Diamo il benvenuto al Maestro Gabriele Ciampi su Music.it. Amiamo iniziare le nostre interviste rompendo il ghiaccio con un ricordo dell’artista. Quindi ti chiedo, musicalmente, quale è stato per te il momento più importante della tua carriera?
Ci sono stati diversi momenti importanti in questa mia prima parte di carriera, senza dubbio l’esperienza alla Casa Bianca del 2005 è stata emozionante: entrare in una delle case più popolari al mondo (che vediamo continuamente in televisione e al cinema) ed incontrare la coppia presidenziale è stata un’esperienza unica. Ancora mi ricordo l’emozione avuta nel toccare il muro bianco all’ingresso: non credo si possa dimenticare un concerto come quello. Eravamo 30 musicisti, tanti paesi uniti insieme ed è stato un bellissimo messaggio di unione e solidarietà tra i popoli. È stata la prima volta per un compositore italiano, prima volta un concerto all’interno della Casa Bianca con musica originale.
Vuoi raccontarci altro?
Anche il 2016 è stato un anno importantissimo. Oltre alla Green-Card che il governo Americano mi ha rilasciato dopo il concerto per il Presidente Obama, ho avuto l’onore di incontrare Papa Francesco: per lui ho scritto il Preludio per 2 violoncelli che è stato eseguito per la prima volta in occasione di un concerto all’Auditorium Parco della Musica di Roma patrocinato dal Vaticano. La grande carica di quest’uomo non posso dimenticarla; l’abbraccio forte mi ha dato la forza di andare avanti senza fermarmi. Un uomo straordinario che ha lasciato un segno dentro di me.
Prima di arrivare al tuo ultimo lavoro, vorrei capire come un giovane Gabriele si è avvicinato alla musica. Raccontami come nasce la passione, specialmente per la composizione e la musica classica.
Ho respirato musica da quando sono nato. L’attività di famiglia è nel campo dei pianoforti, dal 1945. Sono stato fortunato ad aver avuto l’opportunità di crescere in mezzo alla musica, ma non è lo stesso quando poi subentra la parte commerciale. L’esperienza di 10 anni nell’azienda di famiglia è stata importantissima per la mia formazione; è stata una crescita importante che oggi mi ritrovo. Non ero realmente soddisfatto, mi mancavano delle cose e non riuscivo ad esprimermi liberamente. Dopo gli anni in conservatorio nella classe di composizione ho ricevuto l’invito dalla UCLA di Los Angeles e in 3 giorni ho deciso di trasferirmi. È stato molto difficile all’inizio sia per me che per la mia famiglia ma gli Stati Uniti mi avevano dato quella possibilità che stavo aspettando e non potevo dire di no. Tutto è iniziato una seconda volta, dal 2011, dal momento in cui mi sono trasferito Los Angeles.
Oggi sei un Maestro d’orchestra noto, nonché unico giudice italiano per i Grammy Award. Ti saresti mai immaginato una vita a Los Angeles fatta di musica?
Sono un compositore. Dirigo la mia musica e cerco di lavorare il più possibile con la mia CentOrchestra anche se questa situazione di emergenza ha cambiato definitivamente il modo di lavorare (un nuovo concetto di Live, un nuovo modo di produrre). La chiamata per i Grammy Awards è arrivata nel 2016; non mi aspettavo tante belle soddisfazioni tutte insieme però c’è stato anche un lavoro duro dietro partendo dal ricominciare a studiare all’università dopo aver trascorso anni in conservatorio a Roma; affrontare i NO quotidiani da parte dell’industria musicale; trovare ogni giorno motivazioni per andare avanti e rialzarsi… È difficile: ci vuole una grande disciplina e rigore mentale.
Cosa ti rimane dell’esperienza ai Grammy?
