CARUANA MUNDI: "Non possiamo rimanere zitti davanti alla deriva della società"
I Caruana Mundi.
I Caruana Mundi.

CARUANA MUNDI: “Gli artisti non possono rimanere in silenzio davanti a questa deriva”

Diamo un benvenuto ai Caruana Mundi sul Music.it. In quattordici anni di attività avrete certamente collezionato tanti aneddoti relativi al mondo della musica: ce ne raccontereste uno che non avete mai condiviso in nessuna intervista ufficiale?

Durante un viaggio in Marocco, degli amici marocchini ci invitarono ad assistere ad una notte gnawa. Ci ritrovammo in piena notte in una casa della medina, all’interno della quale dei suonatori di krakeb (percussioni a forma di piastre circolari accoppiate) e di ghembir (tradizionale strumento a tre corde) accompagnavano con una musica ossessiva i riti notturni di questa etnia marocchina, i Gnawa appunto. Assistemmo a un vero e proprio rito di trance, dove le persone coinvolte camminavano carponi coperte da veli per poi alzarsi e danzare in modo forsennato e infine stremate scoppiare in lacrime e svenire per terra. Degli uomini dietro una tenda fumavano polline di marijuana il cui odore avvolgeva la sala. Si trattava di antichi riti apotropaici uniti in modo sincretico alla religione, l’Islam, che ricordavano per taluni aspetti quelli della taranta del Sud Italia. Restammo nella casa fino all’alba e quando ne uscimmo eravamo anche noi esausti. Tornati in Italia scrivemmo “Notte Gnawa”, un pezzo contenuto nel nostro secondo album “Angeli, dannati e anime sospese”.

Il vostro è un genere di folk molto particolare, perché subisce le influenze della musica popolare nostrana in commistione con le atmosfere del Medio Oriente. Quali sono gli artisti musicali che hanno arricchito i vostri ascolti, italiani e non?

In realtà la nostra musica di popolare ha ben poco. Franco Battiato in passato e Cesare Basile nei suoi ultimi dischi hanno usato il dialetto siciliano, ma non per questo li si può definire artisti che fanno musica popolare. La nostra è stata una scelta di tipo linguistico, perché il dialetto ha una musicalità sua, ma è anche vero che se devi affrontare determinati temi l’italiano è una lingua più ricca e più ampia da un punto di vista semantico. Il Medio Oriente e la musica del Sahara Occidentale continuano ad influenzarci tuttora. Il primo a livello culturale, la seconda perché è da lì che provengono artisti quali ad esempio i Tinarawin capaci di riportare il blues a casa, cioè in Africa. Una vera e propria catarsi, il blues nel deserto. Loro fanno parte delle nostre influenze musicali dell’ultimo periodo ma, può sembrarti strano, ascoltiamo anche Nick Cave and the Bad Seeds, Brigitte Fontaine, il futur pop di matrice tedesca degli anni ’90, come And One Deine Lakaien, dunque i Calexico, i CCCP – Fedeli alla linea e il new folk made in USA.

L’ultimo lavoro dei Caruana Mundi si intitola “Biocrazia”. Il titolo in sé è autoesplicativo, ma mi piacerebbe conoscere il percorso che vi ha portato alla sua realizzazione. Trattare tematiche come immigrazione, ambientalismo e politica non dev’essere semplice, soprattutto nei pochi condensati minuti di una canzone. Com’è stato farlo per voi?

“Biocrazia” è stato concepito due anni or sono. Ha avuto dunque una lunga gestazione. Volevamo trattare questi temi perché la gravità degli stessi ci obbligava a svilupparli in musica e testi. La cultura e gli artisti tutti non possono, ora più che mai, rimanere in silenzio davanti alla deriva delle nostre società occidentali. Per questo abbiamo una grande responsabilità. Noi componiamo seguendo la struttura della forma canzone, quella di beatleasiana memoria. Per cui devi avere una grande capacità di sintesi, soprattutto a livello testuale, cercando il più possibile di non appesantire i testi con concetti troppo complicati – cosa che del resto non spetta a noi ma agli intellettuali che si occupano di tali temi – e cercando invece di raggiungere più persone. Usando ad esempio degli slogan o piccole frasi ripetute più volte quasi fossero dei mantra.

