Di nuovo il protagonista indiscusso del Festival di Sanremo è Achille Lauro. Ma dovrebbe essere accompagnato da Levante, la meravigliosa voce che con “Tikibombom” fa danzare e riflettere. Se è vero che molto spesso è la critica a fare l’opera, per il trapper romano risulta difficile collocare il confine tra arte ed esibizionismo. Molto diverso è il discorso per quanto riguarda la visionaria sicula, che fa delle sue imperfezioni vocali delle doti amabilissime.
Con un po’ di calma serafica, analizziamo “Me ne frego”. Il brano che Achille Lauro ha portato in gara a Sanremo con un’audace performance, infatti, sembra piuttosto intriso di citazionismo.
Sono qui, fai di me quel che vuoi / Fallo davvero / Sono qui, fai di me quel che vuoi / Oh sì sì, me ne frego / Me ne frego / Dimmi una bugia, me la bevo / Sì, sono ubriaco ed annego
Achille Lauro, Me ne frego
Ora, prendiamo il ritornello di uno dei brani più celebri della musica italiana…
Sono sempre tua, […] / Dormi qui, te ne vai, sono sempre fatti tuoi / Tanto sai che quassù, male che ti vada avrai / Tutta me, se ti andrà, per una notte, sono tua
Mia Martini, Minuetto
Gli schemi essenziali e angusti della trap e la struttura mobile e aperta del cantautorato si prestano a denunciare la stessa storia. Il messaggio di Achille Lauro arriva prepotente, veicolato da una performance quasi attoriale, che lo porta a spogliarsi di fronte al pubblico, da novello Francesco d’Assisi. Come il santo più venerato d’Italia si spoglia delle ricchezze materiali per abbracciare la chiamata dell’Altissimo, così il trapper si spoglia di ogni difesa per donarsi alla sua chimera velenosa.
Da amante sedotto e abbandonato, trova il suo alter-ego in Luisa Casati, amante di Gabriele d’Annunzio, travestimento scelto per la terza serata di Sanremo. In fondo, “Gli uomini non cambiano”: lo cantava Mia Martini e l’ha cantato Achille Lauro con Annalisa sul palco dell’Ariston. Non è una coincidenza questo richiamo prepotente alla cantante suicida. La forma teatrale con cui la cita e la ripropone, si arricchisce dell’interazione quasi corteggiante con Boss Doms, si specchia con un contenuto volto a denunciare il machismo.
https://youtu.be/Yb_G5mvc_T4
Qual è la direzione di “Tiki bom bom” di Levante, rispetto a “Me ne frego” di Achille Lauro?
Ciao tu / freak della classe / “Femminuccia” vestito con quegli strass / Prova a fare il maschio ti prego insisto […] / Hey tu, anima in rivolta / Questa vita di te non si è mai accorta / Colta di sorpresa, troppo colta / Troppo assorta, quella gonna è corta
Levante, Tikibombom
Ironia della sorte, Levante evoca persino i lustrini della tutina di Achille Lauro. Il canto della siciliana si accompagna a un dance-ambient che evoca le forze primordiali dalla terra. La danza ancestrale si diffonde per contagio nelle membra costrette alla sedia o alla poltrona: tutto il corpo ascolta. “Tikibombom” sembra evocare uno spirito plurale, per intercessione di una ‘Grande madre’. “Tiki bom bom” è insieme filastrocca, incantesimo e preghiera.
Noi, siamo gli ultimi della fila / Siamo terre mai viste prima, solo noi / Tikibombombom / Noi siamo l’ancora e non la vela / Siamo l’amen di una preghiera
Levante, Tiki bom bom
Il brano portato in gara da Levante ha tutta la potenzialità per avviare una riflessione sulle denunce mancate, sulle opportunità educative perse, unendo in un coro le voci che chiedono riconoscimento. Ma i social sembrano essere destinati a guardare il dito invece che la Luna. Di Achille Lauro è rimasto un travestitismo fine a se stesso, blasfemo per la sacralità del palco nazionalpopolare di Sanremo. Di Levante, infine, risulta elemento di distrazione la splendida voce e una performance tanto energica quanto ‘convenzionale’. Eppure, questo potrebbe essere il caso in cui le nude parole dicono assai di più del contesto, tanto storico quanto musicale, in cui sono inserite.