Ci sono casi in cui il soprannome ha la meglio sul nome proprio, come per David Howell Evans. Con l’umorismo che caratterizza gli inglesi, ha accolto il nomignolo che gli è stato affibbiato per ragioni fisionomiche. Con il tempo The Edge non descriveva più i suoi spigolosi tratti somatici, ma il suo sperimentalismo spinto sempre al limite. All’alba dei suoi 58 anni le classifiche di Rolling Stone lo danno, a ragione, tra i migliori 40 chitarristi di sempre. I virtuosismi tecnici non sono tutto per un musicista. E The Edge lo sa bene. Alcuni accorgimenti pratici hanno reso il sound emesso dalle sue chitarre inconfondibile. L’utilizzo delle distorsioni per lavorare sul ritmo anziché sugli effetti è una delle sue note caratteristiche.
Grazie alla ricerca continua sul suono, The Edge e gli U2 restano sulla cresta dell’onda da 40 anni
Nasce in Galles, ma studia pianoforte e chitarra a Dublino. Lì incontrerà Paul Hewson e gli altri membri degli U2. C’è stato un momento storico in cui David Evans e Bono Vox per motivi religiosi e politici avrebbero voluto smettere di suonare. Probabilmente la scelta voleva essere un modo per essere solidali con le agitazioni dei prigionieri di Belfast nel 1981. I repubblicani si toglievano il cibo, e gli U2 la musica. Fu il batterista Larry Mullen a tirarli per le orecchie, facendo della composizione un canale di protesta. Tracce come “Sunday Bloody Sunday”, “Where The Streets Has No Name” e “Bad” scuotono la coscienze. I riff di The Edge sono violenti come scintille di fuoco che zampillano via dal ferro al momento della lavorazione. Un effetto il chitarrista ottiene utilizzando corde leggermente più spesse della media e girando il plettro.
The Edge utilizza le distorsioni come strumento di lavoro sul ritmo della frase
La continuità nell’arco di 40 anni di una band dipende anche dalla ricerca continua che i membri attuano sulla propria identità. Non si tirano indietro di fronte all’impresa di “Pop”, un album in cui l’anima è la contaminazione con l’elettronica. Non si tirano indietro da ballate evocative fino allo spiritualismo come “With Or Without You”. Ma se in studio accade tutto comodamente da casa, possiamo solo immaginare l’ingente arsenale di pedaliere e chitarre con cui The Edge e compagni affrontano la dimensione del live. Che poi,i concerti sono quel momento magico in cui le tracce si amplificano attraverso il riverbero delle emozioni da persona a persona. Auguriamo a The Edge mille altri concerti sempre ‘al limite’ e altre spettacolari interruzioni di traffico!