Ciao Oscar e benvenuto sulle pagine di Music.it. Per iniziare vorrei partire da una curiosità. Tu sei stato a New York, dove hai iniziato ad apprezzare la musica da giovane. Hai un ricordo particolare di quella New York degli anni ’70 da raccontarci?
Il ricordo di quel viaggio è talmente lontano che recuperarne i particolari diventa difficile. Era comunque l’estate del 79′ e soggiornai con mio zio Sergio, chitarrista bassista nonché capo orchestra per Costa Crociere, in un railroad flat sulla 50esima strada e 11esima Avenue. Ricordo che abbiamo girato pochissimo la città e soprattutto evitato scrupolosamente la metropolitana perché ritenuta pericolosissima, si camminava per strada con la paura di essere rapinati mentre i senza tetto dormivano ovunque. Zio passava intere giornate a provare gli assoli di Jimi Hendrix e Carlos Santana, alternati all’arpeggio di “ Giochi Proibiti “ e io lo ascoltavo letteralmente rapito da quelle note e da tanta abilità.
Posso solo immaginare.
Qualche volta la sera, con un suo amico di Roma, siamo andati in un bar frequentato da aspiranti artisti, romanzieri e creativi di ogni genere che discutevano per ore. Credo che si scambiassero idee e condividessero progetti. Io non capivo una parola, tuttavia ero affascinato da quel discutere così appassionato. Quest’esperienza sebbene vissuta a 12 anni soltanto, credo abbia segnato il mio percorso artistico ad un livello inconsapevole. Infatti il mio riferimento a quel viaggio è sempre presente in ogni mio racconto autobiografico.
Il tuo percorso musicale è davvero molto variegato e ricco di contaminazioni. Quali credi siano però gli artisti maggiori ai quali ti sei ispirato durante tutti questi anni?
Più che ispirarmi ho lasciato che la musica mi coinvolgesse e mi contaminasse. Dovrei fare un elenco lunghissimo di generi e di artisti che ho ascoltato e interpretato. Provo senza pensarci troppo a dirti alcuni nomi: Rino Gaetano, Pino Daniele, Carlos Santana, Jimi Hendrix, Elton John, Joe Cocker. Nel comporre, non ho mai scelto però un riferimento, mi sono sempre lasciato guidare da quello che sentivo a livello subliminale.
Ora è uscito il tuo singolo “The Black Swan”, raccontamelo in poche parole, come se non lo avessi mai ascoltato.
“The Black Swan” rappresenta la vita stessa, che nel suo divenire, ci mette spesso davanti a scelte da fare e a imprevisti da superare. Anche quando tutto sembra filare liscio, come nelle belle storie d’amore, un imprevisto può ricondurci nella dura realtà precaria della nostra esistenza. Dal punto di vista musicale mi piace molto il piano e l’assolo di chitarra acustica mentre l’arrangiamento mi appare ben strutturato. Nel complesso credo sia un singolo che valga la pena di essere ascoltato.
Il singolo anticipa l’uscita del tuo primo album. Puoi anticiparci qualcosa su questo lavoro?
Il mio primo album sarà l’emblema del mio percorso musicale. Due tracce in stile cantautoriale: “Non ci credo più” e “Tempo libero” in italiano, riflessioni sulla vita e sul tempo che trascorre inesorabilmente e che vede giornalmente dissolversi illusioni. La speranza di un mondo migliore è riposta nelle giovani generazioni e nei bambini. Altre due tracce in inglese in stile indie pop: “The Black Swan” e “Retro”. Anche i questo caso prevale una vena malinconica, tuttavia le sonorità sono decisamente più movimentate e ricche per richiamare uno stile anni 70’/80′ anche nell’utilizzo degli strumenti. Le ultime due tracce del disco invece, per muoversi e ballare con utilizzo di sintetizzatori e beats più moderni. Per i titoli delle ultime due tracce sono ancora molto indeciso, ci sto pensando.
Credi che nel 2020, era della musica digitale, la musica analogica possa ancora avere il valore che le si attribuiva fino a qualche anno fa? Oppure andiamo incontro a un mondo dove gli strumenti tenderanno a scomparire?
Sono un amante nostalgico degli strumenti veri. Tuttavia in un mondo che va sempre più veloce l’utilizzo degli strumenti digitali diventa quasi un obbligo. Teniamo anche conto, che una produzione con strumenti digitali, prevede dei budget molto più contenuti e, visto che la musica non si vende più, molti vi ricorrono perché altrimenti non sarebbero in grado di tenere su la baracca. Personalmente compongo utilizzando sempre almeno uno o due strumenti veri oltre alla voce, parto sempre da lì per le mie composizioni. Credo però che non si possa, in ogni caso prescindere, dalla conoscenza e dallo studio della teoria musicale e di almeno uno o due strumenti anche qualora si decidesse di fare largo uso del digitale.
Oltre l’album, hai già altri progetti per il futuro?
Se sarà possibile, mi piacerebbe organizzare un tour per presentare l’album. Mi stuzzica l’idea di comporre una squadra di musicisti con cui condividere questo progetto, ci sto pensando seriamente e mi sono già mosso per contattare gli strumentisti che potrebbero fare al caso. Tutto dipenderà da come evolverà la situazione pandemia. Queste sono le cose che possono essere definite progetti. Per quanto riguarda le cose che mi piacerebbe fare l’elenco sarebbe, anche in questo caso, lunghissimo. Non mettiamo limiti alla provvidenza ma atteniamoci a quello per cui sto già lavorando.
È stato un piacere scambiare qualche parola con te. Ti lascio le ultime righe per chiudere questa chiacchierata come meglio credi.
Voglio concludere ringraziandoti di avermi dato l’opportunità di parlare un po’ di me stesso e della musica in generale. Colgo anche l’occasione per salutare tutti i lettori di Music.it. La speranza è che si possa tornare a svolgere una vita normale e fare musica dal vivo, oltre che per il piacere di farlo, anche perché il settore che vede impiegate molte persone che in esso vi lavorano.