Diamo il benvenuto su Music.it a Daniele Barsanti. Prima domanda per rompere il ghiaccio: raccontaci qualcosa di divertente o di imbarazzante che ti è successo in studio o su un palco.
Io mi ricordo che 2018, quando suonavo in apertura a Francesco Gabbani, nell’ultima tappa del tour ad un certo punto saltò tutto l’impianto audio. Eravamo dietro al palco, pronti per salire, mentre incitavo il pubblico di botto si spegne tutto di botto. Panico totale. Tutti ci guardiamo come per dire “e adesso che cavolo facciamo?”, poi a un certo punto mi viene l’idea. Sai quelle idee che in 20 secondi ti svoltano la giornata, ecco una cosa del genere. Allora io inizio a gridare al pubblico, “no ma se non urlate più forte noi non usciamo”. Alla fine grazie a questa idea abbiamo avuto modo e tempo di resettare tutto e siamo riusciti a partire con il concerto. Abbiamo sudato freddo per 20 secondi. I 20 secondi più brutti della mia vita perché non sai se è una cosa che puoi risolvere o se è una cosa che ti blocca il concerto. In quei secondi mi è passata davanti ogni idea per risolvere la serata: suonare in acustico, raccontare una barzelletta cose così insomma.
Parliamo di “Fuori dai locali”, come nasce questo brano e dove vuole arrivare?
Io spero che il brano arrivi lontano [ride] perlomeno fuori da tutti i locali d’Italia. “Fuori dai locali” è una canzone che nasce di notte e durante una delle mie solite “vialate”. Cioè prendo la macchina e inizio ad ascoltare musica mentre guido in giro. Poi a un certo punto mi viene un’idea ed proprio così che è nato questo pezzo: ero in giro e ho visto una finestra con la luce accesa. Mi sono immaginato che questa persona, ancora sveglia a quell’ora della notte, avesse qualche pena da scontare come me. Alla fine quando uno non riesce a dormire vuol dire che ha una pena da scontare nei confronti di se stesso e dei suoi pensieri. Più che una canzone d’amore è una canzone di condivisione di una pena notturna. Certo adesso non si può più uscire di notte, ma al tempo si poteva ancora fare.
E adesso che siamo tutti realmente fuori dai locali, il tuo brano come sta vivendo questo periodo?
Io credo che la canzone faccia comunque il suo corso perché fortunatamente non deve rispettare le leggi dei DPCM. Le persone ascoltano musica in ogni momento e in questo ambito è ancora tutto nella normalità. La sto vivendo diversamente io perché mi rendo conto che in questa fase è realmente difficile essere creativi. La realtà è tremendamente diversa rispetto a prima e io la vedo ancora come una situazione momentanea che vorrei finisse il prima possibile. Però la canzone ha il suo sviluppo; essendo una cosa che sta nell’aria e che non si può nemmeno definire rimane un’emozione che si muove e che le persone possono cogliere quando e dove vogliono.
“Fuori dai locali” anticipa il tuo prossimo disco che uscirà nel 2021. Puoi dirci qualcosa in più del tuo prossimo lavoro?
Sinceramente anche noi siamo in fase di creazione e vediamo il disco formarsi piano piano. Sicuramente sarà una raccolta di canzoni che hanno tutte come fil rouge la mia scrittura. La mia idea è cercare di definire il mondo creativo dell’artista già dalle prime righe. Diciamo che concettualmente si inizia a sentire un sentimento comune tra “Fuori dai locali”, “Le commesse” e i prossimi pezzi che usciranno. Sono canzoni molto autobiografiche che parlano della vita fino ai 30 anni e quindi parlano di notti, di sentimenti e anche di cose più personali. Sarà un disco sincero.
Far uscire un singolo e un disco in questo periodo è una cosa rischiosa e coraggiosa. Come stai e come sta la tua musica?
Questa musica che senti adesso tendenzialmente è un’elaborazione di quest’anno e dell’anno scorso. Secondo me la risposta artistica di questo periodo la sto avendo ora e probabilmente uscirà il prossimo anno o ancora più avanti. Per far uscire un disco c’è tutto un lavoro che ti porta a fare scremature, modifiche e cose da selezionare. Quindi ci vorrà molto tempo. Probabilmente parliamo di cose che ascolteremo il prossimo anno, però voglio essere positivo ma credo che troveremo una soluzione il prima possibile . Spero che il vaccino possa essere una cosa definitiva e mi auguro che per settembre 2021 ci saremo messi alle spalle questo problema, soprattutto per far riprendere la musica live. Cioè fare musica e poi non riuscire a suonarla dal vivo, secondo me ha anche poco senso.
