La prima cosa che si nota appena messo su l’album è la forza con cui Morris (voce e chitarra) “maltratta” i suoi tormenti e li martella a suon di potenti accordi. Non è un processo che avviene in modo violento, ma piuttosto con la giusta confidenza. Il tono che i The Mills hanno assunto in “Cerise” non è affatto cupo, anzi sembrano voler dare del tu a questa fase di rimozione dei propri demoni.
I The Mills con “Cerise” offrono un punk più “a colori” rispetto a come siamo abituati a pensarlo nella sua classica iconografia da chiodo di pelle nera
Pompa dalle casse una sorta di punk alleggerito, se così possiamo dire, un punk quasi light, dai toni maggiori e a tratti allegro. Un punk più “a colori” rispetto a come siamo abituati a pensarlo nella sua classica iconografia da chiodo di pelle nera e rabbia (nera pure quella). Si sentono molte influenze che sicuramente pongono i The Mills fra i gruppi a forte impronta derivativa, che non è per forza un male chiaramente.
Ovvio, questo stile presenta una serie di svantaggi come ad esempio l’evidente calco che hanno messo in pratica in più di un brano e il paragone con i big del genere viene immediatamente, facendo andare “Cerise” in qualche modo in secondo piano. Con buona probabilità i The Mills si sono scontrati col grande problema dell’imporsi fin dal disco d’esordio solo ed esclusivamente grazie alla propria forza. In “Cerise” si sono appoggiati al bastone della loro formazione musicale (esasperandolo in alcuni casi) anche per ridurre i rischi. Sono certo però che già dal prossimo lavoro discografico le cose andranno diversamente, e chi se ne frega se Caparezza diceva che il secondo album è sempre il più difficile nella carriera di un artista!