Alcuni album musicali nascono da nobili intenti. È il caso di “Tutto sbagliato”, uscito il 23 novembre 2018 per Squilibri Editore. Con il suo ultimo disco Emanuele Belloni vuole dare voce a coloro che sono letteralmente prigionieri del silenzio: i detenuti.
La musica di questo cantautore ci trasporta nei corridoi tra le celle del carcere di Rebibbia, per esporci a un’umanità molto spesso disumanizzata. Ogni brano di “Tutto sbagliato” ci racconta una storia, un episodio, una riflessione. Ogni nota apre una finestra su un mondo che raramente vediamo se non nelle serie TV, dove tutto è filtrato. Il pentimento, il dolore, la noia, ma anche la speranza e le piccole gioie inattese. Attraverso le pennellate di Emanuele Belloni, prende vita un quadro più vicino a noi “uomini qui fuori” di quanto possiamo immaginare.
Ma “Tutto sbagliato” non è un album sulla colpa, sul reato o sulla redenzione. È piuttosto un album sulla riscoperta di sé, dove si cerca di dare un senso al tempo che sembra non passare mai. I ricordi felici fanno da sfondo a una rinascita: il detenuto è un essere molle e fragile, il carcere è una crisalide che lo protegge.
Ogni brano di “Tutto sbagliato” ci racconta una storia, un episodio, una riflessione attraverso le pennellate di Emanuele Belloni.
Il pensiero non può non volare a “Cesare deve morire”, splendido film dei fratelli Taviani che ha luogo proprio nel carcere di Rebibbia. Mentre i detenuti del film colorano la propria esistenza sbiadita attraverso la messinscena teatrale, quelli di “Tutto sbagliato” lo fanno attraverso la musica. Le loro voci ci parlano in brani come “Solo cose più buone”, e in un bellissimo booklet che raccoglie scritti e fotografie.
La ricchezza compositiva di “Tutto sbagliato” si manifesta anche attraverso l’intervento di chitarre classiche, elettriche, violoncelli, percussioni, trombe, organetti, contrabbassi. Il tessuto sonoro ci avvolge in un concerto folk, e la voce calda di Emanuele Belloni riporta alla mente Fabrizio De André. D’altra parte come non pensare a Faber dinanzi a un disco che dischiude le porte al mondo dei diseredati, dei dimenticati, degli emarginati sociali?
“Tutto sbagliato” è un ascolto importante, quasi necessario, per ricordarci il valore della libertà e del tempo. Perché, come recita il componimento di Nâzım Hikmet, rielaborato nel disco, «I più belli dei nostri giorni non li abbiamo ancora vissuti».
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EMANUELE BELLONI
TUTTO SBAGLIATO
23 novembre 2018
Squilibri Editore
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