Il tour di addio dei Folkstone procede, inesorabile, per “Un’Ultima Volta con Passo Pesante”. Lentamente percorre l’Italia, sù sù, fino alla conclusione del 16 novembre a Monaco. Il 19 ottobre sono approdati a Roma, all’Orion di Ciampino, per incontrare i propri fan. Il concerto sarebbe iniziato alle 23:00, ma ovviamente i numerosi astanti hanno iniziato a prender posto molto prima. Il messaggio era chiaro: ci sono i Folk. Folkstone! Scorribanda sarà!
E così è stato. Non appena i Folkstone sono apparsi sul palco, il pubblico li ha accolti con un fragore unico. Il gruppo capitanato da Lorenzo Marchesi ha dato fuoco alle polveri proprio con “Diario di un Ultimo”, ed è stata subito festa. Una festa durata circa 2 ore e mezza. Un lasso di tempo impegnativo; ma né i Folkstone, né gli spettatori, hanno perso un colpo: dall’inizio alla fine e in ogni brano, canto, applauso, urlo, hanno mantenuto la stessa, calorosa intensità. Una vera e propria danza che scompiglia!
In occasione del loro tour di addio i Folkstone hanno preparato una scaletta di quasi 30 dei brani più amati contenuti nella loro discografia. Dal 2004 al 2019 sono stati pubblicati 7 album sotto la firma della band folk rock/metal lombarda dove, tra racconti di vita vissuta e ambientazioni medievali, si è andati alla continua ricerca della libertà.
Tante “Anime Dannate” cantavano a squarciagola, voci ammalianti cariche di ribellione e voglia di libertà
Gli artisti sul palco son stati coinvolgenti e tremendamente uniti. Non deve essere facile mostrare tale coesione sul palco sapendo che qualcosa all’interno si è infranto e precipita giù, “In Caduta Libera”.Ammesso e concesso che sia così, s’intende. Lorenzo Marchesi ha tenuto le redini con la solita irriverenza e carismatica, violenta personalità. È sempre un’emozione unica vedere Roberta Rota imbracciare la sua cornamusa con esplosiva energia; mentre sentirla cantare rabbiosa brani come “Elicriso” ed “Escludimi”, è a dir poco una gioia.
Maurizio Cardullo sempre presente tra le sinuose sonorità emesse dai flauti, e le esplosive note alla bombarda. Edoardo Sala, alla batteria, ha “menato come un fabbro”, come si suol dire a Roma. E nonostante fosse decisamente impegnato, ha tirato su più e più volte il bicchiere, per brindare felice. Il talento non è acqua, ma birra. Federico Maffei, oltre a elargire seducenti sguardi che oscillavano tra il folle e l’affascinante, ha sconquassato gli animi grazie alle sue 4 corde.
Luca Bonometti alle chitarre ha tessuto l’intricata ragnatela di suoni, tra violente pennate e serpeggianti melodie. C’è solo da decidere se amare di più le sua virtuosità da musicista, o i lunghi fluenti capelli. O entrambe, perché no. E per ultimo, ma ovviamente non ultimo, Marco Legnani, che grazie alla sua ghironda ha donato quel tocco di fascino e atmosfera sognante alla serata, chiudendo il cerchio. Cerchio che si chiude e va, facendo scivolare il pubblico verso idea d’infinito.
E purtroppo, eccoci qui a soffiare su braci spente. L’Abisso del vostro addio lento invade e non sazia
Il pubblico ha risposto a tutto questo meglio che poteva: tanto divertimento e un pogo sfrenato. Una sfrenata danza verso l’Abisso, mentre lingue di fuoco infernali avvolgevano la platea, rinvigorendo gli animi e donando la forza di esplodere ancora, e ancora. Parlerò, o quantomeno proverò, a nome di tutti. Fieri di essere stati “La Maggioranza”; ma non quelli schiavi del banale. Bensì, quelli che han voluto prendere a calci in c**o il mondo mentre bruciavano la città.
C’è da dirlo, e sottolinearlo, cari Folkstone: ora ci sentiamo come quei decantati “Frerì”. Chiusi in quelle miniere soli e al freddo. Al contrario di loro, tuttavia, non abbiamo tra le mani solo due pietre misere. Ognuno di noi stringe al petto un frammento di quel che siete riusciti a donare negli anni. Per questo vi odiamo, ma vi ringraziamo anche.
Splendido il momento in cui parte dei fan è riuscita a salire sul palco, per cantare insieme ai Folkstone, come se un manipolo di vecchi amici si fosse ritrovato giù “In Taberna” a raccontarsi le proprie vite. Tante “Anime Dannate” cantavano a squarciagola, voci ammalianti cariche di ribellione e voglia di libertà. Abbracci collettivi, lunghi, in un misto di sorrisi, risa, e pianti.
Il tour di addio dei Folkstone procede, inesorabile, per “Un’Ultima Volta con Passo Pesante”
Tutti avevano un buon motivo per piangere. Chi si stringeva le mani con “Fossile”. Qualcuno mentre teneva un plettro, tirato dal palco, in pugno, come fosse stata una reliquia. Chi prendeva consapevolezza, nota dopo nota, che sarebbe stata l’ultima volta. Come è successo a me con “Omnia Fert Aetas”. Oltre a essere uno dei miei pezzi preferiti, cantare “(…) certo che tutto andrà senza me”, soprattutto sul finale, mi ha straziato. Non ero per niente certo. Colpo basso Folkstone, colpo basso.
E purtroppo, eccoci qui a soffiare su braci spente. L’Abisso del vostro addio lento invade e non sazia. Come potrebbe, del resto? Io scrivo, e ora rido. Malinconia. Vicino a me, la scaletta che son riuscito a raccogliere. La tratterò come se fosse una pagina strappata e ritrovata di questo “Diario di un Ultimo”. Testimonia e sussurra che, “Oltre… l’Abisso”, oltre le “Nebbie”, e l’immensa malinconia che cinge nel suo abbraccio, c’è la libertà.
I Folkstone si sciolgono, e aspro è il sapore della fine e delle sue rovine. Li abbiamo visti andar via con la “Prua contro il nulla”, sfidando la loro sorte. Ma che importa? Lo faremo anche noi. Vento in poppa ragazzi! Cari Folkstone, sarete fieri di noi.
Per sempre vostri, Damnati Ad Metalla.