Siete ormai al vostro terzo disco, senza contare il primo EP che avete realizzato nel lontano 2006. Quali sono le vostre aspettative per il futuro? Sentite di avere ancora molto da raccontare? Di cosa vi piacerebbe parlare nei prossimi lavori?

Pensiamo che il compito principale di un artista sia quello di regalare emozioni. Ci aspettiamo dunque che il nuovo album sia accolto dal nostro pubblico in tal senso. Per quanto riguarda i progetti futuri abbiamo già iniziato a lavorare alle nuove idee. Abbiamo dunque del materiale sonoro che andremo a sviluppare.

Cosa ne pensate dell’attuale situazione italiana? In quale direzione si cela, secondo voi, un futuro migliore?

Secondo noi la storia può essere analizzata secondo una concezione ciclica. Ciò significa che determinati eventi o tendenze si manifestano a cicli alterni lungo il corso dei secoli. I regimi autoritari e xenofobi sono una costante nella storia dell’Europa fin dall’antichità. Nei periodi di crisi e di malessere sociale determinati rigurgiti vengono a galla avendo facile presa sulle masse. Per esempio, la tragedia che si sta consumando nel Mediterraneo e la questione dei migranti sono temi che la politica attuale distorce per ottenere consensi e legittimare una retorica razzista. Uno dei più grandi imperi del passato, quello Romano è stato incapace di fermare quell’enorme migrazione di massa rappresentata dai barbari che giungevano da est. Le migrazioni dei popoli non possono essere fermate. Quando un popolo è costretto a fuggire dalla propria terra è praticamente impossibile fermarlo. L’Italia da terra di emigranti è diventata il luogo di arrivo di numerosi migranti. Il governo attuale è arrivato al potere parlando alla pancia delle persone e usando i migranti come capro espiatorio per i mali del paese. Un’operazione tanto squallida e penosa quanto scaltra e conveniente. In passato è già successo: Adolf Hitler lo fece con gli ebrei addossando loro tutti i problemi della Germania ridotta a pezzi dalle potenze vincitrici dopo il primo conflitto mondiale. La retorica di Matteo Salvini è pericolosissima perché fa leva su sentimenti ancestrali che identificano nel diverso il nemico. È un fanatico razzista che va fermato, altrimenti vivremo nuovamente tempi bui come già successo in passato. Una cosa è certa: i nostri figli e i nostri nipoti ci condanneranno per lo scempio, l’orrore e l’indifferenza di cui siamo complici. L’unico futuro possibile per l’Italia è quello in cui i valori etici e culturali vengano ampiamente condivisi dalla popolazione. Altrimenti la situazione prima o poi precipiterà e il rischio è quello di una guerra sociale e civile tra poveri, migranti e nuovi squadristi.

Durante la trasmissione radiofonica “Demo Rai” di Radio 1, il sound della vostra band è stata definita “una miscela di spezie che regala emozioni”. Se la vostra musica fosse una o più spezie, quali sarebbe?

Difficile decidere! “Demo Rai” ha voluto utilizzare questa metafora in relazione alla mezcla sonora che caratterizzava nel caso specifico il nostro secondo disco “Il cucitore di tende”, che ha visto tra l’altro la partecipazione di diversi musicisti e altrettanti strumenti (fisarmonica, flauto, tamburello, pianoforte, fiati).

Avete qualcosa da aggiungere, per concludere?

Volevamo ringraziare Enzo Velotto, Benedetta Bellotti e tutto lo staff di Viceversa e Seltz Records. È anche merito loro se “Biocrazia” sta riscuotendo degli ottimi consensi e buone recensioni. Un ruolo fondamentale lo ha avuto Michele Musarra, il fonico di studio che lavora con l’etichetta. È stato capace di trasformare una pre-produzione realizzata da noi stessi nel nostro studio garage a Ragusa in un disco con un sound potente e dalle atmosfere uniche.