ZU+I HATE MY VILLAGE: leggi il report e guarda le foto. Una VILLA ADA in festa
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ZU+I HATE MY VILLAGE: leggi il report e guarda le foto. Una VILLA ADA in festa

Mega concerto il 2 Luglio a Villa Ada per l’appuntamento estivo Villa Ada Incontra Il Mondo. Sul palco Zu e I Hate My Village, due band sperimentali tanto intense quanto vive. Contaminato, duro e puro math-core jazz da un lato, Ariosa e sperimentale afro-fuzzy-noise dall’altra. In apertura, il non più trio” romano Zu che quest’anno festeggia il decennale di “Carboniferous”, l’undicesimo in discografia, arrivato a dieci anni da “Bromio”, l’esordio discografico del 1999. Vent’anni come trio, gli Zu hanno suonato in quattro. Alla chitarra, dopo vent’anni, Stefano Pilia. Accanto al carismatico sax baritono di Luca Mai, alla sinistra di Jacopo Battaglia, membro fondatore, tornato nel gruppo da circa un anno. Sulla destra, lo storico bassista, Massimo Pupillo. 21:50: bastano i primi colpi di “Chthonian” ad aprire le porte dell’intenso universo degli Zu. Perfetti dal principio, riproporranno “Carboniferous” per intero, con impressionante controllo e non poca emozione.

L’album si srotola per intero, offensivo, catartico e maestoso. Gli Zu dimostrano un’impeccabile unione d’intenti, spirito e cuori. Tecnicamente dei mostri, ammaliano il pubblico che sempre più numeroso si raccoglie davanti il quartetto. Dopo “Beata Viscera”, “Carbon” si becca la prima ovazione. Incastri, magie d’evoluzione ritmica e armonica. Tutto si sussegue in un live di circa un’ora e che più va avanti, più incanta ed entra nelle vene. “Soulympics”, “Erynis” e una bellissima “Anxion” per arrivare a “Ostia”, pezzo-asse dell’album che dà luogo a una seconda genuina scrosciata d’applausi. Si va avanti. “Orc” e “Obsidian” in successione, quindi i saluti, arrivati troppo presto. Manca “Mimosa Hostilis”, eseguita infatti dopo il rientro sul palco, lasciando il pubblico in fomento di una scia di potenza straordinaria.

2 Luglio, Villa Ada incontra il Mondo. Sul palco Zu e I Hate My Village, due band sperimentali tanto intense quanto vive. Contaminato, duro e puro math-core jazz da un lato, Ariosa e sperimentale afro-fuzzy-noise dall’altra.

Breve la pausa per il cambio palco. Pochissimo il ricircolo delle persone che vi si trovano di fronte. Entrano I Hate My Village, accolti tra applausi e grida festose. Anche loro riproporranno il primo album omonimo pubblicato il 18 Gennaio, all’alba di questo 2019. Il quartetto composto da Adriano Viterbini (Bud Spencer Blues Explosion), Fabio Rondanini (Calibro 35/Afterhours) Marco Fasolo (Jennifer Gentle) e Alberto Ferrari (Verdena) non perde tempo. Attaccano subito con “Presentiment”, uno dei brani strumentali, qui allungato come fosse un riscaldamento. L’impatto è diretto e forte. Segue “Tramp” e poi “Fare un Fuoco”, dove Alberto comincia il suo lavoro vocale di versi e singhiozzi. Il pubblico è caldo, balla. Il clima è festoso, i suoni d’un caldo secco e pungente.

“I Ate my Village”, “Chennedi” ed “Elvis” – le due bonus tracks – si susseguono tra le danze di Adriano, la compostezza dolce ed elegante di Marco, i movimenti concisi e squisiti di Fabio e gli incitamenti vocali di Alberto. Avanti con “Acquaragia”, brano felice e dall’impatto coinvolgente. Seguono “Fame”, suadente ed aperta. Poi “Bahum”, deliziosa e intima, prepara a quella che sarà il momento cult dell’esibizione. Sull’intro di quello che è stato il primo singolo estratto, “Tony of Ghana”, Alberto Ferrari invita il pubblico a salire sul palco a ballare. Bellissimo assistere alla rottura del confine artista-spettatore. Si balla, ci si diverte. L’amalgama emozionale è entusiasmante.

Breve la pausa per il cambio palco. Pochissimo il ricircolo delle persone che vi si trovano di fronte. Entrano I Hate My Village, accolti tra applausi e festose grida

L’aria è ormai frizzante, non si vedono facce senza sorrisi. Inebriante, segue la cover di “Can’t Stop till You Get Enough” di Michael Jackson, forse improvvisata la prima volta nella data d’ apertura del tour, lo scorso 2 Febbraio al Monk. Evidentemente elaborata, funziona a meraviglia. Si chiude il concerto con “Tubi Innocenti”, la strumentale di Viterbini e Rondanini, amplificata e rimodulata per il quartetto. Un finale in climax discendente che si conclude con il loop di Alberto che schizzato, ringrazia il pubblico, presenta la band e lascia al microfono il riverbero della sua splendida voce. Una ricca serata grazie agli Zu + I Hate My Village, due gruppi dalle antenne dritte, per cui sperimentare è uno slegarsi dei confini. In vita dal ’97 il primo, neanche un anno il secondo. Diversi, ma che sul palco di Villa Ada si sono susseguiti meravigliosamente, lasciando che corpo e mente potessero godere di entrambi senza forzature.

Di seguito tutte le foto del concerto