Però secondo molti la ripresa della musica live ci sarà già da marzo del prossimo anno.
Se parliamo di addetti del settore penso che più che altro se lo augurano. Credo che dipenda dal tipo di eventi: se parliamo di eventi da massimo mille persone, allora credo anche che questa estate qualcosa si potrà fare. Se parliamo, invece, di eventi più grossi la vedo difficile; credo sia una prospettiva piuttosto ottimistica. Lo spero, ma onestamente la vedo dura perché parliamo di un numero di persone enorme che si muove e tra il pubblico e lo staff dell’evento sarebbe davvero difficile controllare tutto. Poi se parliamo di fare dei controlli specifici viene da pensare a quanto potrebbe costare un biglietto. Insomma sono già eventi con un certo costo e aggiungere anche il prezzo, ad esempio, di un tampone il giorno prima e via dicendo, credo che non sia una cosa facilissima. Bisogna anche mettersi nei panni delle persone.
E poi non esistono nemmeno alternative al concerto vero e proprio, no?
No, certo. La musica live è bella perché deve essere vissuta liberamente. Puoi essere ubriaco e stare con i tuoi amici; goderti il concerto mano nella mano con la tua ragazza; puoi portarci un genitore anziano. Insomma, la musica è libertà e se viene meno questo concetto è come se volessimo ascoltare un concerto dentro una stanza dove il suono ribatte da un metro a un metro. Non c’è diffusione, non c’è libertà e la musica va lasciata libera. Per fare questo bisogna pensare prima alla sicurezza e oggi come oggi è una cosa dissonante col mondo di adesso. Ti ripeto, spero che a settembre ne usciremo ma in tutta onestà la vedo difficile. Poi magari ci sarà un cambio di rotta e sarei io il primo ad esserne felice.
Quindi tu non credi in queste alternative, tipo i concerti in streaming?
Assolutamente no. Lo streaming non è un’alternativa plausibile. Il futuro non è fatto di persone che stanno chiuse in casa con gli occhiali 3D e le cuffie che fingono di ascoltare un concerto. Credo sia una cosa sbagliata. La musica non è nata così e non finirà così. Per adesso è un’alternativa ma non può sostituire il live per nulla al mondo.
Però, a suo tempo, qualcuno propose i concerti Drive-In.
Mah mi è sembrata un’alternativa divertente per i primi 10 minuti. Forse perché mi ha ricordato gli anni ‘50 con una visione molto americana del cinema. Però no, credo non abbia senso. Potremmo fare anche più danni con una soluzione del genere; pensa al traffico all’inquinamento, no non credo sia una cosa fattibile. Non credo si possa risolvere il mondo con le soluzioni di una volta. Le cose sono così cambiate che bisogna necessariamente trovare soluzioni diverse. Credo che servano altre soluzioni che però, al momento, nemmeno il Governo ci ha dato e, anzi, ci ha abbastanza messo da parte.
Secondo te cosa succederà dopo? Quale futuro per la musica?
Secondo me il problema di adesso è che diamo troppo seguito a certi personaggi che non hanno molto a che fare con la musica e la cultura. Credo che alla musica non venga sempre dato il giusto riconoscimento che merita. Sai io non dico di essere contro ma sono anche stanco della Trap e di cose del genere perché porta avanti un ideale culturale che non esiste. Parliamo di una moda che è sfociata in esagerazione e nel dimostrare delle cose che non c’entrano con la musica e la cultura.
Certo è un discorso difficile e io divento pesante e faccio la figura del nonno che l’ha coi giovani [ride]. Voglio sottolineare che non ce l’ho coi giovani e,anzi mi piace anche qualche artista del genere. Non mi piace la direzione verso cui sta andando la musica.
E quale è questa direzione?
