GRAND DRIFTER: “Per me il vero successo è essere qui, adesso, a fare musica”
Andrea Calvo, l'artista dietro il progetto Grand Drifter.
Andrea Calvo, l'artista dietro il progetto Grand Drifter.

GRAND DRIFTER: “Per me il vero successo è essere qui, adesso, a fare musica”

Ciao Grand Drifter! È un piacere averti su Music.it! Noi detestiamo le banalità: qualcosa di divertente che vuoi raccontarci per presentarti ai nostri lettori?

Ciao! Non so se è anche divertente, ma di sicuro non è banale! Una notte ho sognato che guidavo la mia auto in una strada di campagna. Dalla radio è poi uscita una canzone tanto semplice quanto meravigliosa. La mattina però non mi ricordavo più niente. Peccato, avrei avuto una canzone da scrivere senza alcuno sforzo.

Che peccato! Passiamo al biografico. Andrea Calvo diventa Grand Drifter’ nel suo progetto solista: come mai la scelta di questo nome d’arte?

Grand Drifter in realtà non è uno pseudonimo o un nome d’arte, piuttosto è il nome del contenitore delle mie canzoni. Ora si manifesta in forma solista, ma è assolutamente aperto a modifiche di formazione, come d’altronde in passato è già avvenuto. Insomma, è una forma aperta che ha come comune denominatore le canzoni, ed è nato in maniera del tutto casuale senza sogni rivelatori o visioni. Leggevo un libro sulla beat generation, quando a un certo punto venivano descritte in un elenco le varie tipologie di vagabondi americani. Tutte mi sembravano piuttosto estreme e pittoresche tranne drifter.

Cosa starebbe a significare?

Drifter sarebbe lo straniero di poche parole che arriva in un posto, ci sta per un po’, e poi se ne va in silenzio, proprio come era venuto. Ho pensato fosse una bella immagine. La cosa affascinante dei nomi, però, è che a volte lasciano uno spazio vuoto intorno al loro significato, ognuno può riempirlo a piacimento con la propria fantasia e le libere associazioni. È questa la cosa che mi piace, così come per i testi delle canzoni.

“Circus Days’’ è il singolo che apre il tuo album di esordio “Lost Spring Songs’’. Quanto hai lavorato a questo progetto?

Molto. Oltre due anni di impegno e una riflessione quotidiana sulla qualità di quello che stavo facendo. Sono stato fortunato ad avere accanto tantissimi amici e musicisti. Ne cito due. Su tutti Paolo Enrico Archetti Maestri, leader degli Yo Yo Mundi e produttore artistico del disco, mio amico fraterno e musicista che non ha certo bisogno di presentazioni. Poi Dario Mecca Aleina, ingegnere del suono e musicista, che ha registrato, co-prodotto e mixato il disco. Il loro aiuto è stato fondamentale per creare il vestito sonoro giusto per le canzoni, per guidarmi, superare le mie insicurezze e realizzare quello che non riuscivo a spiegare a parole. Lavorare con loro è stato come lavorare con George Martin al mio fianco!

Cosa ti ha spinto a intraprendere la carriera da solista?

Penso che la maggior parte di quelli che si affacciano sul mondo della musica, inizialmente, voglia far parte di un gruppo, cercando l’incarnazione delle canzoni in una band. Mi sembra piuttosto normale. Poi col tempo diventa fisiologicamente più difficile trovare un gruppo di persone con la stessa motivazione e dedizione. O magari sei semplicemente a un punto della tua vita in cui hai bisogno di metterti in discussione, e devi essere da solo.
Aggiungici l’oggettiva difficoltà logistica di occasioni per un live con una band. La forma solista ha i suoi vantaggi. Vuoi anche perché riesci ad avere una vicinanza con il pubblico che un live elettrico non consentirebbe. Puoi sentire il prezzo così come è stato scritto da parte del suo autore.

Nel tuo percorso artistico, quali sono i nomi che ti hanno influenzato maggiormente? C’è qualcuno a cui ti ispiri?

Sono uno che ascolta un sacco di musica, con relativi periodi di temporaneo innamoramento per gruppi o autori, ma poi torno sempre a casa, perciò ti dico e ti dirò sempre: The Beatles. Li è l’imprinting, il ricordo di una musica stupenda. Fu mio padre a farmi ascoltare “Help!” quando ero bambino.
Non che io voglia necessariamente creare qualcosa sulla falsariga di qualcun’altro. Perché quell’immaginario, che per me racchiude la felicità, è così forte che è sempre in grado di stimolare la mia fantasia. E tutto ciò equivale a creare nuova felicità, o a ricreare una felicità ideale. Se dovessi dirti dei nomi che mi ispirano, ti direi sicuramente cose pop molto classiche, come Elliot Smith, Alex Chilton, Briton Wilson.

