SENSE: “Col tempo abbiamo imparato a lasciarci andare e a far uscire il meglio”
Una foto promozionale dei Sense.
Una foto promozionale dei Sense.

SENSE: “Col tempo abbiamo imparato a lasciarci andare e a far uscire il meglio”

Sense, benvenuti sulle nostre pagine. Non perdiamoci in frivolezze e raccontatemi subito un evento così assurdo che non ve lo toglierete mai dalla testa. La cosa più strana che vi sia mai capitata, a caldo!

Ciao Music.it! C’è un aneddoto particolare, diciamo quasi incredibile, che ci è accaduto durante la registrazione del disco. Il giorno in cui abbiamo cominciato a registrare il brano “House of crow”, credeteci o no, due corvi sono venuti a gracchiare ogni mattina alle 5 davanti la porta della casa nella quale abbiamo registrato. Il giorno stesso della fine del missaggio sono scomparsi. Ci dobbiamo preoccupare secondo voi?

Io lo farei! Raccontatemi come vi siete incontrati e come avete deciso di dare vita ai Sense. Chi è stato l’artefice di tutto?

La band nasce in un garage, inizialmente eravamo un trio. Chitarra, basso e batteria, ed è proprio lì che sono nati degli abbozzi di quelli che poi sarebbero stati i pezzi di “Origins”. In seguito è nata la formazione che abbiamo adesso, entrando nel gruppo il chitarrista, Ugo, e andandosene il vecchio bassista per lasciar spazio a Giulio. Va detto che un gran merito per la crescita musicale del gruppo va a Emile, cantante e chitarrista del gruppo e tecnico del suono con esperienza trentennale, il suono del disco è opera sua!

“Origins” è un lavoro impegnativo di ben undici tracce. Come mai la scelta di una produzione così grande rispetto ad un più comune EP da 5 tracce come presentazione?

Abbiamo semplicemente atteso che i pezzi si andassero formando naturalmente, sono stati cambiati vari arrangiamenti, e suonando insieme il feeling e il linguaggio si sono evoluti dando vita al suono che potete sentire nel disco. Ogni pezzo è importante per “Origins”, non abbiamo voluto lasciarne fuori nessuno.

Nell’album si possono ascoltare sonorità che spaziano tra il brit rock e la new wave. Quali sono le vostre effettive passioni? In quali artisti vi riconoscereste meglio?

La cosa di cui siamo contenti, è che il sound del gruppo è frutto della convergenza dei nostri gusti musicali, che sono simili ma non uguali. Tutti noi amiamo il linguaggio e il suono del rock britannico, dai The Rolling Stones agli Oasis. Il sound di Seattle degli anni ’90 come Pearl Jam, Alice in Chains e passando sempre dall’Inghilterra siamo largamente influenzati da artisti come Peter Gabriel, David Sylvian e tutto il filone pop e new wave degli anni ’80.

Sono un pazzo se dico che in alcuni brani, come ad esempio “Cats” sento sonorità che mi ricordano i Placebo?

Affatto! Ci piacciono anche loro, fanno parte di quella corrente alternative rock con cui siamo cresciuti!

In sala quanto è difficile per voi far coesistere le varie inclinazioni musicali? Vi lasciate contaminare l’uno dall’altro o capita che ci siano diatribe nel momento di prendere decisioni?

Quando si inizia in genere le varie diatribe e discussioni sono normali. C’è un sentimento quasi di paura nel lasciarsi contaminare, credendo che nel prodotto finale possa uscire qualcosa che a te personalmente non piaccia. Invece noi col tempo abbiamo imparato a lasciarci andare e a far uscire il meglio da tutti. A volte quelle che credi siano cazzate possono rivelarsi le cose che funzionano di più!

“Origins” è stato pubblicato di recente. Siete già a lavoro su altro materiale o ancora vi state riprendendo da questa produzione decisamente imponente?

Il nostro obiettivo principale per adesso è portare “Origins” dal vivo ed avere un feedback dal pubblico. C’è però qualche idea che ci sta girando per la testa per dei nuovi lavori in studio, ma non vogliamo rivelare troppo!

Ragazzi, è stato un piacere fare quattro chiacchiere con voi. A presto!

È stato un grande piacere anche per noi! Ringraziamo tutta la redazione di Music.it e soprattutto i lettori.