Romantico e a tratti malinconico. “Dodici Mesi” è il debut album di Luca Jacoboni, in arte Fosco17, un giovane ragazzo sensibile al mutare delle emozioni, al passare dei sentimenti come delle stagioni. Classe 1995, nato a Bologna, Fosco17 dopo una breve carriera da frontman, nella band de Le Ceneri e i Monomi, ha intrapreso il percorso da solista.
Scelta audace quella di fare il cantautore, eppure Fosco17 sembra essere molto determinato e sicuro del cammino intrapreso. Dodici quotidiane storie, che vedono lo sport, le mancate uscite il venerdì sera, la tv e la «paura di perdere al divano la mia vita» (“L’amore alla Fatica”); il tutto condito con il tocco dell’amore, che dà sapore e non annoia mai.
In “Dodici mesi” l’amore è il vero protagonista, è ciò che muove tutto: fa partire, viaggiare e tornare; senza una precisa direzione: «Tornato a casa vado a zig zag, volevo darti un bacio sul finire della notte, ho attraversato tutta la città» come canta in “Zig Zag”. In fin dei conti, però, ci si ritrova sempre ed essenzialmente soli, chiusi nelle proprie debolezze, nei silenzi, nel pianto. «Io resto solo poi quando vai via, ma non parlo della compagnia, che possiamo essere in trecento nella stessa stanza, se manchi tu mi sale l’ansia» sempre dall’ondeggiante “Zig Zag”.
Un album di storie quotidiane, le storie di tutti: Fosco17 coglie l’essenza di questo eterno, immutabile sentimento
Un album di storie quotidiane, le storie di tutti, perché è anche questo lo scopo di Fosco17: cogliere l’essenza di questo eterno, immutabile sentimento. Per descriverlo il cantautore si serve di ritmi e sonorità orecchiabili, le sue canzoni rimangono impresse, risuonano nella mente; improvvisamente ci si ritrova a cantarle nei vari momenti della giornata. Proprio come una hit estiva, come vuole lo stesso Fosco17: «Ti scriverò un altro tormentone pop» canta nella brano che apre l’album “Una Canzone Da Falò”.
Ma l’indie di Fosco17 è differente non perfettamente in linea con i dogmi del genere; piuttosto preferisce allontanarsi in direzione di quello che lui stesso definisce un pop sintetico. Battiti e tastiere, atmosfere intime e soffuse. Senza più filtri, il cantautore svela tutte le sue debolezze e, attraverso sonorità malinconiche, accompagnato dal pianoforte, racconta attimi di quell’amore che consuma e rovina, spreca e prosciuga. Inutile fingere di essere forti, Fosco17 sa che «in fondo sei un filo d’erba che cresce in mezzo al cemento»; questo è ciò che canta nel brano che chiude l’album “I Nostri Dodici Mesi”.
Gesti, sorrisi, mani fredde e maglioni d’inverno. Tutto in uno spazio di tempo indefinito, ma precisamente racchiuso in queste dodici canzoni che corrono a formare “Dodici Mesi”. La strada del cantautorato è tutta in salita, ma Fosco17 sembra già aver intrapreso la giusta direzione, raccontando di sé ma parlando di tutti. Le stagioni, come i mesi passano e noi rimaniamo in attesa della sua prossima trasformazione.