Spiazza l’intro della prima traccia de “I Giorni Della Marmotta” de Le Mondane. Con una cover del genere mi sarei immersa volentieri in un’atmosfera alpina, o al massimo tipicamente nostrana. E invece con l’arpeggio di “Perdermi” che rievoca “Norvegian Wood” dei The Beatles dimostra di essere un album dal respiro internazionale. Ma è solo uno spunto iniziale, perché poi l’intreccio di linee sonore acquista un carattere molto personale e intimo, trattandosi appunto di una ballata d’amore. La vocalizzazione piena che inclinerebbe volentieri al rock e al punk arricchisce e nutre il folk della melodia rendendola vivace. Mentre le corde gravi sostengono ritmicamente i fiati curati da Lorenzo Prealoni, il poeta rimedia all’insonnia perdendosi nelle espressioni oniriche sul volto dell’amata assopita.
Con “Stella e croce”, che vi abbiamo fatto ascoltare in antperima, la voce del cantante trova la sua dimensione perfetta. Si sposa benissimo con questo metro più ritmato. C’è qualcosa di evocativo in questa lirica, che è veicolato dalla malinconia dei fiati. C’è un ermetismo politico che soggiace nelle parole scelte e soppesate da Le Mondane. Il simbolismo si sviluppa ulteriormente con “I Giorni Della Marmotta”. In apertura le campane suonano l’Ave Maria. La title track è un inno all’inverno e alla natura che descrive le diverse percezioni dei cambiamenti dei contesti a contorno. Viene da chiedersi chi ci sia dietro la marmotta e chi dietro la merla, i due punti di vista in antagonismo nella terza traccia.
Una cosa è sicura: ascoltando “I Giorni Della Marmotta” si fa fatica a credere che Le Mondane siano solo due.
Una cosa è sicura. Si fa fatica a credere che Le Mondane siano solo due. A fronte di complessi estremamente nutriti, Luca Borin e Daniele Radaelli dimostrano un’esperienza già matura prima di mettere piede negli studi di Alka Record Label per l’incisione de “I Giorni Della Marmotta”. Che poi, riuscirebbero a incontrare i gusti anche di chi il folk non lo mastica, perché accompagnano gradualmente verso jig sempre più definiti. Se nelle prime tracce la metrica della musica popolare non era ancora del tutto scomodata, con “A grolla del Paul” iniziano a riecheggiare canti di montagna e i due artisti iniziano a divertirsi sul serio con l’ampio strumentario della tradizione folk.
Proseguendo l’ascolto de “I Giorni Della Marmotta” si capisce che Le Mondane colorano ogni traccia con una precisa condizione atmosferica e climatica. Il loro folk si fa ambient soprattutto grazie all’utilizzo degli strumenti a fiato. In “Settembre” l’orizzonte dipinto sembra essere quello della campagna emiliana in autunno. L’ukulele emerge in modo sinistro in linea con una narrazione che ha contadini in partenza a soggetto. Per la guerra o per il pascolo? L’ermetismo tipico de Le Mondane impedisce di vederci chiaro. In ogni caso, è la natura a farsi ambasciatrice di sentimenti inespressi. Ne “Il boia di Torino” kazoo e percussioni magnetiche, curate da Sergio Quagliarella, trasportano la narrazione per i vicoli di un borgo. Il brano è infuriato, a cercare di esorcizzare la morte sempre in agguato.
Il tempo vola in compagnia con Le Mondane. Sono tanti i tempi e i luoghi in cui ci portano attraverso le nove tracce de “I Giorni Della Marmotta”.
E poi c’è la svolta esistenziale e intimistica. Giunge inaspettata la riflessione in “Strumento”. L’atmosfera da viaggio in una notte stellata è metafora di un viaggio spirituale, in cui la musica svolge un ruolo da protagonista, compagna e complice. Qual miglior seguito di una cover? “Dublino” è una canzone del 2013 di Luigi Grechi che, riletta con la lente de Le Mondane, giunge al nostro orecchio completamente trasfigurata. Non si prende fiato neanche a star seduti dietro la scrivania con animo malinconico: la danza indiavolata è antidoto per l’espulsione di quel veleno che è la bile nera. Sussurri di incantesimi ed è subito “Sabba”. Questa è la chiusura di “I giorni della marmotta”, con una taranta indiavolata, fatta di malocchi e sortilegi.
Il tempo vola in compagnia con Le Mondane. Sono tanti i tempi e i luoghi in cui ci portano attraverso le nove tracce de “I Giorni Della Marmotta”. Sono canzoni che sanno di resistenza, di medioevo e di Grande Guerra. Il folk del duo torinese ha un sound di respiro internazionale, ma i quadri dipinti non escono fuori dall’Italia dei borghi, delle campagne, dei filari d’uva e di olive, dei villaggi rurali segnalati da alti campanili. Le Mondane ci portano in giro per la penisola, immergendoci in colori variopinti e sapori caratteristicamente inebrianti. “I giorni della marmotta” sembra piuttosto una raccolta di favole, come quelle di Esopo con cui siamo cresciuti. Ce lo suggerisce anche la composizione dell’artwork, che raffigura la morale della title track. La marmotta da terra vede le ombre, non può credere in un lieto fine in cui ha smesso di sperare persino la merla.
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LE MONDANE
I GIORNI DELLA MARMOTTA
22 novembre 2018
Alka Record Label
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