sintesi che viene fuori tra cantato e chitarra indie, tastiere ipnotiche e batteria martellante. La chiusura di “The White” lascia contenti, pronti a mettere il disco da capo per ballarlo di nuovo. La prima prova su strada dei Marlo Tilt lascia davvero ben sperare per i successivi sviluppi del loro sound, che già è incisivo e personale. Consiglio a tutti quelli che amano un’allegra sgomitata rock sulla pista da ballo di ascoltare “Show a Stony Heart and Sink Them With It”. E se non vi piace, andate pure a leggere un harmony.