In questo 2020 assai particolare sotto troppi punti di vista, ci abbandona per salire definitivamente nell’Olimpo del rock Eddie Van Halen. Solo 65 anni aveva il fondatore della band Van Halen, quando ieri notte è stato strappato dalla terra da un cancro contro cui combatteva da anni.
Eddie Van Halen fu figlio d’arte
Come sempre, non è con i numeri che si può rendere l’idea della grandezza del chitarrista da cui hanno attinto altri maghi delle sei corde, come Steve Vai e Joe Satriani. In fondo, i Van Halen hanno inciso solo 12 album in studio in più di 30 anni di storia della band. Innovazione e coraggio sono le parole che hanno fatto di un chitarrista autodidatta una leggenda.
Figlio d’arte, nasce con la musica dentro casa. Il padre era un sassofonista e clarinettista jazz, che era solito esibirsi ad Amsterdam, non lontano da Nimega, il paese delle Fiandre che gli ha dato i natali. La famiglia Van Halen si trasferisce negli Stati Uniti quando Eddie aveva 8 anni. Fin dalla più tenera età, mamma e papà educarono lui e suo fratello maggiore alla musica, ma nella versione classica. Entrambi presero lezione di pianoforte. Dobbiamo attendere fino ai 12 anni prima che Eddie Van Halen prendesse in mano definitivamente la chitarra. Non era sua, bensì di suo fratello maggiore Alex. Quando fondarono i Van Halen nel 1972, Eddie aveva 17 anni.
Eddie Van Halen, un pioniere tracotante
In un primo momento Eddie Van Halen avrebbe dovuto sedere dietro la batteria. Ma suo fratello Alex riuscì ad imparare prima di lui “Wipe Out” dei The Surfaris. Quindi, prese in mano la chitarra e iniziò a improvvisare. Da quel momento in poi non avrebbe smesso mai di farlo. Il 10 febbraio del 1978, a sei anni dalla nascita della band, veniva distribuito al mondo il primo album omonimo. “Van Halen” contiene la strumentale “Eruption”, uno dei brani più iconici dal punto di vista chitarristico firmato da Eddie Van Halen.
Non solo ha recuperato gli anni di infanzia al pianoforte trasferendoli sulla chitarra. Non fu l’inventore del tapping, ma ne fu certamente un tracotante pioniere. Prima di Eddie Van Halen il tapping era qualcosa che avveniva solo dal lato del manico della chitarra. Basti pensare a ciò che fa Jimmy Page dei Led Zeppelin in “Heartbreaker”, capolavoro dell’heavy metal del 1969. Peraltro, il chitarrista di Nimega non ha mai negato di essersi ispirato proprio al brano succitato. Dopo “Eruption”, però, le corde della chitarra sarebbero potuto essere battute ad ogni altezza.
Eddie Van Halen ha reso elastici i confini dell’heavy-metal
Ogni chitarrista sa che lo strumento deve essere un prolungamento del corpo che lo anima. Eddie Van Halen invece di farsi scegliere dalla chitarra ha adattato lo strumento al suo personalissimo modo di emettere suoni. Anche Paul Gilmour era solito apporre modifiche alle sue chitarre, ma il compianto genio era molto più simile a uno scienziato pazzo. Scartavetrare, spostare pick-up, addirittura segare il corpo della chitarra. Frankenstein – o Frankstrat – è un nome e un programma per la migliore amica di Eddie Van Halen.
Con “Eruption” ha valicato il confine tra pianoforte e chitarra dal punto di vista tecnico. “Cathedral” ha abbattuto il confine tra tastiera e chitarra dal punto di vista sonoro. “Jump” e “Panama” hanno avvicinato l’heavy metal alla wave degli anni ’80. Oltre a confermare competenze di polistrumentista e tecnico del suono. Ha abbattuto le barriere dell’heavy-metal classico senza snaturarlo o svilirlo in alcun modo. Un musicista affatto accademico, attento alle regole, sobillatore di emozioni.