Quando si dice che dopo la discesa può esserci solo la risalita. Non che gli Scimmiasaki abbiano mai fatto dubitare della loro capacità di fare musica e di poter creare un proprio gruppo di fedeli. Ma dopo l’ep “Collasso” che già dal titolo lasciava presagire tinte più scure, i quattro ragazzi tornano dopo tre anni con un nuovo album. “Trionfo” appunto, è una ventata di ottimismo rock. Dieci tracce sincere e sfacciate che salgono dal basso come braccia in cerca d’aria in un mare di terra. Un album che non disdegna il tempo che ci è voluto per produrlo, per metabolizzare quello che improvvisamente accade nella vita e trasformarlo in sano rock.
Un silenzio tormentato quanto necessario quello che ha separato i due primi lavori degli Scimmiasaki. Tre anni di inquietudine e di emozioni travagliate che hanno infine trovato il modo per uscire e trasformarsi nuovamente in musica. Quella rock che ancora combatte per non essere sovrastata da altri generi che oggi intossicano al nostra discografia. Stessa scuola di nomi più grandi ai quali i Scimmiasaki si accostano comunque con dignità: Fast Animals and Slow Kids, Ministri, Gazebo Penguins, sono solo alcuni che hanno aperto la strada per “Trionfo”. Non è un caso infatti che l’album sia stato prodotto da Andrea “Sollo” Sologni.
“Trionfo” degli Scimmiasaki è un album che non disdegna il tempo che ci è voluto per produrlo, per metabolizzare quello che improvvisamente accade nella vita e trasformarlo in sano rock
Tutte band queste, che non rinunciano a un rock più sincero possibile, che tengono alla larga i puristi e le etichette, la perfezione di genere. Band insomma che vanno dove va lo stomaco anziché la moda. “Trionfo” è un album che vive degli anni passati e di una rabbia che crescendo lascia spazio agli impegni e agli ostacoli, senza però rinunciare alla ribellione. Ribellione alla provincia, da cui i Scimmiasaki provengono, ribellione a una generazione sempre più virtuale, a una società che non conosce compassione. Ai dolori che la vita ci mette inesorabilmente davanti, fino a quando poi iniziamo a spingere.
“Trionfo” si apre con “Giardini”, dove sembra fare capolino anche un certo gusto del punk americano. Una dichiarazione a inizio percorso, con cui gli Scimmiasaki cercano di mandare i primi impulsi per un risveglio. Con “Giostra” si avverte quella giusta malinconia che ci spinge a ricercare solo in noi stessi le giuste motivazioni per andare avanti. “Denti” invece è la canzone politica di “Trionfo”, una canzone per chi – come disse Nanni Moretti in uno dei suoi film – non sarà mai a proprio agio con la maggioranza. Così, lo stesso rifiuto all’omologazione possiamo ritrovarlo ne “Il Pianto”, dove gli Scimmiasaki raccontato una società che ha perso i propri cardini.
“Trionfo” è un album che vive degli anni passati e di una rabbia che crescendo lascia spazio agli impegni e agli ostacoli, senza però rinunciare alla ribellione.
Anticipa l’uscita di “Trionfo”, l’omonimo singolo, non a caso il pezzo più potente di questo lavoro. Una canzone che racconta la forza che serve per lottare. Qui nasce la consapevolezza di doversi giocare l’anima per poter gustare la vittoria. “Caro Mio” è la canzone più intima di “Trionfo”, una dedica a una persona scomparsa, mentre “Merda” è la critica per nulla velata al degrado sociale a cui i social ci stanno portando. Chiude l’album “Vorrei”, la finale esaltazione della propria forza di volontà. “Trionfo” è un album che non vive di eccessi ma che non si risparmia ma. In perfetto equilibrio tra privato e collettivo, apre di diritto la strada a una band che ha iniziato a fare sul serio.