Il Maestro Pellegrini nell'immagine della copertina del suo nuovo singolo "Boxe"
Il Maestro Pellegrini nell'immagine della copertina del suo nuovo singolo "Boxe"

MAESTRO PELLEGRINI: “Ogni singolo secondo contenuto nel disco è importante”

Benvenuto a Francesco Pellegrini, o meglio il Maestro Pellegrini, sulle pagine di Music.it. È un vero piacere poter scambiare qualche parola. Iniziamo con la nostra domanda di rito. Ti chiedo di raccontarmi un episodio imbarazzante che ti ha coinvolto sul palco in tutti questi anni di esibizioni live. Può essere la prima caduta (se mai ce ne sono state) oppure quella volta che… continua tu!

Ci sono diverse cose imbarazzanti successe nei tour a cui a partecipato fino ad oggi. La prima che mi viene in mente fu quella volta in trentino in cui la mia band dovette aspettare che il bassista andasse in bagno per riprendere il concerto. In realtà non è neanche stata l’unica volta che è successo un episodio di questo tipo, son’ problemi seri! (ride)

Ora che abbiamo iniziato con il piede giusto, possiamo iniziare a parlare di musica. La tua è sicuramente una carriera piuttosto vasta. Sapresti raccontarmi quale è stata l’evoluzione dei tuoi ascolti dall’adolescenza ad oggi?

I primi ascolti sono quelli che ti arrivano dai genitori. Mia madre ha sempre ascoltato le canzoni italiane, da Ornella Vanoni a Lucio Battisti. È stata proprio lei ad insegnarmi i primi rudimenti sulla chitarra, che suonava per diletto la sera quando era triste. Mia madre mi ha partorito a 21 anni, per chiarire. Mio padre è un pianista jazz e mi ha sempre sommerso di ascolti di quel genere, forse è per questo che mi sono rifiutato, in adolescenza, di seguire quegli stimoli.

Quali sono stati i tuoi artisti di riferimento invece?

Solitamente “Ogni adolescenza coincide con la guerra” cit. dei Tre Allegri ragazzi Morti, e la mia è stata bella burrascosa e di conseguenza gli ascolti avvenuti in quel periodo: dal punk con NOFX Lagwagon al grunge con Nirvana Pearl Jam. Ho capito che il mio sogno era suonare in una band rock quando è uscito il primo disco dei Verdena e di conseguenza ho cominciato a scoprire la musica italiana attuale, anche il disco “Non è per sempre” degli Afterhours mi ha abbastanza cambiato la vita. Oggi ho un rapporto strano con gli ascolti, vario molto e sono arrivato ad ascoltare anche tanta musica strumentale, adoro Stravinskij, per esempio, e pure Kamasi Washington, ma anche Olàfur Arnalds.

Hai suonato con tantissimi altri artisti. Quali sono quelli che ti hanno lasciato il miglior ricordo e quali quelli da cui hai imparato di più?

Farei ogni esperienza che ho vissuto, nella musica si deve sempre esser bravi ad imparare, forse suonare è un processo continuo di maturazione e di ricerca. Ho imparato che la musica è fortemente legata alle emozioni, a quello che provi, al tuo stato d’animo, così nel tempo cerco sempre più spesso dimensioni nelle quali mi sento pienamente a mio agio, perché so che cosi posso dare il massimo. Una delle frasi più belle che ricordo di questi anni è quella che una volta mi disse Gerri Manzoli, bassista dei Camaleonti e compagno di Nada Malanima: ”Nella musica non c’è tempo per pensare agli errori d’esecuzione perché mentre stai suonando lo sbaglio è già passato”. Credo che Gerri sia la persona che mi ha insegnato di più, oltre al mio Maestro di fagotto Paolo Carlini.

È vero che nella musica non si smette mai di imparare? Sapresti spiegarlo a chi ha intenzione di intraprendere il percorso artistico?

La musica, purtroppo o per fortuna, è una disciplina per questo i risultati dipendono molto dalla pratica, per fare il musicista suonare ti deve piacere veramente tanto.

Ora parliamo del tuo singolo “Boxe”. Il primo, come hai detto tu, colore del tuo primo disco. A che colore lo assoceresti e perché?

Sicuramente al rosso che è il colore della passione ed è quindi irrazionale ed imprevedibile, come la natura che ci ricorda sempre che non tutto può dipendere da noi.

Nel singolo si parla di amore, di passione, di quel momento in cui tutto sembra durare in eterno. Ma alla fine non ci hai dato una risposta, secondo te esiste qualcosa che può durare in eterno?

È un discorso molto ampio e delicato, nella canzone io pongo l’interrogativo, come hai detto tu. Alcune persone studiano tutta la vita argomenti come questo ed anche loro non riescono a dare delle risposte. Ci sono cose più grandi di noi di cui sappiamo poco, a volte niente, tutto ci può cambiare tra le mani in un attimo, pensiamo di poter controllare tutto, di poter decidere pienamente ma non è sempre così. Sto vivendo proprio in questi giorni l’improvvisa scomparsa di un amico che mi ha ricordato, nella sofferenza, proprio quanto siamo piccoli, è importante ricordarselo anche di fronte a un grande amore come quello che racconto in “Boxe”.

Sicuramente “Boxe” è fuori dai canoni in cui abbiamo potuto vederti negli ultimi anni, in band come The Zen Circus. Perché la scelta di questo genere? Credi sia più rappresentativa per te stesso?

Onestamente non credo che sia un genere così diverso da quello della band di cui faccio parte, suono musica classica, compongo musica strumentale. In quei casi credo che si possa parlare veramente di “generi diversi”. I brani che comporranno il mio disco appartengono alla categoria della forma canzone poi, durante la produzione artistica, mi sono scelto il vestito che mi stava meglio, quello che mi rappresentava di più. In questo mio primo lavoro discografico mi sono messo davvero a nudo nei testi come negli arrangiamenti, ho scavato parecchio in profondità guardandomi dentro ho scoperto paure, ricordi, persone, desideri. Questo sono io ed ho scoperto di esistere.

Il singolo può in qualche modo già raccontarci le sonorità del tuo album o troveremo delle sorprese?

Il mio è un disco molto vario che ho partorito in più di due anni, sono molto fiero del risultato, molti musicisti ed ospiti hanno dato il loro contributo. La produzione è stata curata da me ed Andrea Pachetti del 360 music factory studio con il quale ho legato molto durante le tante ore di lavoro fatte spalla a spalla per trovare una sonorità che davvero ci convincesse. Ogni singolo secondo contenuto nel disco è importante per me ed è diverso dall’altro. È un disco che ho voluto fortemente e lo sentirete presto.

Ultime domande lampo prima di lasciarti andare: La canzone che il Maestro Pellegrini avrebbe voluto scrivere (tra tutte quelle che conosci).

“Una faccia in prestito” di Paolo Conte.

La canzone che il Maestro Pellegrini non avrebbe mai voluto scrivere invece?

“Una faccia in prestito” di Paolo Conte perché non sarebbe stata la stessa (ride).

In conclusione, ti lascio qualche riga per aggiungere ciò che vuoi a questa intervista!

Grazie mille per averci regalato un po’ del tuo tempo! Grazie a te Emanuele, a presto.

https://youtu.be/fNwgGrDgy7Q

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