Partiamo dall’inizio, racconta ai nostri lettori come è nato il Mei e di cosa si tratta.
Diciamo che per essere alla moda, per così dire, è successo un po’ come per le sardine. Il Mei è stato un appuntamento che noi abbiamo creato 25 anni fa e che ha dato vita a quelle che potremmo chiamare “sardine musicali”. Decine di migliaia di persone, centinaia di etichette indipendenti. Ci siamo trovati catapultati in una realtà di persone che non erano mai state convocate insieme da nessuno. Una realtà fortissima, potentissima, fatta di centinaia di etichette indipendenti e artisti che si auto producevano, ma specialmente di centinaia di migliaia di spettatori che volevano ascoltare, acquistare e confrontarsi con questa musica.
Vi aspettavate tutto questo successo?
In realtà no. Ci è esplosa in mano quando è nata diventando una delle più importanti manifestazioni a livello nazionale. Noi ci aspettavamo al massimo di essere conosciuti nella zona romagnola, tra Bologna e Rimini. Invece ci ha cambiato la vita, anche in maniera professionale.
Un’iniziativa decisamente originale per quei tempi.
Già, non pensavamo di aver colto così nel segno, anche se capivamo che c’era necessità di raccogliere tutti questi artisti in una manifestazione una volta l’anno. Non pensavamo di diventare così importanti con una manifestazione che faceva da portavoce, e quindi poi ci siamo dovuti attrezzare di conseguenza per questo.
È stato un bel punto di svolta, specialmente per gli artisti!
Sì, sicuramente abbiamo contribuito a far diventare la musica indipendente di serie A, come tutta la musica. Ai tempi era considerata sia dai discografici che dalla tv e dalle radio una musica di serie B, sbagliando clamorosamente. Supportare invece questa musica è uno degli obbiettivi che bisogna tenere sempre presenti se si vuole rinnovare la musica del nostro tempo.
Parliamo invece di quello che sta succedendo al teatro Ariston e della battaglia per intitolarlo a Domenico Modugno.
Diciamo che è un’iniziativa che parte dal basso, da un gruppo di lavoro con una sensibilità molto alta, che raccoglie quella di tutti gli artisti emergenti italiani. Su Domenico Modugno c’è poco da dire. Tutta la scena indipendente riconosce in lui la qualità di essere stato un grande innovatore. Potrei citarlo e dire “Amara terra mia” che è una delle canzoni che molti artisti indipendenti hanno inserito nel loro repertorio tanti e tanti anni fa. Dagli Avion Travel a Roy Paci. Un cantante nel cuore degli artisti dipendenti, capace di rinnovare una tradizione musicale che allora parlava solo di casa, chiesa, scuola e amore. Lui portò una ventata di novità in tutti i sensi: testuale, musicale e nel modo di cantare.
E poi cosa è successo? Come avete proposto questa iniziativa?
Beh, questa estate facendo una chiacchierata con un po’ di artisti è venuta fuori l’idea che visti i 70 anni del Festival di Sanremo potevamo intitolargli il Teatro Ariston almeno per i 5 giorni della manifestazione. Ricordiamo che è stato lui a dare al festival la sua notorietà mondiale. Prime era solo un festival locale italiano. Dopo di lui, che lo ha vinto 4 volte, che ha prodotto la canzone del Festival di Sanremo che ha venduto di più nel mondo, arrivando fino a due milioni di dischi e l’unica canzone interpretata da Elvis Presley, ci sembrava un doveroso omaggio. Un abbinamento perfetto tra musica capace di innovare e tradizione italiana.
C’è speranza quindi di sentire Amadeus chiamare il Teatro Ariston, Teatro Domenico Modugno?
Sembra che la Rai e la famiglia Vacchino, titolari del Teatro Ariston siano d’accordo e quindi mi auguro, come è stato promesso in Rai pochi giorni fa, che questa promessa venga mantenuta e al Teatro Ariston Amadeus possa dire Teatro Modugno, almeno per quei giorni. È ovvio che è un’iniziativa che ha trovato anche l’entusiasmo degli spettatori.
Quindi possiamo considerarla una vittoria?
Ma sì, assolutamente una vittoria di tutti noi. Abbiamo avuto la sensibilità di segnalarlo al tavolo di Sanremo alla Rai quando siamo stati convocati dall’amministratore delegato e dallo staff della Rai. Quando abbiamo proposto l’idea c’è stato un coro unanime di sì, quindi è piaciuta e ha visto il settore favorevole.
Ne siamo felici in quanto siamo anche noi sostenitori di questa iniziativa. Parliamo ora del nuovo inno delle sardine, prodotto da te e interpretato da MaLaVoglia. Ha avuto subito un successo virale e immediato. Anche in questo caso, vi aspettavate un po’ questo riscontro o è piovuto dal cielo?
In realtà non ce lo aspettavamo. È nata come idea dopo due giorni che avevamo visto l’iniziativa delle sardine. Credo che il Mei, come dicevo poco fa, sia un po’ fatto di pionieri, di sardine musicali, la vera musica del paese. E quindi ci siamo trovati in tre o quattro a mettere assieme le parole che avevamo per fare questa sorta di inno. Ci siamo accorti di queste piazze gremite ma silenziose, che avevano bisogno di parole messe assieme e quindi abbiamo fatto un gruppo di lavoro che spontaneamente, in due giorni, (perché queste cose devono essere spontanee e non avere velleità artistiche ma velleità di raccontare un momento e diventare arte quotidiana) un brano che ha iniziato a girare sui nostri canali.
Da lì quale è stato il suo percorso?
L’itinerario è stato questo: è stato raccolto da gruppi di sardine in giro per l’Italia che l’hanno fatto pervenire alle sardine ufficiali di Bologna. Prima di Natale con nostra sorpresa ci hanno contattati entusiasti del brano, ringraziandoci tantissimo. Hanno iniziato a postarlo come loro inno sulle pagine social e per questo li ringraziamo a nostra volta. È stato molto gratificante. Questo brano inoltre ha diffuso l’interesse del nostro mondo a questo movimento culturale e quindi siamo stati anche invitati in piazza il 19 gennaio a Bologna, per un concerto dove parteciperanno tantissimi artisti che sentono loro questa causa. Tanti avrebbero voluto partecipare ma ovviamente non potranno perché saremmo troppi. La cosa importante è quella di aver riportato il confronto politico a un confronto civile nel quadro costituzionale. Una nuova generazione che noi appoggiamo e che ci fa grande piacere aver sostenuto con la produzione di questo inno, che tra l’altro ci hanno richiesto anche molte radio.
Insomma ridiamo anche valore alla canzone che così torni ad essere anche un mezzo politico e culturale, di appartenenza e non solo di intrattenimento.
Si, diciamo che memore dei miei cortei studenteschi mi è venuto in mente che proprio uno degli elementi di coesione era quello di avere una o due canzoni da intonare insieme.
Avete in mente qualcosa per il futuro?
Dal 2 al 4 ottobre faremo i 25 anni del Mei, quindi ci sono parecchie idee ancora da realizzare. Diciamo che le prime cose le inizieremo ad annunciarle da aprile in quanto ancora non siamo operativamente a lavoro. Ma le idee sono tante e ci impegneremo per portarle tutte a compimento.