LOGAN LAUGELLI: "In NON MI FIDO affronto anche il tema dell'ipocrisia"
Logan Laugelli in una foto promozionale.
Logan Laugelli in una foto promozionale.

LOGAN LAUGELLI: “In NON MI FIDO affronto anche il tema dell’ipocrisia”

Ciao! Cominciamo questa intervista con il racconto di qualcosa di divertente, imbarazzante legato alle tue prove, esibizioni. A te la parola!

Ciao a tutti! Come momento imbarazzante, così su due piedi, mi viene in mente una volta, a Milano, avrò avuto 17 o 18 anni. Suonavo in una band punk rock e stavamo iniziando il concerto proprio con una delle più tirate del nostro repertorio, quindi ero entrato nella parte del “distruttore”, di quello che adesso ti mette al tuo posto (ride), peccato che mi fossi dimenticato di aver spento il microfono al sound check, così mi sono avvicinato tutto rabbioso e la voce non si è sentita. Gli altri della band si sono fermati e tutti sono scoppiati a ridere, me compreso. Siamo ripartiti da capo.

E come momento divertente? Che racconti?

Un racconto divertente, invece, è successo in Germania tre anni fa: stavo presentando il mio ultimo EP “La Noia del Sabato Sera” a Ellwangen, vicino Norimberga, e i ragazzi del locale avevano affisso per tutto il paese le locandine con la mia faccia in grande, quando sono arrivato in centro la gente mi chiedeva i selfie! (ride)

Logan Laugelli, il 1 settembre è uscito il tuo singolo “Non mi fido”. Testo ironico sulle contraddizioni dell’essere umano. Una lunga parafrasi del “chi predica bene ma razzola male”. Chi o cosa per te è autentico?

Credo che la linea tra autentico e fasullo sia molto labile, almeno per la nostra capacità di essere coerenti. A volte è difficile essere “fedeli alla linea” per vari motivi e l’autenticità, secondo me, sta nell’essere incoerenti il giusto, solo quando è strettamente necessario, senza fare del male a nessuno. In “Non Mi Fido” affronto anche il tema dell’ipocrisia, come avete ben sottolineato con l’espressione “chi predica bene ma razzola male”, che secondo me è anche peggio: il dire agli altri come dovrebbero comportarsi è già di per sé orribile, soprattutto se non richiesto. La decisione di cosa è giusto e di cosa è sbagliato non sempre viene presa dalla persona più adatta.

Alla fine di questo memorabile 2020 uscirà il tuo album “Fregare il tempo”. Rincorrere, perdere, occupare il tempo: insomma il genere umano ha sempre avuto un rapporto difficile con lo scorrere delle lancette.

Il tempo è una cosa che mi ha sempre condizionato, partendo dal fatto che non ho la patente quindi viaggio con i mezzi pubblici, il tempo è importantissimo (ride)! Oltre a questo, credo di essere un campione nel perdere tempo, temporeggiare, tergiversare, il che mi mette spesso in crisi esistenziale.

Perché un titolo così al tuo album in uscita?

“Fregare il tempo”, oltre che titolo dell’album, è anche il titolo di una singola canzone e parla proprio della consapevolezza di crescere ma di non sentirsi a proprio agio con la propria età. Lo sanno tutti che a un certo punto bisogna smettere di fare certe cose, iniziare a farne altre ecc. Io mi chiedo perché dovrei farlo? Perché dovrei omologarmi ad un sistema che non mi piace, ad una normalità che non mi rappresenta e non mi tranquillizza? Ci sono già un sacco di doveri a cui non ci si può sottrarre, quando posso decidere io decido di fare ciò che più mi piace e mi fa stare bene, senza curarmi di quanti anni ho e se è opportuno che lo faccia. Ovviamente senza fare del male a nessuno, solo a me (ride).

Modelli e altarini musicali. Nel tuo sacro scrigno dell’ispirazione chi c’è?

Io sono cresciuto con il punk rock nelle cuffie e ho sempre amato l’espressione più che la tecnica. Con il tempo il mio concetto di “punk” si è ampliato ad un’attitudine più che ad un suono, quindi per me punk è anche Tom Waits in tanti suoi lavori. Però ho sempre amato anche le ballate, quindi l’unione tra un testo rabbioso ed una musica “leggera” mi ha sempre affascinato. A questo proposito mi piacciono molto gli Zen Circus, Giorgio Canali e Le Luci della Centrale Elettrica, che amalgamano bene questi due elementi. Lou Reed, è il mio cantante preferito in assoluto, cerco sempre di trarre qualcosa dal suo stile. Mi ispiro molto anche alle produzioni soliste di John Frusciante e Graham Coxon, ed ho cercato di inserire queste influenze particolarmente in questo album, che sto producendo totalmente da solo, dagli arrangiamenti alle registrazioni al mixaggio.

Bergamo Underground nasce durante il lockdown. Spiegaci come è andata l’organizzazione di questo progetto benefico e come è stato emotivamente parlando.

Quando ho deciso di creare questo progetto a favore dell’ospedale di Bergamo non è stato difficile radunare una manciata di band e musicisti con cui ho suonato nel corso degli anni e che quindi sono spesso diventati anche amici. A loro volta hanno coinvolto altre band e la disponibilità è stata tale che in pochi giorni ero in possesso di tutto il materiale necessario alla pubblicazione della compilation. È stato gratificante vedere l’impegno di tanti artisti, che oltre a donare un brano hanno anche prodotto videoclip ad hoc e dirette streaming per l’occasione!

Quando una volta si andava ai concerti: spiegaci perché, secondo te, è importante ascoltare la musica live.

Credo sia l’unico modo per ascoltare un artista nella sua vera essenza, come ha deciso di mostrarsi. I dischi molto spesso non rendono giustizia e questa è cosa nota, il live è un’esperienza, che può essere positiva o negativa ma è realtà, non ci sono trucchi. Andare ai concerti è anche un modo per supportare l’artista che con la vendita (quasi inesistente in molti casi) degli album non ci ricava abbastanza per poter continuare a fare l’artista. Andate ai concerti!

Bene, la nostra intervista si è conclusa. Puoi chiedere qualsiasi cosa al nostro pubblico, sempre e solo se ti fidi.

Bé innanzitutto chiedo di ascoltare “Non Mi Fido”, poi se qualcuno vuole invitarmi a suonare sa dove trovarmi! A presto!