The Rambo. Ed è subito boom! Di “The Past Devours Everything”, il terzo dei capitoli discografici del fu power duo lodigiano, ho amato la copertina a prima vista. Un dinosauro di gomma vivo-verde, in primo piano e un foltissimo e allucinato fogliame di bosco rosso-terra. Occhi e lingua viola-williwonka e denti gialli. Quelli di chi ha fumato dal primordio, che beffardi coronano un ghigno tra l’incurante e l’incosciente. Sicuramente divertito: pare che il sole non possa che sbattergli in faccia. E lo fa, nonostante il nero che serpeggia nel disco abitandone il cuore. Ecco, è fissando la creatura primitiva che ho divorato il disco. E ve lo assicuro: abbiamo cominciato a somgliarci. Perché “The Past Devours Everything” è un viaggio nella musica suonata con le vene. Senza precise traiettorie, colpisce ogni luogo del corpo, ne succhia la linfa, la rigenera e la trasforma.
“The Past Devours Everything” dei The Rambo è un viaggio nella musica suonata con le vene.
In vita dal 2013, i The Rambo erano (e sono) voce e chitarra nella persona di J. Marsala e batteria in quella di Bang L.A. Desh. È però con “The Past Devours Everything” che mastro Capa de Sangre ha arricchito la line-up con una chitarra in più. Una scelta azzeccatissima, perché alla viscerale ruvidezza dell’istinto che martella la chitarra e fa sanguinare i polsi, si impasta più materia al colore garage/noise. Dodici i pezzi. Dodici le mine vaganti. Più che sparate, sembrano sorgere ciascuna dal residuo di un germe deposto altrove. Come se quel dinosauro altro non facesse che godersi il fiore maturo delle sue dodici uova. Uova diverse e pure sorelle. Sorelle di sangue alla mercé della storia che le ha viste nascere. Del noise condito al blues, il country strapazzato, il metal dato in pasto a un post punk che staffeggia col grind.
I The Rambo hanno fatto della psichedelia la grande madre di “The Past Devours Everything”.
Un’amalgama di roba tradotta in mezz’ora e più di pura energia e sconfinata immaginazione. Sì, perché i The Rambo hanno fatto della psichedelia la grande madre di “The Past Devours Everything”. Scaltra, si insinua quasi ovunque. E se a caso, non è mai per sbaglio, proprio come le madri. Sento un ché di Frank Zappa nelle illuminazioni. Sarà il lucertolone che ipnotico mi fissa. Oppure, la buona dose di follia che mi fa amare un disco simile dallo spirito art rock. Perché, ovvio, devi essere un pazzo per abbandonarti tra le mani dei The Rambo. Un pazzo visionario, abituato a un certo tipo di sonorità che alla melodia riserva lame affilate e dà ai nervi massicce dosi di psicotropi scossoni. La verità è che la purezza della poesia di “The Past Devours Everything” sta tutta nell’equilibrio intelligente e istintivo tra le molecole impazzite del core potente che le anima.
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THE RAMBO
THE PAST DEVOURS EVERYTHING
15 ottobre 2018
Dischi Bervisti
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