Bruce Springsteen, il Boss, spegne 70 candeline. Musicalmente parlando, Bruce Springsteen è una di quelle figure fondamentali della storia della musica a stelle e strisce. Di questi 70 anni appena trascorsi, circa 50 sono stati vissuti in strada e su un palco, cantando l’America degli ultimi, quella “popolare”. Quel Nuovo Mondo fatto di campi, di fabbriche e di viaggi in solitaria come i veri cowboy.
The Boss ha avuto una carriera musicale davvero invidiabile che ha raccontato circa 50 anni di storia e cultura Americana. Ben 19 dischi in studio e una serie di live praticamente infinita, il Boss inizia la sua carriera nel 1973 e a 70 anni non sembra avere nessuna intenzione di fermarsi. È di poche settimane fa il suo ultimo capolavoro “Western Stars”, al quale seguirà un documentario che per la prima volta lo vede dietro la macchina da presa.
Bruce Springsteen, quasi 50 anni di carriera e 19 dischi.
Per celebrare i primi 70 anni del Boss e i suoi quasi 50 anni di carriera andiamo a vedere quali sono i dieci brani leggendari che hanno fatto la storia di questa icona della musica.
“Kitty’s Back” da “The Wild The Innocence & The E-Street Shuffle”. Questo è un brano dall’anima rock, impreziosito però da sfumature soul e R&B diventa l’emblema di un disco che porta Bruce Springsteen verso queste sonorità “inedite” ma decisamente affascinanti. “Kitty’s Back” vibra su una sorta di sotto testo jazz miscelato alle esperienze sonore di cui sopra. Un brano molto suggestivo che profuma di libertà e di quel sound tipico di New Orleans e locali fumosi.
“Backstreets” classe1975, da “Born To Run”. Brano legato al disco che, realmente, ha fatto il succeso planetario di Bruce Springsteen. “Backstreets” può essere considerato uno dei brani che meglio rappresentano la produzione musicale del Boss. Un brano denso di nostalgia è ancora oggi quasi una certezza durante i live, grazie anche a quel famoso intro di pianoforte che ogni volta mette i brividi.
Bruce Springsteen: la carriera e la libertà
“Born to run” è stato e sarà in eterno uno dei grandi inni del rock. Dietro la classica storia di una fuga per le sterminate strade americane, si cela la celebrazione di un sogno, giovanile forse, e del desiderio di libertà dell’allora ventenne Bruce Springsteen. Anche questo è uno dei brani più rappresentativi del Boss e uno di quei pezzi che raramente manca dalla scaletta dei concerti.
“Badlands”, classe 1978 da “Darkness On the Edge of Town”. Forse il disco più “rabbioso” di Bruce Springsteen. La perdita dell’identità e la disillusione fanno da sfondo al tratto tipico del Boss nel ricercare una speranza e, comunque vada, una via d’uscita. “Badlands” è un brano immortale che ancora oggi a distanza di anni mantiene intatta la sua potenza e la sua straordinaria bellezza, soprattutto durante i live.
“The River” dal disco omonimo. Un brano e un disco indimenticabili nei quali Bruce Springsteen canta ancora una volta le dolorose vicissitudini della vita tra la speranza e la perdita di identità. Un pezzo leggendario con quella armonica a bocca sul ritornello che ogni volta colpisce l’ascoltatore come un pugno in faccia.
“State Trooper” dall’album “Nebraska”. Un brano e un disco dove viene alla luce un rock più spettrale e dai toni disperati. Forse l’unico vero disco del Boss dove la perdita di speranza è più viva che mai. “State Trooper” è un brano affilato dove chitarre e armoniche a bocca sembrano quasi urlare disperate per la sconfitta di questo Sogno Americano. Un disco abbastanza unico che paradossalmente ha conquistato chi non ha mai amato The Boss e ha scoraggiato i fans della prima ora.
Bruce Springsteen una vita sulla strada tra gli ultimi
“Downbound Train” da “Born in the Usa”, un disco che ha cambiato radicalmente la storia del rock. Un brano inserito in un disco dal taglio quasi “pop” ma con testi e significati tutt’altro che gioiosi o leggeri come quelli del pop. Con “Born in the Usa” Bruce Springsteen riesce a dare una prospettiva “di massa” al rock ma senza snaturare l’importanza dei temi trattati. “Downbound Train” è il racconto della perdita del lavoro e dell’identità in un’America che non ha mantenuto le promesse del Sogno Americano.
“Dancing in the Dark” una canzone che da sola decretò l’immediato successo di “Born in the Usa”. Uno dei brani più famosi di Bruce Springsteen dove questa vena da “tormentone” si dimostra come un grave atto di accusa verso la propria nazione e verso la Guerra del Vietnam. “Dancing in the Dark” è stato il singolo di maggior successo del Boss oltre che uno dei brani immancabili durante i live.
“The Ghost of Tom Joad” dal disco omonimo. Una ballad dai toni rabbiosi che ci porta nelle strade di un’America violenta e disillusa. Un brano entrato nella storia anche grazie alla versione live con Tom Morello dei Rage Against The Machines. “The Ghost of Tom Joad” è un brano dalle tinte cupe dove il Boss diventa ancora una volta portavoce degli ultimi e dei reietti della società
“Western Stars” dal disco omonimo uscito poche settimane fa. Un brano che segna il ritorno di Bruce Springsteen alle origini, al binomio voce-chitarra. Un viaggio sonoro e concettuale su strade interminabili e sogni caduti. In “Western Stars” la musica fa da collante tra storie di vita vissuta e quella continua ricerca di una redenzione dopo una sconfitta, tra panorami desertici e il volto scomparso di una nazione.
Questi brani sono solo una piccola goccia nella produzione musicale di un artista del genere, ma comunque riescono a riassumere il percorso sonoro intrapreso da quel 1973.
A 70 anni Bruce Springsteen è ancora oggi una delle icone del rock, capace ancora di emozionare. Tanti auguri Boss, cento di questi giorni.