Ciao Moruga! Benvenuti sulle nostre pagine. Avete trascorso un anno e più nel buio della sala prove. Ci raccontate un aneddoto particolare relativo a quel momento e quindi al plasmarsi del vostro progetto?
Ciao Fortuna e ciao lettori di Music.it! Ci sono stati periodi in cui praticamente vivevamo nella nostra saletta al piano interrato. Prove dal pomeriggio, cena con pizza d’asporto e avanti fino a mezzanotte. Una di queste sere, completamente scollegati dal mondo esterno, non ci siamo accorti di una incessante pioggia, ovviamente preannunciata da tutte le allerte meteo. Verso le 23 ci ha risvegliato un potente odore di fognatura. Siamo saliti a controllare e abbiamo trovato un torrente in piena, tutta la strada di fronte a noi completamente allagata e abbiamo scoperto di essere rimasti intrappolati in saletta.
Come vi siete avvicinati alla musica? E come, poi, vi siete incontrati?
La risposta potrebbe richiedere intere pagine. Comunque ci siamo avvicinati alla musica in modo abbastanza standard tutti e quattro. Nessun patto col diavolo purtroppo.Il quartetto invece è stato assemblato da Michele: Danilo e Christian avevano una band, Giacomo e Christian avevano una seconda band, Danilo e Michele avevano una terza band.
Da qui la geniale idea.
Bergamo è una città molto prolifica per la musica. La produttività della scena bergamasca gioca un ruolo importante per l’ispirazione dei Moruga?
Avere molto movimento in zona è sempre una cosa meravigliosa, ma penso non influisca sull’ispirazione, quanto sulla maturità artistica tua e del tuo pubblico. Più gente pratica, più aumenta la consapevolezza di cosa sia nuovo, di cosa sia bello, di cosa funzioni. Ed è la base per essere una band che sa come dire quello che ha da dire.
Cosa si prova ad essere emergenti in ambito discografico quando si è già riscontrato un successo live precedente alla scrittura del disco?
In quasi tutti i generi la discografia ha preso un ruolo assolutamente subordinato al live, quindi non è una brutta sensazione. Anzi è come mettere una pietra miliare sul nostro percorso come band e dare valore a tutto quello che abbiamo fatto finora. Quindi tutto bene.
Il vostro album è un esordio decisamente esplosivo e catalizzatore di diverse azioni musicali, tutte devote al rock. Mi domando se esistano delle influenze distanti dal sound “Gallardo” che sorprenderebbero il pubblico e in questo caso i nostri lettori.
Sono innumerevoli, considerando che siamo un po’ dei nerd musicali. C’è chi di noi si porta dentro gruppi depressissimi come Mogwai, Low, Death Cab for Cutie o Deftones o roba super disco tipo gli Chic, Earth Wind and Fire o trap tamarrissima alla Capo Plaza. Forse la cosa più distante da “Gallardo” che possiamo citarti è Lucio Battisti.
Parlando di “Gallardo”: qual è stato il punto fermo attorno al quale ha gravitato tutto il sound che in più di un anno siete riusciti a plasmare?
In una seduta sfiancante, esattamente quella della pioggia torrenziale, abbiamo avuto una rivelazione, un’epifania: il funk classico manca di armonia, il metal classico manca di groove. Ci siamo sentiti un po’ come gli inventori della Nutella.
La vostra è un’autoproduzione forte del valore etico e politico che una simile scelta comporta oppure è frutto di un caso o di circostanze diverse?
Non ti mentiremo: è principalmente dovuto alle circostanze. Nessuno senza un patrimonio e particolarmente insano di mente investirebbe per finanziare il disco d’esordio di una band del nostro genere. Non abbiamo ancora trovato il nostro lunatico miliardario. Ma per molti di noi questo è il terzo o il quarto prodotto discografico, quindi sappiamo destreggiarci tra arrangiamenti, produzioni e scelta dei suoni. E poi ci siamo affidati a professionisti coi contro-cacchi.
Domanda di rito: il concerto che i Moruga non possono perdere?
Bello Figo, ma l’abbiamo perso più di una volta. Quindi andiamo su Salmo, che è in programma da andare a vedere.
Avete già pronto un tour di sostegno per “Gallardo”? Cosa prevede il vostro futuro?
Delle date evento, non tantissime, ma una più imperdibile dell’altra. Di questo però se ne sta occupando il nostro booker.
È tempo di lasciarvi. Lascio che siate voi a dare le ultime battute. Mi raccomando siate “Gajardi” anche coi nostri lettori!
“That’s the law around here, you got to wear your sunglasses. So you can feel cool”.