29 anni di TYR dei BLACK SABBATH: un epico scontro tra mitologie antitetiche
Da sinistra: Tony Iommi, Cozy Powell, Tony Martin e Neil Murray, la formazione dei Black Sabbath fino al '90
Da sinistra: Tony Iommi, Cozy Powell, Tony Martin e Neil Murray, la formazione dei Black Sabbath fino al '90

29 anni di TYR dei BLACK SABBATH: un epico scontro tra mitologie antitetiche

Dire Black Sabbath significa dire metal. Il loro posto d’onore nel pantheon è in visione del fatto che sono una di quelle band che hanno contribuito a disegnare le prime linee divisorie. Quella del metal è, infatti, una grande famiglia i cui membri tengono particolarmente alle differenze specifiche. E chi dice di avere i Black Sabbath tra le muse ispiratrici, significa che ha una composizione che si muove tra l’heavy, e il doom. Pionieristici dal primo all’ultimo album, va riconosciuta una menzione speciale a “Tyr”. Pubblicato il 20 agosto di 29 anni fa, il nome con cui fu battezzato farebbe pensare a un concept album avente come sfondo la mitologia norrena. Infatti Týr è il nome del figlio di Odino. Un nome sfortunato, con un’etimologia indefinita che col tempo viene probabilmente assimilato a Thor. Un Marte che è anche un Giove, in cui giustizia, guerra e forza coabitano.

Gli anni di “Tyr” sono una parentesi tanto turbolenta quanto prolifica per la storia dei Black Sabbath

Tony Martin, il cui timbro vocale rievoca i virtuosismi di Ronnie James Dio, inizia a mettere mano alla composizione. Anche l’entrata in scena di un nuovo bassista, Neil Murray dei Whitesnake contribuisce al successo del quindicesimo album in studio dei Black Sabbath. Nonostante sia atipico per il particolare connubio di sonorità e tematiche rispetto ad altre pubblicazioni, “Tyr” è stato apprezzato da pubblico e critica. Sebbene i racconti nordici occupino soltanto tre tracce delle nove di cui l’album è composto, le restanti sei non sono prive di spiritualità.

Il doom metal svanisce per lasciar posto a tonalità power, più adatte al tipo di narrazione scelta

È il caso di “Anno Mundi (The Vision)”, la cui lirica si fa terreno d’incontro, punto di incidenza tra le potenze naturali e l’uomo a queste devoto. Il trittico di ballate in cui effettivamente entra in gioco il pantheon vichingo sono “The Battle of Tyr” “Odin’s Court” e “Vahlalla”. Poi la narrazione vira sulla liberazione dall’oppressione, dove Uomo e Lucifero si fanno artefici del proprio destino, con “Feels Good To Me” e “Black Heaven”. Composto di tracce molto eterogenee, vi diamo un piccolo assaggio di mitologia vichinga con “Odin’s Court” e “Valhalla”. Buon ascolto!