LEONARDO ANGELUCCI: “Il mio percorso musicale è una continua evoluzione”
Il cantautore Leonardo Angelucci.
Il cantautore Leonardo Angelucci.

LEONARDO ANGELUCCI: “Il mio percorso musicale è una continua evoluzione”

Benvenuto Leonardo Angelucci. Ci piace iniziare le nostre interviste con qualcosa di personale. Raccontaci di te e del tuo rapporto con la musica.

Vi racconto Leonardo Angelucci come lo conosco io. Sono un chitarrista, cantautore e produttore della Sabina Romana, nato a Roma e sempre vissuto in provincia. Vivo di musica, insegno chitarra, lavoro nel mio home studio, organizzo eventi e attività culturali con la mia associazione FREE CLUB dal 2010. Scrivo canzoni e le suono spesso in giro per l’Italia con i miei amici musicisti. Mi sono innamorato della chitarra da piccolo, trovando l’Ovation di mio padre sempre appoggiata da qualche parte in casa, o vedendolo strimpellare con i miei zii musicisti durante qualche occasione particolare. Grazie alla buona musica che mi hanno fatto ascoltare i miei genitori ho ben presto scelto la strada da intraprendere nella mia vita. La mia vocazione, come misticamente mi piace chiamarla.

Da cosa nasce l’esigenza di presentarsi al mondo come solista e non più come frontman di una band?

Nessuna, solo quella di dare un nome ad un progetto, che possa essere Lateral Blast o Leonardo Angelucci. Forse l’unica cosa che cambia è che mi faccio carico di tutta la visibilità e pure di tutti gli sforzi economici e gli sbattimenti quotidiani del mio progetto. Anche se in sala prove, in studio o dal vivo, siamo comunque una band, un gruppo, un’unica entità che non riuscirebbe a sopravvivere senza l’apporto fondamentale di tutti i membri. Poi le mie canzoni sono pezzi molto personali e introspettivi, dunque in qualche modo mi sembra anche un atto di sincerità verso l’ascoltatore.

Dal tuo album d’esordio “Questo Frastuono Immenso” si affacciano molti generi musicali che si compensano a vicenda senza mai pestarsi i piedi l’un l’altro. Come si lavora con un contesto tanto ricco senza cedere alla confusione?

Nella mia quotidianità, visto le mille cose che faccio, ci sono sempre tantissimi impulsi che vengono dai viaggi, dalle esperienze, dalle emozioni, dalle persone che mi circondano. Anche la mia educazione musicale e il mio background sono sempre stati molto ampi e variegati, dagli ascolti chitarristici rock e blues al folk, dalla world music al cantautorato italiano e internazionale, dal prog al jazz. Questo eclettismo si riversa in tutte le mie produzioni musicali. Non lo reputo confusione, ma coerenza.

Il tuo album parla della paura di lasciarsi andare alla vita senza magari riuscire sempre a distinguere il bene dal male. È più una spinta che cerchi di dare a te stesso?

È la constatazione di un malessere generazionale diffuso, il mio in primis. È il malessere di una gioventù dal futuro sfocato che, ansiosa, corre troppo veloce fra i mille impulsi della rivoluzione digitale. Il mio è un monito, una preghiera vana, uno sforzo colossale. Proviamo in qualche modo a rallentare questa rateizzazione del tempo e lasciarsi perdere dentro un minuto, dimenticando “Questo Frastuono Immenso”.

Parliamo, appunto di “Questo Frastuono Immenso”. È stato prodotto artisticamente da Manuele Fusaroli, già produttore di band come Zen Circus, Tre Allegri Ragazzi Morti, Le luci della centrale elettrica. Sono questi i tuoi artisti italiani di riferimento?

Gli Zen Circus mi piacciono parecchio. Anche gli altri che hai nominato non li disprezzo. La collaborazione magica con Manuele Fusaroli è stata una proposta azzeccata della mia etichetta, ben accolta da quest’ultimo. Il suo studio è veramente un laboratorio di suoni e lui è il perfetto alchimista. È un rocchettaro nell’approccio alla vita, un po’ come me. Per questo ci siamo capiti subito e alla fine credo che “Questo Frastuono Immenso” sia venuto fuori un bel disco, vissuto, analogico, suonato, vero.

È già partito il tour di promozione di “Questo Frastuono Immenso”. Come sta andando e cosa ti aspetti da questi live?

Le prime date sono andate abbastanza bene, il grosso deve ancora venire. Sono super eccitato perché andrò in tanti nuovi posti in giro per l’Italia. Io vivo per la dimensione live, senza morirei. O lascerei perdere questo lavoro. Nell’era delle storie Instagram autodistruttibili e dei post sponsorizzati è importante ricordarci quanto sia vitale andare ai concerti, comprare i dischi e supportare i festival e i locali, la vera esperienza tangibile della musica.

Caro Leonardo Angelucci, lasciamo sempre per gli artisti l’ultima domanda come uno spazio totalmente libero. Riempilo con quello che vuoi!

Lo riempio con un invito all’ascolto del mio nuovo lavoro e, soprattutto, con un invito ad uno dei miei prossimi concerti che trovate su tutte le mie pagine social e piattaforme digitali. Ovviamente mi piacerebbe ricevere anche un feedback dagli ascoltatori, ai quali mi sento di suggerire una chiave di ascolto del mio album, ovvero quella del viaggio, del percorso musicale in continua evoluzione, da un luogo all’altro, da un’emozione a quella subito successiva.