L'hard-rock è critica esistenziale e sociale in CHI SEI”, primo album degli EGO59
Gli EGO59 in uno scatto promozionale
Gli EGO59 in uno scatto promozionale

L’hard-rock è critica esistenziale e sociale in CHI SEI”, primo album degli EGO59

EGO59 e “Chi sei”. Definire pretenziosi nome della band e titolo del loro album d’esordio è poco. Ma il quintetto di Modena non ha davvero niente di cui essere modesto. Il vocalist Riccardo Corradini modula il suo timbro su una vasta scala di armonici. Un’estensione davvero invidiabile. Le sei corde di Marcello Corradini e Alberto Bellei sono altrettanto esibizioniste. Non sono poche le tracce in cui si ritagliano dei ruoli di primo piano. La linea di basso di Lorenzo Costa è articolata e non si fa di certo intimorire dal protagonismo di ben due chitarre. E poi c’è la batteria di Francesco Roncaglia, solida e potente. Meritano una presentazione, almeno per sfamare il loro egocentrismo – che poi, è quello di tutti gli artisti. Ma i ragazzi sono maturi e cresciuti anche in questo.

Ci pensa da solo il titolo, infatti, a smorzare l’attenzione sulle loro proprie individualità. “Chi sei” è indice di apertura all’altro, singolare o plurale che sia l’altro polo della relazione. O comunque è l’interrogativo indiretto che opprime l’Uomo ogni qualvolta si scontra con l’Altro fuori di sé. In “Sto bene qui” gli EGO59 rintracciano nel denaro l’origine di ogni malcontento. Tuttavia, lo esorcizzano con sarcasmo: «Ma da oggi compro anch’io il mio spazio per essere in prigione». “Tornerai”, “Pensi”, “Il ricordo che ho di te” e “Papà”  sono gradevolissime ballate rock. Ognuna a modo suo mette a nudo una tonalità emotiva che viene suggerita dalla melodia e che viene fatta emergere dai testi. Gli sperimentalismi a cui si lasciano andare tra un fraseggio e l’altro sono spesso introdotti da orecchiabili arpeggi che danno la carica.

“Chi sei” è l’interrogativo indiretto che opprime gli EGO59, dimostrandosi ossessionati dall’Altro e dagli Altri

“Non vedo niente” è il momento di gloria delle sei corde della band. È un rock dal sapore anni ’80 quello in cui viene incastrata la lirica. Riccardo Corradini si lancia a sperticati esibizionismi fin dall’inizio. Canta lo scoramento e l’arrendevolezza tra assoli di chitarra che ondeggiano tra la semplicità evocativa e sentimentale dei Bon Jovi e quella più robusta dei Van Halen. E poi c’è il blues dal sound hard rock di “Scarseggiano i miracoli” e di “Riaccendi la miccia”, in cui gli EGO59 ammiccano più decisamente verso gli Iron Maiden. È uno studio che approfondiscono ulteriormente in “Dimmi chi sei”.

Dulcis in fundo, “La notte che verrà” chiude la splendida collezione di “Chi sei”. Stavolta la vena di sentimentalismo risulta più marcata. Probabilmente la ragione di questo cedimento al pop è dovuta dalla collaborazione con Dino Melotti, con lo scopo di rendere meno prepotente lo stile degli EGO59. Nonostante non siano affatto disturbanti, per accedere al Festival di Sanremo bisogna pagare una tassa di insulina. Nonostante l’addolcimento generale del sound, resta il sostrato identitario della band modenese, sostanzialmente rock, e anche bello solido. È raro incrociare musicisti che scelgono di esprimersi in italiano, e non sentire attrito tra la lingua madre e il sound profondamente americano che innerva “Chi sei” dall’inizio alla fine. Una mezz’ora abbondante di qualità, se passata in compagnia degli EGO59 e il loro “Chi sei”.