Ciao Francesco, benvenuto sul portale di Music.it! Cominciamo col raccontare un aneddoto curioso su di te. Lascia di stucco i nostri lettori!
Ciao e grazie. Di aneddoti ce ne sono davvero tanti e la maggior parte di questi avviene sempre durante tour e concerti. Il primo che mi viene adesso in mente, divertentissimo, è successo questa estate, ad agosto. Dopo un concerto ero con i ragazzi della mia band a scherzare. A un certo punto si avvicina una coppia di signori anziani. L’uomo, almeno ottantenne, molto distinto, con grande soddisfazione e fierezza si avvicina a me e mi fa: «Ragazzi, scusate il disturbo, siete davvero bravissimi. Io devo farvi veramente le mie più sincere condoglianze per il concerto di stasera…».
È chiaro che volesse complimentarsi con noi per lo spettacolo, ma ha confuso qualche parola. Noi eravamo divertiti, grati e colpiti dalla tenerezza di quella anziana coppia!
Eh, i benefici inaspettati della dislessia! Ma andiamo avanti. Pensi che Francesco Anselmo musicista sia lo stesso della vita reale, oppure cambi quando ti esibisci?
Penso che l’esibizione per sua natura, in qualche modo, alteri sempre la sfera personale di ogni persona. Io di base sono molto timido, ma sul palco avviene sempre qualcosa che distrugge quella timidezza. Per cui potrei dire che come persona sono uguale sia sul palco che nella vita reale.
Proprio perché cerco di manifestare le mie sensazioni ed emozioni in entrambi i posti. Sul palco però quello che cambia di me è l’atteggiamento.
Il 14 Marzo è uscito “Il gioco della sorte”. Parlami di questo progetto, come nasce e come lo hai sviluppato.
Il progetto “Il gioco della sorte” nasce come uno spettacolo a limite tra il teatro-canzone e la canzone d’autore, condito con l’eco della musica popolare. In un secondo momento è diventato il mio primo disco. Ho scritto tante canzoni nel corso degli ultimi due anni e le nove che, in qualche modo, hanno più colpito la mia stessa sensibilità, le ho rinchiuse in questo album, uscito appunto il 14 Marzo 2018. È un lavoro di cui sono molto soddisfatto e felice. È interamente autoprodotto e l’ho realizzato come si faceva una volta. Mi sono rinchiuso prima in sala prove e poi in studio per dieci giorni con la mia band, formata da Francesco Argento, Luciano Ficile, Manuele Giunta, Matteo Bottini, Giacomo Tantillo e Pietro Sardo. È uscito fuori esattamente ciò che avevo in mente. Il dopo è stato totalmente inaspettato. Quando ho letto il mio nome e il titolo del mio disco tra le cinquine delle targhe Tenco, ero incredulo. “Il gioco della sorte” tra le cinque migliori opere prime dell’anno. Onorato e felicissimo.
Nei tuoi testi riporti sempre esperienze personali? Cosa ti piace trasmettere a chi ti ascolta?
Credo che la maggior parte dei contenuti dei miei testi vengano da tutto ciò che mi ha segnato in passato e che mi circonda nel presente. Mi piace raccontare quello che vedo tutti i giorni, quello che un ventisettenne oggi vive. Così come mi piace anche scrivere sentendomi parte di una tradizione, riprendendo stili e temi che sento orgogliosamente legati alla mia terra, la Sicilia. Mi piace trasmettere a chi mi ascolta sensazioni, emozioni e pensieri sulla società contemporanea.
Sento quasi la necessità di ironizzare su questo nuovo modo di approcciarsi ai rapporti umani, alle relazioni.
Quando hai capito che la musica sarebbe stato il tuo lavoro?
Ho sempre sperato che la musica diventasse il mio lavoro, anche mentre ero all’università e mi laureavo in Economia. Ma c’è stato un avvenimento che mi ha tolto ogni dubbio: Officina Pasolini, che ho frequentato nel biennio scorso. È stata la famosa goccia che mi ha convinto al cento per cento di dover insistere, perché con la musica ci voglio vivere. Ha inciso davvero tanto sul mio percorso perché ho avuto l’occasione di essere seguito da maestri incredibili dai quali non puoi che assorbire professionalità, competenza ed esperienza. E poi mi ha permesso di confrontarmi e di contaminarmi con artisti pazzeschi.
Nello scenario musicale attuale chi vale la pena ascoltare?
Oggi ci sono tantissimi artisti lodevoli a mio avviso. Chiaramente quando si affronta un argomento di questo tipo, entra in scena il gusto personale. Essendo molto legato alla canzone d’autore classica, seguo con molto interesse l’evolversi di quel mondo. Per cui artisti come Brunori Sas e Dimartino, per esempio, penso che siano da ascoltare.
Ci sono artisti passati ai quali ti ispiri? O che consideri importanti per il tuo percorso professionale e personale?
I nomi ai quali mi ispiro sono i grandi della canzone d’autore. Rappresentano per me un riferimento stabile, un rifugio. Ma anche la canzone popolare, con cui sono cresciuto è per me una grandissima fonte di ispirazione. D’altronde molte cose scritte e fatte tantissimo tempo fa risultano essere ancora innovative.
Quali consigli ti senti di dare ai giovani che, come te, vorrebbero fare della loro passione per la musica il proprio lavoro?
Il consiglio migliore è sempre quello di credere in se stessi, perseverare. Penso che ogni persona abbia le potenzialità per fare qualcosa di unico e bello, basta solo saper cercare bene dentro di sé.
Purtroppo la nostra chiacchiera finisce qui. Lascia un commento libero nelle ultime righe. Ciao!
Il mio commento finale? Ascoltiamo sempre tanta musica e non togliamo mai spazio alla curiosità.
Grazie a voi!