IDA e la doppia interpretazione di MASCHERE, album di esordio della cantante
La cantante Ida in uno scatto promozionale
La cantante Ida in uno scatto promozionale

IDA e la doppia interpretazione di MASCHERE, album di esordio della cantante

La Puglia sembra non voler smettere di sfornare voci femminili di successo. Ida presta la sua voce potente e pulita a un progetto che vede la sinergia di tante menti. “Maschere” non è, quindi, un album cantautorale. I testi sono frutto della cooperazione della cantante Ida Tritta e Rita Scalera – fatta eccezione per il singolo estratto – sono stati arrangiati da Alex Grasso e musicati da Nico Spadavecchia, che ne ha curato anche l’attenta produzione. Dieci tracce che vanno giù leggere e veloci. Più che un album intero sembrano due capitoli di due storie diverse dal punto di vista compositivo. Il pop attraverso cui viene fatta vibrare la voce di Ida si sviluppa in una dance che ricorda molto le hit di Paola & Chiara e di Laura Pausini della metà degli anni ’90.

“Girotondo”, “Fortuna”, “Funambola”, ”Possibile” e “Rondine” sono brani essenzialmente estivi nel ritmo e nella melodia che evocano. La voce fresca e limpida di Ida insieme alla frenesia delle canzoni succitate la fanno da padrone su qualsiasi intento poetico sotteso alle liriche. Nel complesso non convincono fino in fondo e il connubio tra cantante e canzone che non raggiunge la piena autenticità.

“Maschere” di Ida è un album vario, così tanto da non riuscire a toccare le corde giuste

Un discorso diverso va fatto per le restanti cinque tracce, in cui musica e testo sembrano raggiungere un certo equilibrio in cui convivere senza recarsi attrito l’una con l’altro. L’ascolto della titletrack e singolo di lancio dell’album – il cui testo proviene dalla penna di Enza Bronzuoli –, “Senza effetto”, “Sono qui”, “Semplice” e “Senza nome” risultano più godibili.

Sono due le direttrici attraverso cui “Maschere” può essere valutato. La prima è quella della versatilità della voce di Ida. Se da un lato si presta bene all’interpretazione di brani più leggeri, dall’altro riesce a dare corpo a tracce con uno sfondo poetico più pregno di significato come “Maschere”. La seconda è il mancato approfondimento dell’identità musicale che spacca esattamente a metà l’album. Un lavoro gradevole e leggero per chi ama il pop commerciale degli ultimi anni ’90, all’alba del nuovo millennio.