L’esperienza ai Grammy mi ha fatto capire come sia grande la considerazione che l’America ha dei musicisti italiani: siamo forti, abbiamo una grande tradizione ma secondo me la musica italiana non è più quella di una volta. Poca originalità e la tendenza a “scopiazzare” da tutto ciò che arriva da oltreoceano oltre al bisogno di stupire il pubblico non con la musica ma con lo spettacolo. Quello che sembra oggi innovativo in realtà è stato fatto 50 anni fa. L’Italia e la Rai mettono a disposizione dei giovani cantanti un Festival come Sanremo (che ho sempre difeso come patrimonio musicale nazionale) e invece ogni anno assistiamo ad esibizioni deludenti in cui si cerca di stupire con altro e non con la musica: per fortuna ci sono i Big!
Veniamo all’attualità. Abbiamo vissuto un momento unico nella nostra storia, che ci segnerà indelebilmente. Da qui il tuo nuovo singolo “She Walks in Beauty”. Raccontacelo dal tuo punto di vista.
Si tratta di un inno di speranza. Il testo è la poesia di Lord Byron; una donna immaginaria che arriva nel buio della notte per portare una luce; la visione della luce nel buio è stato l’elemento chiave da cui sono partito. Ho voluto trasporre in musica il messaggio forte ed estremamente attuale di Byron. Questo brano è legato ad un reportage sui 3 paesi colpiti dall’emergenza (Cina, Italia e Stati Uniti) e si conclude con un segnale di positività. Dobbiamo voltare pagina e ripartire anche perché quel passato non tornerà più e non è detto che sia una cosa sbagliata…
Il Coronavirus ha colpito duramente i paesi che forse ti stanno più a cuore: l’Italia e l’America. Da qui il video del tuo singolo, ricco di immagini decisamente forti. Credi possa essere un modo per esorcizzare la situazione che stiamo passando?
Il reportage è una testimonianza di un fatto che rimarrà nella storia e non può e non deve essere dimenticato. Oltre ad essere un inno di speranza, “She Walks in Beauty” rappresenta anche la voglia di ripartenza da parte di tutti noi. Deve servire da stimolo per non dimenticare e per voltare pagina definitivamente.
In passato hai suonato per la First Lady Michelle Obama e addirittura per il Papa. Cosa vedi nel tuo futuro ora?
Da sempre studio per ricercare la mia sonorità: c’è poco da inventare dopo Mozart. Possiamo solo provare a creare qualcosa di più o meno interessante La contaminazione è alla base del mio lavoro creativo e questo sto cercando di portare avanti anche con il nuovo album in arrivo a Novembre. La componente elettronica sarà la novità, sempre in dialogo con la musica classica che si conferma essere l’unica musica universale, in grado di interfacciarsi con tutti gli altri generi. Il futuro di ogni attività è sempre nello studio e nella ricerca.
Il sogno nel cassetto del maestro Gabriele Ciampi che non si è ancora realizzato?
Contribuire a riportare la musica italiana protagonista nel mondo. Da troppi anni la nostra musica non varca i confini nazionali, a parte qualche artista che va forte in sud-America, non si lasciano segni importanti. Vorrei vedere l’Italia protagonista della musica nel mondo come 40 anni fa.
Qual è il concerto a cui il Maestro Gabriele Ciampi non potrebbe mai mancare?
I concerti saranno in streaming quindi sarà più facile per tutti. La rete permette di non cancellare il passato e quindi ci sarà la possibilità per tutti di ascoltare i concerti degli artisti preferiti. Io vado sempre alla ricerca dell’ibrido e spero di poter assistere oggi più di prima a sperimentazioni a 360 gradi, dal classico al pop.
Lo spazio finale è tutto per te. Aggiungi qualunque cosa tu voglia dire ai tuoi fan e a chiunque leggera questa intervista.
Dico solo di studiare. La televisione, e ora i social, stanno dominando ma non sono importanti i followers e i likes: bisogna avere sostanza e per averla serve un solido background. Rigore e disciplina sono alla base di ogni cosa. La superficialità porta consenso immediato ma non si lascerà mai un segno nella storia.