Un progetto interessante quello degli Impermeabili. Sono due, Simone Tangolo e Beppe Salmettio, e vengono dal teatro, nello specifico il Piccolo di Milano. Non sono né i primi né gli ultimi che sperimentano con successo il transito da una forma espressiva all’altra, giocando con le contaminazioni. Sicuramente l’accuratezza nella produzione di “Non ci siamo per nessuno” ha fatto la sua buona parte, tanto che l’idea espressiva chiara e definita degli autori si sprigiona nel disco grazie alla sinergia tra i due per prendere corpo davanti agli occhi dell’ascoltatore, passando attraverso le orecchie. “La canzone bipolare” è l’esempio più calzante di quanto questa formula sia efficace.
Sembra di essere in compagnia di Simone e Beppe a suonare in una jam session improvvisata. Loro che vengono dal teatro sanno meglio di chiunque altro che l’apparenza di improvvisazione è un’arte che si affina col tempo. “Non ci siamo per nessuno” hanno chiamato il loro primo album. Suona come un avviso o una minaccia rivolta a potenziali scocciatori. Eppure, gli Impermeabili si restituiscono con la potenza di un cantautorato che si fa variegato e poco noioso grazie ad alcune fortunata scelte del duo.
Con “Non ci siamo per nessuno” sembra di assistere a una jam session firmata dagli Impermeabili
In “Non ci siamo per nessuno” gli Impermeabili chiamano a rapporto la migliore tradizione musicale italiana. Le ballate inserite lungo tutto il disco oscillano tra riferimenti tra Rino Gaetano, Francesco Guccini e Franco Battiato. Chissà se non abbiano anche in mente “Gli impermeabili” di Paolo Conte. In fondo, «piove bene sugl’impermeabili, ma non sull’anima». C’è amore nei loro testi, ma anche tantissimo esistenzialismo con il sorriso. C’è disagio sociale ma anche tanta maturità. I riferimenti sonori risultano piuttosto vintage, soprattutto per un pubblico di giovani sempre più amanti dell’elettronica. Ma i millenials incastrati in un’adolescenza che sembra non finire mai non possono non adorarli.
“Una mini ballata postmoderna metropolitana“ è davvero tutto. Una malinconica ballata folk che, invece di sapere di antico, sa davvero di postmoderno. “La canzone esistenzialista”, singolo di lancio dell’album, insieme a “Salti d’amore” e “Il fiore preferito di lei”, si assesta sugli stessi spleen. “L’agenda” si snoda a suon di swing, critica sociale ripresa con toni più leggeri ne “Il blues di Sergio”. “L’ottovolante” è l’apoteosi di un miscuglio di blues e noise, svelando i connotati ambient della loro identità. Gli Impermeabili sembra abbiano introiettato e tradotto in musica la funzione sociale dei meme, le assonanze sopravanzano i significati arrivando ad esprimere altro. Un disco che sta bene di notte e di giorno, che rinfranca dalla tristezza e risveglia dall’apatia.