Con i MINISTRI e GIANCANE il ROCK IN ROMA scopre l'anima punk dell'indie
I Ministri in una foto promozionale
I Ministri in una foto promozionale

Con i MINISTRI e GIANCANE il ROCK IN ROMA scopre l’anima punk dell’indie

Dopo lo sbarco dell’indie a Sanremo, anche la programmazione del “Rock in Roma” si è definitivamente arreso a un fenomeno che non è più soltanto di nicchia. Dopo i The Zen Circus, direttamente dal vivaio musicale milanese, approdano sul palco dell’Ippodromo delle Capannelle i Ministri. A fargli da apertura c’è stato il romanissimo Giancane, ex chitarrista de Il Muro del Canto. Insomma, una serata all’insegna del punk-rock autentico, quello verace anche se a nord del Rubicone. È davvero un peccato che abbiano dovuto competere con il concerto dei Muse all’Olimpico. Tanto la musica dei Ministri quanto quella di Giancane meriterebbe maggiore attenzione da parte del pubblico di casa nostra.

Tutto il concerto del re del disagio è stato accompagnato da proiezioni di pubblicità di vario genere. In barba a ogni spettacolare effetto scenografico, il pubblico è stato bombardato di televendite al posto di videoclip. Se hanno disturbato leggermente la fruizione visiva dell’esibizione, la goliardia, la simpatia e l’energia di Giancane fanno breccia nel cuore del pubblico senza troppa difficoltà. Tra “Limone”, “Ipocondria” e “Disagio”, l’artista romano chiama all’appello sul palco un’altra voce romana raffinatissima. D’altronde, Giancane ha prestato la sua chitarra a “Skatepark” di “Musica per bambini” di Rancore.

La musica dei Ministri e di Giancane meriterebbe maggiore attenzione da parte del pubblico

Giancane ci saluta con “Buon compleanno Gesù”, “Vecchi di merda” e “Non dormo più”. Il pubblico è già caldo quando Michelino (aka Michele Esposito) introduce a suon di rulli l’ingresso di Federico, Davide e il loro ministro acquisito Marco. Con “Mammut” in apertura, l’hype è stato un continuo crescendo. La band milanese si scatena e il pubblico con lei, dandosi al pogo estremo, sui riff indiavolati di Michelino. Già a “Cronometrare la polvere”, la sabbia dell’Ippodromo delle Capannelle colora la rovente aria notturna, a creare quella nuvola di fumogeno assolutamente non prevista, ma che arricchisce l’atmosfera scenica. Con sei album all’attivo, i Ministri regalano sul palco del “Rock in Roma” un’esperienza memorabile.

Tra “Sabotaggi”, “Idioti”, i toni power di “I soldi sono finiti” e “Fragili”, Davidino si fa sentimentale dichiarando col cuore in mano «voi qui davanti a noi siete la cosa migliore che siamo riusciti a fare». E poi “Usami”, le debite variazioni live in “Una palude”, il cui refrain da ballata si indurisce e si fa più epico. Continuano a scavare nel passato con “Due dita nel cuore”, “Un viaggio” e “Diritto al tetto”. Come da onorata tradizione, la versione unplugged de “Il bel canto” si corona di bodysurfing nel momento più alto del climax. E poi, bisogna necessariamente “Abituarsi alla fine”. Ma il legame che i Ministri tendono tra palco e arena con il loro modo autentico di vivere i propri brani non è un filo che si taglia alla fine di un concerto. È un patto che si rinnova a ogni live.