Ti faccio un esempio: pensiamo a un programma di editing audio importante, senza fare nomi. Lui ti propone armonie e accordi; ti fa scegliere tra mille cose che tu puoi fare ma puoi benissimo non sapere cos’è un Do maggiore. Da musicista, e io non sono Chopin, magari sto giorni e giorni a cercare di capire perché, ad esempio, Cesare Cremonini ha messo quella nota in quel pezzo che sta così bene, arriva un programma e mi toglie quel gusto. Se la musica deve finire in masturbazione, allora facciamoci una bella sega e scusami la volgarità. L’amore è l’amore. Far l’amore è un’altra cosa. Arrivare all’orgasmo è una cosa a parte. La musica non è prendere un tempo e ficcarlo dentro un programma. Quello è una cosa divertente, forse, ma non è una canzone. Purtroppo però stanno andando tutti in quella direzione e la gente non capisce che anche chi non segue quella cosa è un artista e deve essere considerato tale.
E il mondo dei lavoratori dello spettacolo?
Guarda, a questa domanda non saprei come risponderti. Anzi è una cosa che mi fa arrabbiare perché vedo un atteggiamento di disinteresse sia per i lavoratori dello spettacolo che per gli artisti considerati minori. Credo sia una situazione proprio insostenibile perché non si può bypassare una categoria così importante senza fare nulla. È proprio una situazione che mi dà noia ma la politica ha sempre dovuto fare una doppia faccia per far quadrare i bilanci, quindi deve togliere da una parte per darne a un’altra. La musica siccome non è un introito così importante per dare viene sempre lasciata per ultima. La musica è una di quelle cose che fa star bene le persone, come le chiese solo che le chiese restano aperte e i concerti no. Credo bisognerebbe dare più attenzione a tutte le cose che fanno star bene le persone e non solo ad alcune.
È vero però che la musica ci ha aiutato molto in questi mesi. Che ne pensi dell’importanza delle manifestazioni culturali in tempi di lockdown?
Io non sono mai uno di quelli che parte con la voglia di fare questo tipo di cose. Però con il primo lockdown ho capito di trovarmi davanti a qualcosa di completamente nuovo che mi ha portato a rivalutare molte cose. Allora ho pensato di fare una canzone assieme alle persone che mi seguono sui social. Cioè attraverso le storie di Instagram ho pensato di dare alle persone la possibilità di scegliere cosa suonare, scegliendo tra un giro di chitarra al posto di un altro ecc. Il risultato di questo esperimento è qualcosa di importante perché mi ha permesso di scrivere qualcosa assieme alle persone che mi seguono. L’appuntamento è andato avanti per una decina di giorni e mi sono reso conto che questa cosa faceva bene alle persone.
Immagino sia stato gratificante.
È stato interessante ma anche complesso perché bisognava dare alle persone un qualcosa da scegliere che fosse fruibile anche per i non addetti ai lavori. La gente aveva bisogno di non sentirsi abbandonata e questa cosa ha aiutato sia loro che me. La musica ci ha dato modo di vivere una socialità diversa ma anche se la gente è stanca e vorrebbe una cosa più fisica, penso che questa cosa ci abbia aiutato a sentirci più vicini.
Dove ti collochi nella scena musicale italiana? Ti senti integrato o c’è qualcosa che cambieresti?
Io sono abbastanza in linea con quello che è il gusto della scena. Poi il termine “scena” secondo me si legge sempre a distanza di un anno, perché tra un anno capiremo la musica del presente. Io mi posso inserire facilmente nel mondo dell’indie pop ma credo che le canzoni siano solo canzoni. Scrivere per essere inscatolato in una categoria credo sia una cosa sbagliata. Molte persone che conosco scrivono per essere vicine a questo o quell’artista, ma credo sia un errore; non possiamo diventare dei formati inscatolati e preconfezionati, bisogna mantenere la propria personalità. La musica deve essere credibile e la roba di “mercato”, secondo me spesso è poco credibile e non ha quella personalità necessaria.
Ultima domanda, il classico “fatti una domanda e datti una risposta”. Che puoi dirci?
Proprio come Marzullo, io lo amo tra l’altro!
La mia domanda è: riuscirò mai a sentirmi fino in fondo un artista senza che gli altri mi debbano definire come tale?
Io mi rispondo: spero di sì. Perché l’artisticità, definiamo anche questo nuovo termine [ride], è una cosa personale che non va giustificata mai. Più riesco a non giustificarmi e più sono libero e scrivo cose belle.