Marco Gray, benvenuto su Music.it. Devi sapere che abbiamo una tradizione particolare e ferrea sul nostro Magazine. Quindi, stai pur certo che non ti salverai. Racconta ai lettori un aneddoto imbarazzante e particolare, meglio se inedito, che ti è capitato durante la tua carriera musicale!
Nel 2014 avevo degli spettacoli al teatro antigone di roma. Un’esperienza bellissima e irripetibile. Era una formazione acustica, la prima sera davanti a me giornalisti e invitati. Ho fatto prove per un mese, il giorno dopo il debutto ho preso un raffreddore tremendo. La giornata del concerto durante il soundcheck ho sviluppato un mal di pancia tremendo (forse per l’ansia er l’assenza della voce data dal raffreddore). Ho passato il concerto a tossire, e i crampi allo stomaco erano talmente forti da sentirsi per tutto il palco. Ho dimenticato le parole di un inedito. Una tragedia, ciò nonostante forse il concerto più emozionante della mia vita.
Ti sei trasferito a Londra anche per lavorare al tuo nuovo progetto. Quali sono le differenze più grandi che hai notato, rispetto all’Italia, nel panorama musicale?
Tante. Molte differenze. La prima fra tutte? L’apertura mentale! É una gran bella differenza… Potrei farti mille esempi pratici, ma mi fermo all’esempio piu scontato… se chiedi alle persone che lavorano nella musica di semplicemente ascoltare una tua demo o registrazione, lo fanno. Non lo mettono nel dimenticatio a marcire per sempre. Se mandi il tuo materiale alle radio, lo ascoltano.
Hai iniziato a scrivere per la prima volta in inglese “seguendo una voce”. Ma vogliamo sapere cosa ti ha detto! Cosa ti ha trasmesso il coraggio di dare questa svolta?
Quella voce maledetta non la puoi gestire. È nata sentendo la musica in generale, è cresciuta in particolar modo quando oramai più di dieci anni fa mi ero innamorato follemente di Amy Winehouse, poi… forse la mia gita a Sanremo, forse perchè spesso sul palco mi sentivo sempre meno felice. Insomma mi son detto, o adesso o mai più.
Veniamo a “Ten More Times”, il tuo singolo. Un brano che parla di sentimenti, trasmessi perfettamente grazie anche alla tua voce calda ed espressiva. Racconta una storia in generale, o sei tu in qualche modo, ad aver provato altre dieci volte ancora?
Sai come molti, quando scrivo, cerco di generalizzare in modo che più persone possano identificarsi. Non ti nego che io in amore sono stato sempre un disastro. Più con me stesso che con gli altri. Storie sbagliate, la ricerca di cose che non potevano darmi, la ricerca di persone che non potevano esserci, spesso mi prendevo in giro dicendomi “questa volta è l’ultima, questa volta e poi basta, mi do un altra chance, vediamo come va la prossima volta..”; e magari finivano per essere dieci. Insomma, la verità è che aspettare dieci volte, o cento, per sentirsi amati da qualcuno… è solo una gran perdita di tempo. Chi ti ama ti prende.
Se dovessi scegliere un colore e un odore per descrivere “Ten More Times”, quali sarebbero? E perché?
Grigio il colore: ci vedo le nuvole, i colori del vento di Londra. L’odore è quello della terra bagnata in autunno. Forse quello dell’umidità dentro casa. Non saprei. Ma l’umidità fa male al sistema circolatorio, come le storie che si trascinano.
Scrivere un testo, un brano, e riversarci dentro determinate sensazioni può essere davvero una sfida. C’è qualcosa che non sei mai riuscito a dire, o comunicare, all’interno di un tuo pezzo? Se così fosse, hai l’opportunità per farlo!
No ti giuro che ritagliando e rielaborando, finora ci sono sempre riuscito. Ma ci sono ancora altre mille cose almeno che vorrei dire, in generale.
E allora voglio sapere: cosa non deve assolutamente mancare in un brano di Marco Gray per sentirlo davvero tuo?
La musica. Mi piace sentire il suono che fa da guida, la musica, l’arrangiamento che rimepie gli spazi, le orecchie e l’anima. Io amo le cose fatte bene.
Cosa verrà dopo “Ten More Times”? Un altro singolo in cantiere, o magari un album? Non ti lascio andare se non mi sveli qualcosa!
Mi uccideranno. Posso dirti che sto lavorando a un secondo singolo, per il momento. Sarà la prosecuzione di “Ten More Times”, che è stata pensata in tre tempi. Una trilogia di canzoni che rispecchiano le fasi dell’allontanamento da una persona. “Ten More Times” è la crisi, ma c’è ancora la speranza…
A proposito di futuro, dove ti immagini, invece, tra 10 anni? Come pensi, o speri, evolverà la tua carriera?
Forse in spiaggia con i cani, o forse in giro per l’Africa vedere gli effetti di quello che in questi anni ho capito del nostro mondo. Però contemporaneamente, io davvero, mi auguro di non lasciare la mia musica, e di avere sempre la possibilità di farla, cantarla, suonarla, dirla.
Marco Gray, è stato un piacere scambiare due parole con te. Sappi che adoro Londra, quindi non è da escludere che parleremo ancora! Puoi chiudere l’intervista come preferisci, le ultime righe sono per te. A presto!
Semplicemente Grazie, a te Matteo, ai tuoi lettori, grazie per lo spazio che mi state dando, e per sostenermi. Conta moltissimo, ed è un grande privilegio. E continuate ad ascoltare “Ten More Times”!