Pensi ci siano artisti particolarmente validi attualmente in Italia?

Sì, assolutamente, ce ne sono moltissimi. Ci sono sempre stati!
E non per forza cantano in italiano. Sapendo già che dimenticherò qualcuno, ti dirò solo il più vicino a me, quello che più mi ha lasciato il segno tra i cantanti italiani. È un duo, con cui ho avuto anche il piacere di collaborare e di suonare dal vivo, e che ha pubblicato un bellissimo disco a Giugno, anche loro con la Sciopero Records: Cri + Sara Fou. Grande voce, tecnica e scrittura dei pezzi.
Mentre Federico Fiumani con i suoi Diaframma mi ha lasciato un segno nel profondo, sin dal primo ascolto risalente a tanti anni fa. Tra gli italiani che cantano in inglese, dico Stefano De Stefano: un songwriter che mi ha sempre colpito, già leader dei Pipers e che ora, come An Early Bird, ha appena fatto uscire un elegantissimo disco solista.

Una domanda banale ma significativa: cos’è per te la musica?

Nella mia vita c’è sempre stata, fin da bambino, che io ricordi.
Ho iniziato con il pianoforte, proseguito con la chitarra, un po’ di batteria, e con basi classiche serie, se vogliamo. Poi mi sono laureato in architettura, esercitando la professione per diverso tempo. Tuttavia, man mano che scendevano soddisfazioni e risultati, saliva la necessità di dare un punto d’arrivo a me stesso e alla musica che avevo scritto, accumulandola nel tempo, e di cercare di lasciare un piccolo segno personale attraverso questo mezzo. Che poi in realtà è ciò che ho sempre voluto fare. Quindi la musica, per me, combacia con la felicità e l’equilibrio. Per me la musica è sentirsi vivi tutti i giorni.

C’è un messaggio particolare che vuoi lanciare con il tuo album “Lost Spring Songs’’?

Non ho messaggi particolari. Mi piacerebbe che si apprezzassero le canzoni per come sono state composte ed eseguite. Che si apprezzasse la ricerca di qualcosa di non aggressivo e di introspettivo, ma non per questo dimesso o minore. Mi piacerebbe ci fosse uno speciale atteggiamento spirituale sulla musica. Cercare sempre qualcosa di bello e mai banale, una via pacifica e profonda, su tutte le cose.

Grand Drifter è il tuo progetto ambizioso: come te lo immagini un domani?

Più che la parola ambizioso, preferisco concreto. Non credo esistano degli eldorado nascosti nella musica, né da altre parti. Credo che esista il proprio impegno quotidiano, la propria ostinazione a cercare l’equilibrio e senso della realtà sulle cose, per fare in modo che quelle emozioni indefinite che ci hanno fatto scrivere una canzone diventino un qualcosa di concreto. Le canzoni prendono parte alla vita delle persone attraverso i dischi!
Credo nel presente.
Per cui il vero successo è essere qui, adesso, a fare musica, nella misura più consona alle mie capacità e possibilità. Farne così un aspetto che si inserisca tranquillamente nella vita quotidiana. Da questo ti dico che il futuro, per me, significa continuare a fare musica. Continuare a scrivere canzoni, suonare e registrare. In maniera semplicissima, sostenibile se vuoi.
Mi sembra una cosa bella, no?

Oserei dire bellissima. Resta il fatto che, purtroppo, non è per niente facile farsi strada nel mondo della musica. In chiusura, lascia un consiglio a chi come te ha questo obiettivo nella vita!

Io non mi sento di dare consigli a nessuno, tantomeno ho decenni di esperienze da tramandare. Però mi sento di dire questo: che qualunque cosa tu voglia fare la devi fare sul serio, con la determinazione necessaria per affrontare qualsiasi lavoro. Che ci vuole del tempo per ogni cosa, e su ogni cosa ci devi lavorare su, con auto-critica, tanto esercizio e ostinazione per migliorarsi. E con continua curiosità. Puoi avere tutte le ispirazioni che vuoi, ma per me un artista è uno che, partendo dal prodotto del suo ingegno e della sua anima, riesce a tradurlo in concreto. E sopratutto: facile non esiste!
Ma, detto ciò, la soddisfazione che ne consegue è assolutamente impagabile!