Ascoltare “Aut Aut” ed improvvisamente essere circondati da una materia leggera e luminosa, a tratti grigiastra, inquinata, tenebrosa, altri ancora bianchissima e luminescente; comunque è sempre fluida e con una struttura a rete simile ad una ragnatela e si disgrega alla luce. Quello che fuoriesce dall’anima di questo album è come un ectoplasma nella sua fase di materializzazione sonora, la stessa necessaria per la ricomposizione visiva di immagini ed emozioni a cui spesso non si pone attenzione.
“Aut Aut”, dunque, è sostanza e forma, è Andrea Biondi al vibrafono e Jacopo Ferrazza al contrabbasso; ma è anche un tappeto elettronico al ritmo del ciò che sarà: effimero, inafferrabile e maledettamente concreto. Questo tipo di progetto che vede la fusione si musica classica, live electronics e musica concreta, scaturisce da affinità elettive maturate inconsapevolmente nell’arco di oltre dieci anni di amicizia e di musica condivise.
“Aut Aut”, di Andrea Biondi e Jacopo Ferrazza, è quell’album che ti coglie impreparato, che spiazza e invita a riflettere
L’idea sembra nascere dal cortocircuito di diverse individualità artistiche che incontrandosi generavano qualcos’altro, dando vita ad un universo complesso e in costante trasformazione. Questo cortocircuito è rinnovato ogni volta che i due artisti si trovano a condividere lo stesso spazio, alle cui sensibilità è affidata la creazione su base della partitura, per associazioni e dissociazioni. “Aut Aut” è quell’album che ti coglie impreparato, che spiazza e invita a riflettere; dopo essere caduti inconsapevolmente in una trance, è in grado di esteriorizzare immagini che prendono forma e consistenza. Una rivolta degli oggetti, un incontro nel tempo fra epoche ed esperienze differenti; cinquanta minuti di distillata musica tra rivoluzione sociale ed estetica: un album d’avanguardia.
“Aut Aut” si presenta al pubblico mosso dalla volontà di restituire agli ascoltatori proprio quello spazio utopico di creatività attraverso la manipolazione dei suoni in tempo reale. Gli artisti accingono a creare le condizioni per trasmettere un’esperienza, reinventando il gioco musicale, utilizzando alcuni materiali originari come le parole, messaggi vocali; ma anche l’idea di sospensione, i rimandi di frammenti di spazio tramite rumori. “Aut Aut” si apre con “Groovy”, un brano che parte dall’idioma jazzistico dell’improvvisazione e si trasforma in un’elettronica contemporanea dal sapore tribal.
“Aut Aut” apre la nuova musica allo stupore e alle possibilità dell’incontro, tanto fisico quanto metaforico.
L’album trova la sua essenza in un lavoro che colpisce energicamente ed emotivamente chi lo ascolta; il tutto con un tocco di rimarcata leggerezza con cui tutti gli elementi vengono amalgamati assieme. “Tia Mak”, invece, chiude il disco: brano dalle sensazioni angosciose e liberatorie. È la quiete dopo la tempesta, i fumi che rimangono e si librano leggeri e inermi nel cielo. Andrea Biondi e Jacopo Ferrazza, in dialogo con lo spazio e con il proprio tempo, incarnano lo straniamento e le tensioni di un presente diviso fra la mercificazione e libertà; “Aut Aut” apre la nuova musica allo stupore e alle possibilità dell’incontro, tanto fisico quanto metaforico.