Oggi diamo il benvenuto su Music.it alla formazione delle Cose Difficili. Ragazzi, iniziamo subito con una domanda di rito: avete un aneddoto legato alla musica a cui tenete particolarmente?
Così a bruciapelo non saprei dirti, il fatto è che siamo amici e collaboriamo da molti anni per cui ce ne sarebbe tanta di roba da raccontare. E forse è meglio evitare per il momento, non vorrei giocarmi subito i vostri lettori, scherzo!
La vostra band è l’incontro di tante realtà musicali, dimostrando come la varietà possa essere un grande punto di forza. Cantautorato, elettronica, funk, hip hop: come si arriva a qualcosa di comunque coerente?
Beh, in realtà io credo che questa cosa sia più che possibile e soprattutto esiste una scena che sta crescendo notevolmente in Italia. A livello internazionale invece devo dire che i riferimenti sono tantissimi e soprattutto realtà già ben strutturate. Di base credo sia una questione di coerenza e di linguaggio.
Il 12 aprile uscirà in digital download per Lumaca Dischi, il vostro primo EP omonimo. Quali sono queste cose difficili a cui vi riferite?
Di certo il nome è legato ad un brano dei Casino Royale che per noi in qualche modo rappresenta un punto di incontro, un testo notevole, un beat da paura, il funk, la sperimentazione, la tradizione, insomma il sunto di tutto quello che in qualche modo ci interessa.
“Cose Difficili” è, appunto, anche un omaggio ai Casino Royale. Quali sono le altre band o gli altri artisti che amate particolarmente e a cui vi ispirate?
Tutta la scena torinese e milanese degli anni ’80 e ’90 ha sicuramente giocato un ruolo importante nella mia formazione. Detto ciò io ho iniziato a fare musica ascoltando rocksteady, roba in levare, passando poi al soul e al funk, per cui ti direi, gli Africa Unite, i Bluebeaters e tutta quella fetta da un punto di vista identitario. Scontato citare Marvin Gaye, Curtis e quella generazione di fenomeni. Al momento ti direi che le cose che ascolto di più sono Anderson Paak e il nuovo disco di Davide Shorty con la Funk Shui Project.
L’uscita dell’EP è stata anticipata dal singolo “È Tempo” e dal suo videoclip girato interamente in maniera autoriale.
È stata una scelta artistica quella di non optare per un classico videoclip? Si decisamente, questo EP nasce da un esigenza di verità assoluta, innanzitutto verso noi stessi. È stato ed è un momento di forte riflessione e critica personale e gli artefatti al momento abbiamo deciso di lasciarli fuori, con tutto il rispetto per i video tradizionali, che in passato abbiamo fatto e che comunque a me continuano a piacere molto se fatti bene.
Cosa vi aspettate voi e soprattutto cosa dobbiamo aspettarci noi dopo questo esordio? Un album full length e un tour magari?
Si, collaboriamo da poco, attraverso la nostra etichetta, con un booking che sta organizzando un giro per l’estate, per cui la cosa che ci interessa al momento è crescere come band attraverso i live. Abbiamo fatto questo EP per metterci in gioco, anzi in moto, dopo l’estate vedremo come fare per le prossime uscite, di certo continuiamo incessantemente a produrre per cui il materiale non manca!
Cose Difficili, grazie per essere stati con noi e averci fatto compagnia. Come da tradizione vi lasciamo questo spazio bianco da riempire con tutto quello che volete! A presto!
Per ringraziarvi dello spazio che ci avete concesso: speriamo di beccarci presto con novità sulle date o magari di vederci direttamente sul campo! Cose Difficili è un progetto onesto,vi proponiamo quello che siamo: speriamo piaccia e speriamo di poter portare la nostra musica, le nostre idee, il più possibile live, visto che siamo profondamente convinti che quella sia la giusta dimensione per fare e parlare di musica.