Il cantante Foggy.
Il cantante Foggy.

FOGGY: “Per essere un solista bisogna essere liberi ma soprattutto testardi”

Diamo il benvenuto su Music.it a Francesco Pintaudi, in arte Foggy. Ci piace iniziare le nostre interviste chiedendo un aneddoto particolarmente significativo legato alla musica. Qual è il tuo?

Ho vissuto per un breve periodo a Milano nel 2014, dopo aver avuto un grave incidente stradale a Palermo e aver da poco finito di suonare in Tour con Nicolò Carnesi. Non capendo bene cosa stessi facendo lì e considerando che non stavo suonando già da un po’, dopo tantissime date in giro per l’Italia, decisi di andare a trovare un amico a Berlino dove non ero mai stato. Appena arrivato, completamente spaesato, organizzammo in due un piccolo concerto acustico, totalmente improvvisato, al Fuks, un bar che stava esattamente sotto casa sua. Cosi abbiamo suonato quella sera in acustico in quel bar, con vari amici di vecchia data ritrovati lì, ed è stato più divertente di qualsiasi grande palco.

Fantastico! E come è andata?

Io mi sentivo “arrugginito” ma dopo tanto tempo il fatto di suonare in quel modo, per il mio personale piacere in un luogo completamente sconosciuto, mi aveva rivitalizzato. Il giorno dopo quella bellissima serata incontrammo da quelle parti, seduto a leggere il giornale, Birol Ünel, attore ne “La sposa turca”, film che avevo visto pochissimo tempo prima e che amavo. Ci fermammo a chiaccherare con lui. Furono tante coincidenze che mi spinsero a trasferirmi a Berlino. Se oggi faccio musica da solo è anche per episodi come questi, e per il percorso “geografico” e di vita che sto continuando a fare.

Spiegaci l’origine e il significato del tuo nome d’arte Foggy. È una semplice abbreviazione o c’è qualche significato dietro?

Foggy è semplicemente un soprannome che ho da tanti anni, probabilmente chi me lo diede pensò che fossi una persona nebbiosa, quindi ho deciso di lasciarlo anche come nome per questo mio progetto, considerando che sto componendo principalmente da solo. Molte persone mi chiamano direttamente Foggy, quindi mi sembrava appropriato semplificare la scelta del nome e lasciare il mio , anche se effettivamente può apparire un po’ buffo.

È uscito il tuo primo singolo “My Day”. Come mai hai scelto proprio questo pezzo per farti conoscere come solista?

“My Day” è un brano importante per me. È fortemente ispirato e nella mia visione rappresenta perfettamente quello che volevo dire, o dirmi. Rappresenta un periodo della mia vita che aveva bisogno di essere metabolizzato ed esorcizzato e segna la fine di un percorso e l’inizio di un altro, soprattutto riguardo la creazione di questo nuovo progetto. Musicalmente poi rispecchia abbastanza i miei gusti, amo il basso e mi piace sentirlo ben presente. Successivamente mi sono convinto a pieno quando alcuni amici a cui lo avevo fatto ascoltare mi dissero che secondo loro funzionava, quindi ho deciso di provare in Italia per via della lingua. E della nostalgia.

Il videoclip è stato girato tra i club di Lisbona, città in cui ti sei attualmente stabilito dopo aver vissuto in Germania oltre che in Italia. È una città che ti sta dando ispirazione?

Non del tutto. Succedono tante cose costantemente e sono una grande fonte creativa, soprattutto a livello umano. Sotto l’aspetto musicale rimango più stabile ai miei ascolti e a quello che più mi piace. Berlino in questo senso è stata decisiva ed è ancora una città a cui mi sento molto legato. Per tutta la sua assurdità e allo stesso tempo malinconia. E in quel momento era stata un’esperienza così forte e piena di cambiamenti che indubbiamente ha inciso molto ed è stata di ispirazione. A Lisbona per lo stile di vita che faccio sto parecchio a contatto con la musica: Samba, Cumbia, musica africana. Tutti generi che ascolto e mi piacciono ma che non stanno influenzando quello che faccio, se non in piccola parte. Sicuramente Lisbona è una città che amo e che ogni giorno mi stupisce per qualcosa, ancora devo però capire che spazio io possa avere qui.

“My Day” e il progetto solista Foggy arrivano dopo numerose esperienzi musicali, in particolare con gli Hank! e nella band di Nicolò Carnesi. Da dove è nata l’esigenza di mettersi in proprio?

La scelta di mettersi in proprio è perché negli anni senza troppo pensarci si diventa più selettivi, e si ha voglia di perdere meno tempo con cose che ci fanno perdere tempo. Le dinamiche delle band sono complicate a volte, ci vuole sempre una giusta sintonia, una giusta tolleranza, nel gioco dei ruoli qualcuno farà sempre più di qualcun’altro e viceversa. Io per mia predisposizione ho sempre preferito fare da me perché sono molto testardo. Ma soprattutto produttivo se ho l’opportunità di lavorare liberamente. In seguito ho suonato anche in altre band, come attualmente Wattafog, un progetto parallelo che ho qui a Lisbona. Ho amato gli anni in tour e suonare in band più grandi, e sicuramente continuerò a farlo sempre in parallelo. Avere le due opzioni per me ha un giusto equilibrio.

La tua musica è strutturata e eterogenea, un incontro tra elettronica, funky, tribal music e molto altro. Quali sono stati gli artisti che ti hanno ispirato e influenzato a prendere questa strada?

Probabilmente gli ascolti che mi hanno più influenzato in questa direzione sono band e compositori che mischiano groove, elettronica e melodia. Ho ascoltato tanto Lcd SoundSystem, Gorillaz, Nicolas Jaar, in alcuni casi band più melodiche come gli Air, o più aggressive come i Soulwax.

Cosa ci sarà dopo “My day”? Un album?

Forse un altro singolo, oppure un Ep, piano piano si arriverà al disco.

Grazie Foggy per averci tenuto compagnia. Noi di Music.it ti salutiamo come da nostra tradizione: lasciandoti questo spazio libero per dire quello che vuoi ai nostri lettori e ai tuoi fans. Ciao!

Grazie a voi per aver rispolverato alcuni miei ricordi. Spero che la mia musica verrà accolta da chi sarà disposto a farlo, chi mi segue lo ringrazio di cuore perché è un supporto fondamentale, chi mi conoscerà in futuro spero apprezzi. Rispettatevi, e rispettate!

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