Se c’è qualcosa che accomuna la ricerca scientifica all’espressione artistica è la ricerca di una certa ‘distanza’. Se nel laboratorio sono metodi e procedure a fare dell’esperimento un’esperienza controllata, nella musica come nella poesia ciò che conta è il ‘filtro’. Medium che si fa mezzo fondamentale per una veicolazione che non sia semplicemente autoreferenziale ed egotico, che rischia quindi di rimanere nei limiti del soggetto che lo produce. I Nouccello creano un personaggio che narri per loro il disagio della società della rivoluzione tecnologica 3.0. Anti-eroe di un’età in cui l’industria è in decadenza e la produttività è un mostro che si nutre di ogni grammo di dignità umana. Quale registro migliore del punk per condurre l’ascoltatore nella cornice di senso di cui “Nouccello” si alimenta?
Se rimane aperto il fronte di denuncia, in “Nouccello” sembra prevalere un urlo straziante e rassegnato. In “Piano B” la narrazione civile si alterna tra fraseggi piuttosto declamati e screaming. Lorenzo Conti e Luca Di Stefano si destreggiano bene tra i due registri sfoderando una timbrica che graffia, lontanissima dalle narrazioni del post-rock à la Emidio Clementi. Il videoclip della headliner attraverso una tragedia adolescenziale parla dell’ineluttabilità della cattiveria. Tra schitarrate caotiche e disordinate, che sembrano puntualmente essere rimesse in fila dalla batteria di Carlo Neri, i Nouccello non si precludono una certa cura nella ricerca nella distorsione. La chiusa di “Piano B” è un capolavoro quasi violinistico, in questo senso.
Le distorsioni sono il plettro con cui i Nouccello fanno vibrare le corde dell’anima
Non accade qualcosa di troppo diverso in “Vertigine”, dove il noise ricrea scrosci d’acqua. Traccia che è si avvicina a un malatissimo elettrocardiogramma. Da un incipit nervoso ma ancora controllabile, i Nouccello iniettano adrenalina per rimanere ruvidi come il punk che il forgia. Dunque la “Vertigine” consta di due parti: un preludio che sembra inneggiare all’equilibrio e poi l’abisso. La psichedelia in delay è il proemio della strumentale “Aeternum pt.1”. Con i soli mezzi analogici, creano un tappeto elettronico con stratificazioni da sottoterra, che assume le connotazioni di un seminterrato nonostante le sfumature tribali. Cosa c’è nel vostro subconscio? I Nouccello musicano ciò che c’è nel loro.
La grammatica musicale de “Lo Spettro” è frenetica e compulsiva. Il racconto nell’umido scantinato di “Episodio 5” ha come controcanto un eco svociato, quello di “Specchio riflesso”, invece, il campionamento di voci chiare. Anche “Colpisci il mostro” consta di due capitoli, che sono perlopiù le due anime dei Nouccello che si alternano. L’incipit riprende il movimento intermedio della traccia precedente, segno di una narrazione singhiozzata, fatta di rimandi tra episodi. Dunque un “Aeternum pt.2” ancora strumentale che non crea uno spazio sonoro in cui l’ascoltatore può immaginarsi come la sua sorella. Piuttosto i Nouccello costruiscono il tempo senza spazio in cui l’anti-eroe resta intrappolato. La chiave dell’album sono le distorsioni che, ordinate dalla batteria, agiscono come un plettro che fa risuonare le corde dell’interiorità di chi ascolta.