Ciao Dadàmo, benvenuto! Siccome non ci piacciono le cose convenzionali raccontaci qualcosa di legato alla musica che nessuno conosce di te.
Nonostante sia un cantautore che tendenzialmente scrive canzoni tristi e in alcuni casi testi impegnati, provo un’adorazione sfrenata per la musica allegra, leggera e non impegnata. Sotto la doccia fingo di essere Justin Timberlake con risultati abbastanza discutibili.
Dall’esordio hard rock all’acustico, facendo l’occhiolino al brit-pop. Cosa ti ha portato verso questa metamorfosi? Quali influenze ti hanno sedotto e diretto verso il cantautorato?
Quella dell’hard rock è stata la classica parentesi adolescenziale. Verso i 18 anni ho iniziato ad ascoltare pop e soul, ma la metamorfosi è avvenuta durante il percorso di formazione che ho vissuto all’Officina Pasolini. Lì, infatti, grazie al confronto con gli altri cantautori e agli ascolti che ci facevano fare ho iniziato a scrivere i miei primi brani in italiano. I cantautori che mi hanno accompagnato in questo cambiamento sono stati Lucio Dalla, Francesco De Gregori, Daniele Celona, Zibba, Fabio Concato, Joe Barbieri. Dei bei compagni di viaggio insomma!
Di recente sei stato ospite del teatro Arciliuto presentando un brano intitolato “Mille colori”. Un motivo allegro con un testo che tocca forti tematiche, sbaglio? Cosa cerchi di comunicare al tuo pubblico?
Con “Mille colori” ho voluto raccontare la storia di Betsy Davis, una signora malata terminale di SLA che, prima di ricorrere all’eutanasia, ha organizzato una festa invitando tutti i suoi cari con l’unica regola di non piangere. Quando ho letto l’articolo che la riguardava, sono rimasto profondamente colpito e ho iniziato a scrivere il brano. L’ho intitolato “Mille colori” per porre l’attenzione sulla serenità e pace che potrebbe accompagnare il cammino di chi, costretto a vivere in sofferenza, decide di “cucire le proprie pene al Paradiso”. Spero, inoltre, di lasciare un seme nelle menti di chi è contrario all’eutanasia semplicemente perché condizionato dalla propria religione o dal proprio stato di benessere.
In questo periodo stai lavorando al tuo nuovo EP. “Mille colori” ne farà parte? Puoi darci qualche piccola anticipazione?
Sì, “Mille colori” sarà il brano che chiude l’EP. Su questo progetto ci sto lavorando insieme ai musicisti che hanno deciso di accompagnarmi in questo percorso artistico: Luca Giannini, Giacomo De Bona e Alessandro Bintzios. Stiamo studiando tutti quanti jazz al Conservatorio Santa Cecilia di Roma, ma alle spalle abbiamo esperienze in generi diversi, perciò in questo lavoro ognuno contribuisce portando un pezzo della propria essenza artistica. Sarà un mix di vari linguaggi, un quadro ricco di varie sfumature.
Cosa ne pensi dell’attuale scena musicale italiana? Hai mai pensato di partecipare ad un programma tv, un talent o simili?
Io credo che la musica italiana abbia solo bisogno di qualche anno ancora per rinascere, quanto meno dal punto di vista qualitativo. Sono convinto che la scena indie abbia contribuito a creare dei progetti originali e di grande valore artistico che ora stanno cavalcando l’onda di un successo meritato (vedi Levante, Daniele Celona, Motta, ecc.). Quando avevo 16 anni ho provato a partecipare a X-Factor, ma fortunatamente mi hanno fermato al primo provino!
Ero troppo immaturo e per nulla informato su come funziona realmente il mondo dei talent e della discografia. Con la consapevolezza che ho acquisito in questi pochi anni di attività ti dico che al momento non parteciperei ad un talent, a meno che a priori non ci sia un progetto discografico concreto e basato su quella che è la mia arte. Il talent dovrebbe essere solo un trampolino per la realizzazione di un progetto più lungimirante.
Bene, abbiamo finito. Ti ringrazio per essere stato con noi oggi! Vuoi aggiungere qualcosa?
Grazie a te per queste belle domande!